sabato 2 febbraio 2019

Per una lettura critica del PNEC - PIANO NAZIONALE PER L'ENERGIA E IL CLIMA

In data 31/12/2018 è stata pubblicata la PROPOSTA DI PIANO NAZIONALE INTEGRATO PER L'ENERGIA E IL CLIMA da parte dei seguenti Ministeri Italiani :
- Ministero dello Sviluppo Economico;
- Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare
- Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti.
La versione integrale di questo importante documento è reperibile al seguente link:


Un autorevole commento (da parte del Prof. Clò) è disponibile al seguente link:


e anche sulla base delle posizioni del Prof. Clò si può evidenziare come in assenza di stabilità politica e soprattutto di continuità delle decisioni assunte dal Paese in materia di energia non ci possa essere Piano che tenga. Per comprenderlo basterebbe fare una analisi comparata tra precedente SEN e PNEC che si concentri sui cambiamenti intervenuti e sulle concrete realizzazioni e obiettivi raggiunti.

Un commento sul PNEC da parte di alcune importanti associazioni o istituzioni si può trovare ai seguenti link:





Va inoltre evidenziato che in data 30/1/2019 la FEDERMANAGER ha dato vita ad un incontro in cui ha preso parte il Sottosegretario al Ministero dello Sviluppo Economico On.le Crippa e altri esponenti istituzionali per dibattere - alla luce del PNEC - sul tema "Una strategia Energetica per l'Italia - Le vie per la decarbonizzazione e lo sviluppo economico e industriale dell'Italia". La FEDERMANAGER ha presentato per l'occasione un proprio ampio rapporto in collaborazione con l'AIEE - Associazione Italiana Economisti per l'Energia inclusivo di analisi, conclusioni e raccomandazioni. Nell'impostazione del lavoro non si può evitare di concordare, come si legge nell'introduzione di tale rapporto, che quando si parla di decarbonizzazione dei sistemi economici si discuta di qualcosa che ha dimensione mondiale e pertanto le problematiche globali richiedono soluzioni globali. Di certo si può anche ammettere che l'Europa, in questo caso, ha le carte in regola per assumere una leadership, in un contesto in cui Stato e Mercato saranno ancora una volta protagonisti sulla scena.
E' problematico, però, assumere valenza paritaria di queste due entità, poiché mentre lo Stato - pur in un ruolo neutrale e di garante - è essenzialmente orientato al bene della collettività, il Mercato è alla fin fine più orientato all'interesse privato che a quello collettivo. Per concludere, se è oggettivamente vero che tutto sembra suggerire come la piccola scala sia la giusta "dimensione" per l'Italia occorre collettivamente chiedersi se questo possa essere "un obiettivo" per il nostro Paese.

Nella consapevolezza dello sforzo (non solo di mediazione) compiuto dalle Istituzioni proponenti il PNEC - senza alcun intenzionale spirito da "bastian contrario"- ma al solo scopo di "allargare l'orizzonte" su quella che è una crisi energetica globale, si riporta qui di seguito un commento per una lettura critica del PNEC stesso, Tutto ciò proprio nella convinzione che i problemi che affliggono la società globale non possono essere traguardati in maniera parcellizzata, ma devono essere affrontati in sede politica sinergicamente e a tutto campo se si vuole avere la speranza di individuare qualche soluzione. La vecchia e dimenticata relazione tra consumi energetici e PIL è andata in crisi non solo per l'inadeguatezza del solo PIL a descrivere lo stato di una economia e del suo sviluppo, ma è andata in crisi anche perché l'interrelazione tra i diversi aspetti della società, dello sviluppo, dell'economia, della finanza, del mondo industriale, dell'ambiente e della demografia, dell'etica, e così via dicendo, vanno palesandosi man mano nelle loro complessità, verso cui solo un approccio integrale e totale può essere foriero di possibili soluzioni.

Estratto N°1 da PNEC per il Settore Elettrico
Estratto N°2 da PNEC per il Settore Elettrico
Estratto N°3 da PNEC per il Settore Elettrico



Per una lettura critica del PNEC

Il cambiamento climatico, l’improrogabilità della sostenibilità e del mutamento degli stili di vita, portati dall'eccessivo sfruttamento delle risorse planetarie e  dell’ecosistema, obbligano a pensare che i presupposti taciti o palesi, evidenti o inespressi, credibili o non credibili, del documento PNEC siano la CONVERSIONE ECOLOGICA e la CONVIVENZA dei Popoli; essi appaiono oggi due percorsi obbligati e problematici da intraprendere e da attuare in concreto, sebbene socialmente "dolorosi", aldilà delle edulcorazioni  quali ad es. “la decrescita felice”.
L’approccio europeo Energy Road Map 2030-2050, limitando l’uso dei combustibili fossili e rifiutando il nostro paese il ricorso al nucleare, ha stigmatizzato una situazione che vede il mondo europeo ridotto “alla canna del gas”, con un vecchio nucleare in via di obsolescenza senza che possa nascerne uno nuovo (basta ricordare il flop del progetto EPR), rendendo perciò indispensabile puntare al risparmio e all'efficienza energetica, nonché a quel poco di rinnovabili che in un ventennio si è riusciti a realizzare attraverso incentivi pubblici.
Tra tutto il plauso possibile per le rinnovabili, occorre ricordare, però, la realtà: da un lato diecimila megawatt di eolico installato - se va bene in termini di ventosità media annua e di velocità di spunto e “cut-off” - sono equivalenti in termini di producibilità a circa 1800 megawatt di carico di base continuativo e l’energia eolica prodotta necessita di una fine regolazione primaria e di una robusta rete rispetto alle variazioni di carico in assenza delle quali quell'energia prodotta è inservibile. Dall'altro lato, la tecnologia fotovoltaica basata sul silicio è essa stessa tecnologia energivora che pone limiti e vincoli alla sostenibilità. Lo sviluppo di tecnologie fotovoltaiche alternative – per es. film organici e concentratori - sebbene presentato sempre come promettente, tarda a concretizzarsi perché la ricerca langue. In ogni caso diecimila megawatt di punta di fotovoltaico equivalgono, in termini di producibilità a circa 3000 megawatt di carico di base continuativo e lo stesso fotovoltaico pone problemi ambientali sia per lo smaltimento dei pannelli a fine vita d’impianto, sia per gli eventuali sistemi di accumulo (specie batterie). Infine, fotovoltaico ed eolico consumano territorio e pongono problemi di paesaggio e non solo; particolarmente se orientati all'autoconsumo e al tempo stesso all'immissione in rete.
La crisi che viviamo è innanzitutto CRISI ENERGETICA. Ed è proprio questo il punto su cui riflettere, perché prima di imporre all'intera famiglia umana un cammino di decrescita di gravoso genere – pur se moralmente obbligato - occorrerebbe essere certi che non vi siano strade alternative. Senza alcuna acredine, come il PNEC possa farsi garante di questo non è per nulla chiaro.
Investigare strade alternative alla decrescita - magari lungo il cammino già intrapreso - è anch'esso obbligo morale per tutti.  Una tale investigazione, nel momento grave che l’umanità vive, presupporrebbe profusione di risorse per la ricerca energetica in modo del tutto straordinario, specie in considerazione delle crisi strutturali ricorrenti che producono disoccupazione intellettuale e giovanile; da cui è facile dedurre che i nostri potenziali ricercatori, laureati e disoccupati, oggi sono “a spasso”. Il PNEC dovrebbe tener conto  anche di questo.
Il MIT ha ripetutamente sottolineato che una transizione energetica senza il nucleare è impensabile e non sostenibile (vedasi ad esempio http://www.ansa.it/canale_scienza_tecnica/notizie/energia/2018/09/04/il-mit-rilancia-il-nucleare-indispensabile-per-abbattere-la-co2_145465b0-cb3e-4e77-b703-d3bd36be3ffe.html ). Ma, questa tecnologia è stata ritenuta dal Popolo Italiano improponibile ed impossibile in Italia, salvo importarla quando poi è necessaria (stesso dicasi per l'energia che con questa tecnologia si produce). L’UE, invece, nella sua Energy Road Map 2030-2050 auspica per tutti i paesi membri un discreto mix includente il nucleare (per una quota di 20-30%).
Si afferma nelle discussioni pubbliche che il PNEC sia fondato sulla concretezza e non vogliamo smentirlo, ma in nome di essa ci pare opportuno allargare lo sguardo su fatti che appaiono trascurati, primo tra tutti le opportunità che solo la ricerca scientifica e industriale può fornire all’Europa per superare le gravi crisi che si frappongono sul suo cammino, insieme ad una efficiente e oculata allocazione delle risorse limitate disponibili.
Per tutte le ragioni sopra elencate riproponiamo qui di seguito alcuni argomenti che sorgono spontaneamente e si impongono allo spirito critico di chi guarda disincantato ai problemi della società di oggi:
 a) Alcune istituzioni religiose, governi e popolazioni del nostro tempo sembrano continuare ad invocare l'urgenza di una transizione energetica, una moderazione e sobrietà delle abitudini consumistiche per l'intera comunità umana, la necessità di salvaguardare l’ambiente e le generazioni future, senza poter esigere allo stesso tempo un diverso e più serio impegno di tutte le Nazioni e Istituzioni a livello globale su temi dibattuti e irrisolti all'interno dello stesso mondo della ricerca scientifica. Basta guardare ad argomenti che non hanno ancora trovato risposte scientifiche adeguate e soddisfacenti: per es. le stesse controversie sul cambiamento climatico, lo sfruttamento geotermico (e.g. attraverso le “rocce calde secche”) e quello di correnti marine profonde, la possibilità di incapsulamento della CO2, la possibilità di sfruttamento della fusione calda e fredda, etc. Per non parlare di emissione neutronica che si misura in prossimità di materiali sottoposti a iper-compressione attribuita a “fantasiose” dislocazioni spazio-temporali, oppure di sfere luminose (forse plasmi) vaganti registrate e misurate in occasione di eventi sismici e forti temporali.
b) Se il momento che viviamo è veramente drammatico, e noi crediamo che lo sia, è moralmente ed economicamente conveniente destinare un ingente ed effettivo impegno economico a guerre e conflitti, impegno sottratto alla potenziale ricerca e allo sviluppo? Obiettivamente, si può continuare a “investire” in “sicurezza militare” o accumulare armamenti e strumenti di guerra e al tempo stesso pianificare e predicare la “decrescita felice”?
c) Una reale ricerca su armi non convenzionali (per es. tecnologie avanzate in grado di concentrare quantità impensabili di energia pulsante in microsecondi su faglie nella crosta terrestre e favorire eventi sismici in luoghi geografici predeterminati) se esiste veramente, da dove si alimenta? Quante risorse e quanto capitale umano ed economico-finanziario impegnano?
d) Quale è il contributo reale che il progetto ITER cui l’Italia partecipa (in costruzione a Cadarache - Francia) può dare dopo 50 anni di ricerca di base e tecnologica sulla fusione calda, dato che la densità dei plasmi sulla Terra  è comunque soggetta a limiti naturali per ragioni gravitazionali?
e) Quale è il contributo efficace che può dare una ricerca seria - sempre evitata e fuorviata - sulla fusione fredda, che secondo alcuni fisici è un effetto concreto, misurabile e ripetibile in assetti ancora indeterminati, non ancora realmente compresi e sfruttati per la produzione di energia?
Il mondo di oggi è oppresso da domande difficili e problemi demografici insolubili, da crisi e disuguaglianze, da conflitti e manipolazioni, dalla paura per il presente che stiamo vivendo e per il futuro che lasceremo ai nostri figli. Nessuno può permettersi di trascurare anche la più piccola possibilità di riaprire attraverso la ricerca (ad esempio grazie alla geotermia, al nucleare in caverna, alla fusione fredda, etc.) le PORTE DELLA SPERANZA per un futuro di PACE, SOSTENIBILITÀ e EQUITÀ per ogni essere umano, indipendentemente dall'etnia, dal paese di origine e dallo stato sociale.
D'altra parte, sono in gioco la presenza umana e la civiltà sulla Terra, così come la sopravvivenza dell'intero ambiente planetario che avremmo dovuto preservare e curare.
Il PNEC in nome della concretezza a cui intende ispirarsi può ignorare il contesto oggettivo e le domande più generali del tipo qui sopra poste?
Sta di fatto che non pochi scienziati sostengono che la FUSIONE FREDDA (processo che produce più energia di quanta ne consuma) è un fenomeno fisico vero e misurabile e non sono state fatte sufficienti ricerche per vedere quanto sia realmente sfruttabile per dare ENERGIA PRATICAMENTE GRATIS A TUTTI. Sarà mai possibile verificare questa eccezionale possibilità? Il PNEC dovrebbe prendere in seria considerazione tutto questo?  O forse abbiamo smesso di credere che il cammino della civiltà umana possa ancora proseguire come è sempre successo nella Storia e ci rimane solo la decrescita, il ritorno alla sobrietà e alla terra?
Particolarmente attraverso ciò che succede giornalmente nel Mediterraneo la demografia planetaria ci ricorda che ogni anno a 3 miliardi di poveri a livello di sussistenza (con qualche dollaro al giorno!) si aggiungono 80 milioni di ulteriori poveri, di cui le migrazioni ne possono assorbire 15-20 milioni. La metà di essi non ha garanzia di accesso all'acqua e all'energia. I poveri non hanno PNEC; sarebbe solo un piccolo esercizio burocratico nell'aspettativa di “cavarsela” meglio degli altri! Ma, alla lunga, se le condizioni di miriadi impoverite non saranno sostenibili, quelle stesse miriadi cercheranno la sostenibilità altrove e “andranno a prendersela con forza, reclamando la loro parte, perché anch'essi figli di Madre Terra”.