(Libere congetture sulla scia delle discipline STOQ)
Introduzione
La Scienza del nostro tempo, terminata
un’epoca di frontale contrapposizione con la Fede, appare oggi in dialogo con le
altre discipline, particolarmente Filosofia e Teologia; e sembra che la sua
visuale sul mondo “evolva”, si allarghi; e costringa ad evolvere e ad allargare
la visuale di chi la professa!
Di tanto in tanto, forse sotto la
spinta della prospettiva non ancora concreta di disporre di computer
quantistici, si ha notizia da ambienti scientifici che il nostro universo si
possa ipotizzare come un universo olografico (virtuale) pluridimensionale,
risultato da una proiezione olografica di una matrice bidimensionale[1].
Inutile sottolineare che le ipotesi
restano ipotesi sino a quando in esse non si riveli qualche contenuto di realtà
suffragata da risultati provenienti dalla sperimentazione. Per quel che è dato
sapere tali risultati non sono ancora disponibili in maniera “certa”, per non
parlare delle energie presumibilmente “incalcolabili”, sottostanti implicitamente
ad un universo tutt’altro che finito e limitato, come pure ad una sua eventuale
modellazione. Ciononostante autorevoli indizi, in questo caso, porterebbero a
dire: un indizio è un indizio; due indizi sono un sospetto; tre indizi possono
essere una prova!
La fisica teorica – è innegabile!
- attraverso gli sviluppi della matematica
e della tecnologia informatica, ha riscosso grandi successi e ci ha abituato a
teorie “provate matematicamente” (anche attraverso modellazione computerizzata)
li dove la sperimentazione vera e propria non è possibile o ancora non è stato
possibile intraprenderla.
In qualche forum web (di
orientamento cristiano) interessato a discutere “Domande e Teorie
sull’Universo”[2], si
chiede addirittura se può l'universo essere stato generato da una formula
matematica e se si possa dare una risposta scientifica senza incorrere nella
metafisica e nella filosofia. Questo a testimonianza del grande interesse che
riscuotono tali argomenti in un contesto di “Dialogo tra Scienza e Fede”[3],
che è finalità precipua delle discipline cosiddette STOQ (Science, Theology and
the Ontological Quest) per le quali sono ormai presenti consolidati
insegnamenti in diverse Università, non solo Pontificie.
Pensando alla Teoria della
Relatività e alle conoscenze di Calcolo Tensoriale, Geometria Differenziale, Topologia,
Teoria dei Campi, etc., che essa richiede per essere utilizzata
scientificamente (ossia una vita dedicata a questi studi), si può
ragionevolmente congetturare che oggi sia quantomeno “prematuro ed incauto”
affermare che l’Universo nella sua totalità possa essere esprimibile (ancor
prima di essere simulabile o generabile!) con una formula matematica. Infatti,
non solo sarebbe necessaria una potenza di calcolo ancora forse “indisponibile”
per generare una sorta di ologramma universale, alla stregua di come i nostri personal
computer generano l’ambiente ed i
personaggi dei giochi tipo Stronghold
Crusader sulla base del software che si acquista al supermercato; ma
occorrerebbe anche – plausibilmente, oltre dati certi e completi di un universo
non ancora del tutto conosciuto - una matematica
talmente complessa, che si può presumere ancora da mettere a punto, studiare,
apprendere ed applicare attraverso computer (quantistici?) con memoria, potenza
di calcolo ed energia richiesta “incalcolabili”
attualmente.
Un Universo Cosciente?
La riflessione che segue ha preso
spunto da due interessanti estratti di articoli: uno di New Scientist presente
su twitter ed un altro di Scientific American. Il primo, del 4/5/2020, porta il
titolo «Is the Universe Conscious? It seems impossible until you do the maths»[4]
Fig. 1
In pratica ci si chiede se
l'universo sia cosciente e si afferma al tempo stesso che ciò sembra impossibile finché non si facciano i
conti. Il che lascerebbe sin qui presupporre che i conti siano stati fatti e
che un risultato sia stato trovato, grazie all’evoluzione delle scienze
matematiche che, attraverso strumenti computazionali sempre più complessi e
potenti, consentono ormai modellazioni in grado di dare inaspettati contributi
conoscitivi. Però, procedendo nella lettura dell’estratto, fino alla fine, con
un po’ di “suspense”, non si rileva nulla di importante da commentare, tranne
la parte in grassetto nel pezzo qui appresso riprodotto e di cui la seguente ne
rappresenta una traduzione in italiano:
«La questione di come il cervello dia origine all'esperienza soggettiva
è la più difficile di tutte. I matematici pensano di poter aiutare, ma i loro
primi tentativi hanno portato ad alcune conclusioni strabilianti.
LORO lo chiamano "efficacia irragionevole della matematica".
Il fisico Eugene Wigner ha coniato la frase negli anni '60 per racchiudere il
curioso fatto che semplicemente manipolando i numeri possiamo descrivere e
prevedere tutti i tipi di fenomeni naturali con sorprendente chiarezza, dai
movimenti dei pianeti e lo strano comportamento delle particelle fondamentali
alle conseguenze di una collisione tra due buchi neri distanti miliardi di anni
luce. Ora, alcuni si chiedono se la matematica possa avere successo dove tutto
il resto ha fallito, svelando qualunque cosa ci permetta di contemplare le
leggi della natura in primo luogo.
È una grande domanda. La questione di come la materia dia origine
all'esperienza vissuta è uno dei problemi più fastidiosi che conosciamo. E
abbastanza sicuro, il primo modello
matematico di coscienza sviluppato ha generato un enorme dibattito sul fatto
che possa dirci qualcosa di sensato. Ma mentre i matematici lavorano per
affinare ed estendere i loro strumenti per scrutare nel profondo di noi stessi,
stanno affrontando alcune conclusioni strabilianti.
Non da ultimo, ciò che stanno scoprendo sembra suggerire
che se vogliamo ottenere una descrizione precisa della coscienza, potremmo
dover abbandonare le nostre intuizioni e accettare che tutti i tipi di materia
inanimata potrebbero essere coscienti, forse anche l'universo nel suo insieme.
"Questo potrebbe essere l'inizio
di una rivoluzione scientifica", afferma Johannes Kleiner, matematico
presso il Centro di filosofia matematica di Monaco in Germania.
Se è così, è passato molto tempo. I filosofi hanno meditato sulla
natura della coscienza per un paio di migliaia di anni, in gran parte
inutilmente. Poi, mezzo secolo fa, furono coinvolti i biologi. Essi …»
Già da tempo, in ambito fisico e
cosmologico, il principio antropico[5], anche attraverso
il concetto di fine-tuning connaturato
alle costanti universali, ha messo in evidenza che le osservazioni scientifiche
sono soggette ai vincoli dovuti alla nostra esistenza di “osservatori”,
cercando così di spiegare, sulla base di tale concetto, le attuali caratteristiche
dell'Universo come funzionali a poter ospitare degli “osservatori”. Variazioni estremamente
piccole dei valori delle costanti fisiche dell’universo in cui abitiamo non
avrebbero potuto consentire l’abitabilità e quindi la presenza di “osservatori”.
E’ conseguenziale dedurne che l’attribuzione dei valori alle costanti
universali appare essere una complessa operazione di “sintonia fine” che
riafferma l’esistenza di un progetto in tutta la creazione, come d’altronde
lasciano presupporre antiche tradizioni religiose ed in particolare le
scritture giudaico-cristiane.
Lo scenario di un universo cosciente, che
le suddette ricerche presentate da New Scientist sembrano prospettare, è
certamente rivoluzionario perché riguardano una conoscenza che pare essere di
valore esistenziale ed ultimativo; perché riguardano la più profonda
comprensione dell’universo e presumibilmente il ruolo dell’uomo in esso. Ed è
proprio a questi aspetti che sembra si possa agganciare il secondo articolo
presentato da Scientific American di cui si parlerà più oltre.
Tra i commenti all’estratto dal primo
articolo, discussi qui appresso, due interrogativi immediatamente sorti nel
corso della lettura (e posti all’editore) sono i seguenti[6] e se ne
discuterà successivamente:
a.
Sant'Anselmo sosteneva che Dio è ciò che non si
può immaginare più grande. Il vostro modello è finito e limitato o è infinito?
b. Spinoza
ha chiesto: Se Dio è tutto, il nostro amore per Dio è l'amore di Dio per Se
stesso? (Senza essere Spinoza, si chiede ...) C'è una differenza tra le micro
porzioni di coscienza della Creazione e la coscienza del Creatore? Le micro
porzioni non fanno parte del Tutto?
Non si è avuta la possibilità di
leggere l’intero articolo, bensì solo l’estratto, ma certo è che, chissà se per
gettare il cuore oltre l’ostacolo, sembra si affermi di aver approntato modelli
matematici indicanti che l’intero universo appare un sistema autocosciente. Se
così fosse e fossimo veramente in presenza di un universo cosciente, come
potrebbe non essere consequenziale che l’attributo dell’essere cosciente non si
estenda alla più infima particella di materia/energia che compone l’universo?
Comunque, ciò di cui quell’articolo citato tratta, non è in termini di
“ricerca” una novità in assoluto, perché il grande fisico britannico Roger
Penrose, maestro di Stephen Hawking, in alcuni suoi articoli di Cosmologia[7]
aveva già avanzato e discusso argomenti
a sostegno del fatto che la coscienza potesse essere messa in relazione anche
con la dislocazione spazio-temporale di materia/energia. Inoltre, egli con
altri, ha posto una serie di importanti interrogativi, qui di seguito tradotti
dall’Inglese (riportati in breve e parzialmente), che andrebbero considerati da
chiunque volesse indagare questi problemi su base scientifica:
«La coscienza è un caso epifenomenico di questo particolare universo? O
il concetto stesso di universo dipende dalla sua presenza? La coscienza
percepisce semplicemente la realtà o la realtà dipende da essa? La coscienza è
emersa semplicemente come effetto dell'evoluzione? O era, in un certo senso,
sempre "là fuori" nel mondo?»
Nell’ipotesi di Coscienza
Universale, prescindendo per un momento dal panteismo[8]
che in questa vi si può vedere implicito, può nascere l’idea che il vuoto quantomeccanico
e l’universo materiale ivi immerso, o
quantomeno che lo permea in ogni sua parte, richiami direttamente la questione
ontologica Anselmina per tutto il creato:
«O Signore, tu non solo sei ciò di cui non si può pensare nulla di più
grande, ma sei più grande di tutto quanto si possa pensare».
Questa apparente meta-concezione
panteistica diventa poi propria in Spinoza, e per certi versi ritenuta
“sacrilega”, allorquando si giunge a pensare che “ se dio è tutto, allora il
nostro amore per dio non è altro che l’amore di dio per se stesso”. In
definitiva, la stretta relazione tra Universo e suo Creatore giunge a farli
coincidere in una visione tale che si pone in antitesi con la concezione di un
dio che trascende la realtà fisica sensibile, di un dio persona, onnisciente,
onnipotente, onnipresente. Così, si ritorna a riaffermare la valenza dell’Inconoscibile, dell’Innominabile,
dell’Imperscrutabile; di Colui del quale non si può conoscere ciò che è, ma
solo ciò che non è. Nonostante il problema non sia così risolto e non si
trovino soluzioni razionalmente appaganti, c’è sempre una ragione in più per
continuare ad interrogarsi, anche nel caso in cui il problema non avesse
risposte in sé. Interrogarsi, con umiltà, in modo sincero e senza preconcetti,
è la via per la ricerca della Verità e per l’evoluzione esistenziale.
Anselmo stesso diceva “credo ut intelligam - intelligo ut credam”(credo
per capire e capisco per credere) in un processo circolare che produce
conoscenza in maniera asintotica. Ossia, la conoscenza può continuare ad
aumentare sino ad approssimarsi sempre più alla Verità, ma senza mai poter dare
certezza di averla colta e raggiunta. Questa sembra essere di fatto la
condizione umana.
Inoltre, nel caso della
modellazione di cui sopra, presentata da New Scientist, per esempio, ci si
chiede (non avendo potuto studiare l’intero lavoro) quale architettura di
universo abbiano adottato, non solo morfologicamente su scala globale e locale,
ma anche in termini di omogeneità ed isotropia, elementi questi essenziali per
il vigente modello standard del big-bang.
Ed ammesso che abbiano fatto ricorso alla formulazione di ipotesi per costruire
il loro modello, i risultati che si ottengono, come ben sappiamo, sono validi
solo se quelle ipotesi sono verificate sperimentalmente; in quanto, li dove le
ipotesi formulate non si verificassero
realmente i risultati della teoria non potrebbero essere presi per
scientificamente veri. La negazione di una ipotesi alla base di una teoria la
“falsifica”(tanto per usare un termine “popperiano” odierno).
Allora, se non sappiamo ancora oggi se l’universo è
finito e limitato, o infinito e limitato, oppure se è infinito ed illimitato;
se non sappiamo se è veramente isotropo ed omogeneo e su quale scala; se non sappiamo quale
architettura abbia (iper-sferica, toroidale, spongina[9],
etc.); come possiamo aver fiducia
scientifica in un risultato di una modellazione matematica che avesse formulato
solo ipotesi su tali aspetti, ancora difficilmente verificabili con certezza?
E’ pur vero che la Matematica e la Fisica, da Feynman in poi, hanno trovato
strumenti e metodi per trattare gli infiniti, ma come sono stati trattati in
questo caso e sotto quali ipotesi già verificate o assunte come vere? Ed
infine, per modellare adeguatamente un universo infinito su grande scala (salvo
introduzione nel modello di possibili e ulteriori ipotesi e approssimazioni)
non è necessario tanta memoria ed energia, forse illimitata, oltre che un tempo
di calcolo molto lungo, ......presumibilmente.....illimitato?
Ulteriori osservazioni riguardano
alcuni interrogativi su una sorta di estensibilità di quanto trovato con i primi
risultati del modello: un universo cosciente complessivamente e in tutte le sue
parti costituenti non è forse un universo che identifica quella Coscienza come
Persona, dotata quindi di volontà, personalità ed intelligenza e quindi
Senziente complessivamente e nelle sue varie parti? Infine, vi è un valore
additivo delle caratteristiche particolari per comporre quelle globali oppure
no; la coscienza (e quindi l’intelligenza, etc.) delle varie parti risiede in
esse stesse, ove non siano solo mero
riflesso (per es. s’immagini una sorta di speciale Wi-Fi) per cui la Coscienza
globale e collettiva consente alle varie parti (meri Suoi “sensori”) di
accedere a Sé per conoscerLa e
utilizzarLa secondo la Sua Volontà?
E’ evidente come e quanto siano
implicati in questi discorsi problemi di determinismo e libero arbitrio, di
libertà reale, non apparente o di soggezione ad un potere supremo, ad una volontà
dai limiti incontenibili e che supera ogni altra volontà che possa esistere.
D’altro canto, Kurt Gödel, uno
tra i più grandi matematici di tutti i tempi, attraverso i suoi teoremi
d’incompletezza, ha dimostrato che "per ogni teoria affine", cioè per
qualsiasi teoria formalizzata (per es.
quanto l'aritmetica elementare), questa
stessa teoria risulta incompleta; ossia, Gödel ha mostrato che vi
sono delle realtà vere ma non
dimostrabili; in sostanza, non si possono dare risposte certe a tutte le
domande perché vi sono domande le cui risposte non sono decidibili. Ciò non
significa che non ci si debbano porre domande; anzi, sappiamo come non solo il
Tomismo, ma tutta la Scolastica, abbia aperto la porta della razionalità umana
alla conoscenza che trascende il mondo fisico, alla metafisica. Forse,
dovremmo, invece, riconoscere i limiti, più che della “Scienza”, della
“Conoscenza Umana”, che sono insiti nella nostra natura in interazione con il Creato. Limiti che ci riconducono alla
nostra finitezza di “creature” affinché – come sostiene un vecchio professore –
l’Umiltà e il Dubbio convivano in chi ha la pretesa di Ricercare la Verità,
affinché egli sia sempre pronto, all’occorrenza delle circostanze, “a chinare
il capo e piegare le ginocchia”, piuttosto che nutrire “Certezze” che si possano
trasformare presto in arroganza e sicumera.
In alternativa, in assenza di una
Coscienza che trascenda la realtà esistente, ma che faccia parte del mondo,
ossia dell’universo stesso, non vi può
che essere un processo di de-ellenizzazione del pensiero giudaico-cristiano ben
descritto dal Papa Emerito J. Ratzinger nel suo discorso di Ratisbona[10],
secondo le tre tendenze (onde) che portano ciascuna a ben individuate conseguenze
su cui occorre ancora riflettere.
Infine, può valer la pena
soffermarsi su alcune considerazioni[11]
di Fred Alan Wolf, un fisico nordamericano molto popolare e soprannominato dai
suoi seguaci “Dr. Quantum”:
-
«L'intera
domanda è: "Che cos'è la coscienza?" La coscienza sembra essere un
processo in cui un ambiente viene definito e in cui un osservatore di
quell'ambiente viene definito contemporaneamente. Quell'azione, che può non
richiedere pensiero, ma che nondimeno sembra richiedere un qualche tipo di consapevolezza,
sembra provocare una scissione tra soggetto e oggetto tra l'Esterno-lì e l'Interno-qui,
o tra il Sé e il Non-sé. La coscienza sembra richiedere questo processo di
essere in grado di riferirsi a se stessi come un'entità o qualcosa che è separato
dal mondo esterno. Sembra che il sogno sia il luogo in cui si impara a
diventare consapevoli e separare un là fuori da un dentro. Il sogno è un
laboratorio del sé. È il modo in cui un'entità viene definita a se stessa. È un
processo di autoreferenziazione e il processo di autoreferenziazione sembra
essere assolutamente necessario affinché avvenga qualsiasi tipo di coscienza.
-
L'universo
è fatto di materia e la materia che interagisce con la materia crea tutti i
diversi fenomeni fisici che possono essere osservati. La vita e la coscienza
sono in definitiva fenomeni fisici che possono essere osservati. Quindi tutto
ciò che è associato alla vita deve essere associato a oggetti materiali che
sbattono insieme, interagendo. Pertanto, deve essere che lo stato di sogno e
tutta la consapevolezza cosciente devono essere qualcosa che sorge
dall'interazione della materia. Quindi si trae la conclusione che la materia
sogna. Questa è la conclusione logica del punto di vista materialistico.
- E non mi interessa tanto il riduzionismo quanto la base su cui poggia il riduzionismo: la base è la materia. Non credo più che la materia possa essere la base del mondo. La materia stessa deve essere una qualità secondaria. Deve esserci una qualità più primordiale prima della materia. Nello stesso senso che deve esserci un ordine implicito, come direbbe il fisico David Bohm, al di fuori del quale la coscienza e la consapevolezza sorge, si direbbe anche che deve esserci un ordine, che non è direttamente percepibile, dal quale sorgono materia, spazio e tempo. Sappiamo o diciamo che abbiamo prove sperimentali che c'è stato un Big Bang, che l'universo è stato creato da un punto. La teoria si basa su due o tre bit di prove molto forti. Non significa necessariamente che questo sia assolutamente quello che è successo, ma è ciò in cui crediamo in base alle prove. Quindi l'universo è nato dal nulla. E non solo è venuto all'esistenza, ma anche tutta la materia, lo spazio e il tempo sono venuti all'esistenza simultaneamente. Dalla teoria della relatività generale, non puoi avere la materia che sorge nello spazio e nel tempo. La materia non è sorta nello spazio e nel tempo, non potrebbe. È arrivata con lo spazio e il tempo. Quindi la materia non può essere fondamentale e la nostra filosofia materialistica è difettosa, semplicemente perché non prende in considerazione il concetto elementare del Big Bang. Deve esserci qualcosa di più fondamentale della materia stessa.»
Detto ciò sull’estratto del primo
articolo sopracitato e preso a riferimento, si può passare ad esaminare come ad
esso siano strettamente connessi, o comunque come si possano connettere, i contenuti dell’estratto relativo al secondo articolo.
Un Universo Metastabile, quindi Collassabile?
Calderon de la Barca nella sua
famosa opera "La Vita è Sogno"[12]
«sottende interrogativi dalla valenza
cosmica: cos'è la realtà? È il sogno finzione e la veglia realtà? O è
l'inverso? Se la vita che viviamo non fosse che una rappresentazione in cui
recitiamo una parte?»[13].
L'ipotesi che il mondo possa essere intriso di finzione, o essere esso stesso
una finzione, non è nuova ed è corretto sostenere che si ripresenti da secoli
ripetutamente in diverse epoche e culture. Ai nostri giorni un secondo estratto
di un articolo, di Scientific American in questo caso, pone l’interrogativo se
possiamo forzare l’universo a collassare, articolo qui preso a riferimento[14]
nonostante il titolo possa sembrare astruso o addirittura risibile. In tale
articolo si sostiene anche che quando ci sono diverse idee sulla natura della
realtà, si fanno avanti ipotesi, in cui la variante più complicata di questi
concetti è l'ipotesi della “simulazione”; ovvero sino a ipotizzare che
esistiamo all'interno di una realtà virtuale piuttosto che in una realtà fisica.
Tant’è vero che, ai nostri giorni, una simile ipotesi è stata considerata anche
per il Covid-19. Ma in tal caso, anziché salutarla come idea per una seria
ricerca insieme alle altre, è stata
bollata come "negazionismo", secondo il metro vigente del “politicamente
corretto”. Riflettendo su questo ci si interroga se possiamo oggi veramente
parlare di libero pensiero nella
“civiltà” che viviamo. Logicamente, in questo caso del Covid-19, l'accusa di
negazionismo viene giustificata dalla possibilità del male che un simile
pensiero può ingenerare nella società durante il frangente della pandemia, che
ci affligge globalmente. Ma, se così è, siamo proprio certi, per esempio, che
la negazione dell’esistenza di un “Essere Supremo”, liberamente professata e
alimentata da tanti, non produca parimenti effetti negativi, e quindi male,
sulla nostra società? Per esempio uno sviamento dai valori e comportamenti
tipici degli insegnamenti impartiti dalla propria cultura di appartenenza? Nel
nostro tempo, in cui si abbattono senza distinzione alcuni miti, statue,
simboli, legende, credenze consolidate e verità stesse, già l’espressione di un
simile concetto può esporre- secondo il Mondo - al “peccato di bigottismo”, che
sebbene non sanzionato dalle norme espone certamente all’ostracismo di coloro
che la pensano diversamente. Eppure l’Umanità e la Scienza da essa sviluppata è
sempre progredita quando idee, che al primo impatto potevano sembrare assurde,
sono poi state sottoposte al vaglio accurato e al “setaccio” a maglia fine che
caratterizza il metodo scientifico, anch’esso in crisi di identità, non
soltanto per i limiti mostrati attraverso i media nelle recenti vicende Covid-19.
Ma torniamo all’argomento principale che ha suscitato queste riflessioni.
L’estratto del secondo articolo preso
qui a riferimento e presentato da Scientific American, porta il titolo «Could
We Force the Universe to Crash?»[15] (Potremmo forzare l'universo a collassare?) e come
sottotitolo «If we’re all living in a simulation, as some have suggested, it would
be a good, albeit risky, way to find out for sure» (Se viviamo tutti in una
simulazione, come alcuni hanno suggerito, ci sarebbe un buon modo, anche se
rischioso, per scoprirlo con certezza).
Per comodità di analisi si riporta qui
di seguito la traduzione dell’estratto evidenziando in grassetto i passaggi più
rilevanti dei contenuti esposti:
« Questi
sono i giorni dei sogni febbrili, indotti da un vero virus o dallo stress al
rallentatore di un mondo alle prese con una pandemia. Un tipo di sogno in
particolare che so di aver avuto e ha a che fare con la scoperta che questo era
tutto, beh, un sogno. Tranne che, quando mi sveglio davvero, ricordo che ci
sono idee sulla natura della realtà che vanno oltre anche questo. La variante più complicata di questi concetti
è l'ipotesi di simulazione, ovvero che esistiamo molto più probabilmente
all'interno di una realtà virtuale che in una realtà fisica.
L'affermazione
che il mondo è una finzione non è nuova; sta spuntando da migliaia di anni in
diverse culture, dalla Cina all'antica Grecia, sostenuta da pensatori come
Descartes con il suo dualismo mente-corpo. Ma questa versione più recente,
basata sul calcolo - o almeno sulla ricostruzione artificiale - è esplosa
intorno al 2003 con la pubblicazione di un articolo intitolato "Stai
vivendo in una simulazione al computer?" dal filosofo Nick Bostrom. In
sostanza Bostrom sostiene che se qualche civiltà estremamente avanzata
sviluppasse la capacità di eseguire "simulazioni di antenati" (per
conoscere il proprio passato), le entità ancestrali simulate sarebbero
probabilmente di gran lunga superiori alle entità senzienti effettive
nell'universo. Con un piccolo gesto probabilistico della mano è quindi
possibile sostenere che molto probabilmente siamo simulati.
Tutto
ciò è molto divertente se hai bevuto qualche birra o hai trascorso troppe ore a
rannicchiarti sotto le lenzuola. Ma mentre potresti amare o odiare questa
ipotesi, il semplice fatto è che prima di giudicarla dovremmo davvero applicare
i criteri che usiamo per valutare qualsiasi ipotesi, e il primo passo in quel
processo è chiedere se può essere valutata in modo ragionevole .
Curiosamente,
l'ipotesi della simulazione potrebbe essere verificabile, in determinate
ipotesi. Ad esempio, potremmo supporre che una simulazione abbia i suoi limiti.
La più ovvia, estrapolando dallo stato attuale del calcolo digitale, è
semplicemente che una simulazione dovrà
fare approssimazioni per risparmiare sulla memorizzazione delle informazioni e
sui costi generali di calcolo. In altre parole: avrebbe dei limiti in termini
di accuratezza e precisione.
Un
modo in cui questi limiti potrebbero
manifestarsi è nella discretizzazione del mondo, forse manifestandosi in
barriere di risoluzione spaziale e temporale. Anche se pensiamo che ci siano
dei limiti assoluti in ciò che costituisce piccole distanze o intervalli di
tempo significativi - la scala di Planck
e il tempo di Planck - ciò ha a che
fare con i limiti della nostra attuale comprensione della fisica piuttosto che
con il tipo di limiti di risoluzione sul tuo pixel schermo. Tuttavia,
ricerche recenti suggeriscono che il vero limite di intervalli di tempo
significativi potrebbe essere ordini di grandezza più grandi del tradizionale
tempo di Planck (che a sua volta è di 10 -43 secondi). Forse i futuri
esperimenti di fisica potrebbero rivelare un'inaspettata voluminosità nel tempo
e nello spazio.
Ma il test più accurato dell'ipotesi
sarebbe quello di mandare in crash il sistema che esegue la nostra simulazione. Naturalmente, sembra un po' sconsiderato, ma
se siamo comunque tutti entità virtuali, è davvero importante? Presumibilmente
un rapido riavvio e ripristino potrebbe riportarci online come se nulla fosse
successo, ma forse saremmo in grado di dirlo, o almeno di avere qualche
microsecondo di trionfo appena prima che tutto si spenga.
La domanda è: come si fa a far accadere
una simulazione della realtà dal suo interno? La strategia più ovvia sarebbe
quella di provare a causare l'equivalente di un overflow dello stack, chiedendo più spazio nella memoria attiva di
un programma di quanto sia disponibile, creando
un processo ricorsivo all'infinito, o almeno eccessivamente. E il modo per
farlo sarebbe costruire le nostre realtà simulate, progettate in modo che
all'interno di quei mondi virtuali ci siano entità che creano la loro versione
di una realtà simulata, che a sua volta fa lo stesso, e così via fino alla tana
del coniglio . Se tutto questo avesse funzionato, l'universo come lo conosciamo potrebbe schiantarsi, rivelandosi come un
miraggio proprio quando siamo scomparsi dall'esistenza.
Si
potrebbe obiettare che qualsiasi specie
in grado di simulare una realtà (probabilmente simile alla sua) anticiperebbe
sicuramente questa eventualità e incorporerebbe alcune misure di salvaguardia
per impedire che accada. Ad esempio, potremmo scoprire che è stranamente e
inspiegabilmente impossibile creare dei nostri universi simulati,
indipendentemente dalla potenza dei nostri sistemi computazionali, siano essi
computer quantistici generalizzati o altro. Questo di per sé potrebbe essere un
segno che esistiamo già all'interno di una simulazione. Ovviamente, anche i
programmatori originali avrebbero potuto anticipare quello scenario e trovare
un modo per ingannarci, forse semplicemente trasmettendoci informazioni da
altre simulazioni invece di lasciarci eseguire le nostre.»
La lettura di un simile pezzo, certamente
ansiogena per lettori molto interessati
ma sensibili, può sembrare sulle prime battute, più che la descrizione di un
esperimento di fisica, la pianificazione
di un evento escatologico che annulli le nostre esistenze, ignare dell’ “oggettiva”
realtà virtuale in cui ci troviamo ad essere; realtà – o meglio virtualità
- destinata anch’essa a svanire insieme
a noi e al nostro universo. Tutta la descrizione, e soprattutto il possibile
rapido riavvio e ripristino per riportarci online come se nulla fosse successo,
sembrano strettamente connessi a quei “cieli nuovi e Terra nuova”[16]
di cui ci parla la Rivelazione, nell’ultimo Libro del Nuovo Testamento.
L’aggancio tra l’attuale civiltà
umana e quella del futuro, dei cui componenti saremmo gli antenati, è del tutto
esplicito e passa anch’esso attraverso simulazioni computerizzate tese alla
nostra “virtuale ricostruzione ed individuazione”.
Per quanto ipotesi di lavoro come
quelle descritte sopra possano sembrare risibili, immaginifiche e del tutto
congetturali, sarebbe erroneo assumere atteggiamenti di ostracismo o addirittura
di avversione nei loro confronti. Detta in termini calcistici: se è vero che
non si può correre dietro ad ogni “palla”, è altrettanto vero che tanto più
sono le “palle” che si prendono in seria considerazione e dietro cui si corre
per valutarle e lavorarci con impegno, tanto più si ha probabilità di andare in
rete e vincere la partita.
Eppure tutta la Scienza, come la conosciamo
- per esempio la teoria newtoniana della gravitazione e quella corpuscolare
della luce - si è sviluppata assumendo la realtà fisica che percepiamo come
“oggettiva”, nonostante dubbi di carattere prevalentemente filosofico fossero
emersi. Ma, chi potrebbe negare il successo teorico e sperimentale di tale
teoria e gli avanzamenti di conoscenza che essa ha prodotto per l’umanità?
Poi, con le Teorie della
Relatività, la teoria newtoniana della gravitazione si è rivelata un’utile
approssimazione, valida solo per velocità estremamente basse e lontane dalla
velocità della luce. Cosi, lo spazio ed il tempo sono stati riuniti in un
“unicum” spaziotemporale; la materia (massa), attraverso la costanza della
velocità della luce, è divenuta equivalente ad una determinata quantità di
energia (proporzionale alla massa e al quadrato della velocità della luce). Inoltre,
il movimento stesso tra due punti, anche se di “minima azione” (quello naturale,
che avviene sempre con la minima energia,
ossia non “pilotato” né “alimentato”) ha perso la teorica “linearità” della
traiettoria, perché la presenza di
materia/energia incurva lo spazio, tanto più, quanto più è la quantità di
materia/energia presente. Cosicché, il movimento da un punto all’altro di uno
spazio avviene su curve geodetiche di
quello spazio. In definitiva come si usa dire: in presenza di materia tutto
avviene come se la materia dicesse allo spazio come incurvarsi e lo spazio dicesse
alla materia come muoversi in esso. Con la Relatività, le stesse misure dello
spazio e del tempo hanno perso il loro valore apparentemente assoluto e si sono
rivelate caratteristiche tipiche di un sistema in movimento a seconda della sua
velocità, comportando così problemi di dilatazione o contrazione, con conseguente impatto sul concetto di
contemporaneità di due eventi. L’immediatezza dell’azione a distanza della
teoria newtoniana della gravitazione ha trovato così la sua pietra
d’inciampo nella costanza della velocità
della luce.
In uno spazio-tempo costituito da 3 coordinate
spaziali e una temporale, con il quale può essere descritto un universo come il
nostro, ogni punto che gli appartiene è caratterizzato dai quattro valori delle
coordinate di quel punto. In tal modo la “storia” e le “caratteristiche” di
ogni punto (particella), oppure onda, sono trattabili matematicamente e
probabilisticamente secondo le leggi della Relatività e della Meccanica Quantistica,
la quale afferma il dualismo onda-particella. In particolare un fotone, ossia
un quanto elementare di luce, appare comportarsi come una particella in alcuni
fenomeni (per es. in fenomeni di “impatto”) e invece in altri appare
comportarsi come onda (per es. in fenomeni di interferenza), senza però che in
uno stesso esperimento possa mostrare contemporaneamente i due aspetti. Nel
mondo atomico e sub-atomico, tipici nello studio della Meccanica Quantistica,
anche le altre particelle, come ad esempio l’elettrone – carica elettrica
elementare – vengono associati ad una funzione d’onda. Ossia ad una funzione
matematica in cui un certo valore al quadrato in un determinato punto dello
spazio-tempo, esprime la massima probabilità di trovare quell’elettrone in quel
punto, visto che non si può sapere al tempo stesso la velocità e la posizione
di quell’elettrone a causa dell’interferenza che provoca l’osservazione fisica
(osservatore + apparato sperimentale) a scale atomiche e sub-atomiche. Ogni
qualvolta l’osservazione sperimentale avviene e si giunge ad un risultato di
localizzazione della particella in esame nello spazio-tempo, si dice che si è
verificato il “collasso della funzione d’onda”. Si rende così “oggettivo”
attraverso l’esperimento lo stato della particella. Dove questo stato può
assumere due soli valori in cui l’uno esclude l’altro, per esempio “reale” o
“virtuale”, l’esperimento (ricercatore + apparato) forza la funzione d’onda a collassare e a
svelare lo stato del sistema soggetto a esperimento. Ma, all’origine della
moderna visione” olistica” della realtà, avvalorata dalla Meccanica
Quantistica, ossia considerare connessa e interdipendente ogni parte della
realtà ove l’interazione avviene a velocità superluminali, trova
giustificazione nei cosiddetti fenomeni di “entanglement”.
Si tratta di un «legame di natura
fondamentale esistente fra particelle costituenti un sistema quantistico
(dall’inglese to entangle «impigliare, intricare»). È anche detto, talvolta,
correlazione quantistica. In base a esso, lo stato quantico di ogni costituente
il sistema dipende istantaneamente dallo stato degli altri costituenti. Tale
legame, implicito nella funzione d’onda del sistema, si mantiene anche quando
le particelle sono a distanze molto grandi, e ha conseguenze sorprendenti e non
intuitive, sperimentalmente verificate. Infatti, è una conseguenza diretta dei
principi della meccanica quantistica che la misurazione (intesa in senso
quantistico) delle proprietà di una particella influenzi anche quelle
dell’altra».[17]
Alcuni scienziati servendosi
della Meccanica Quantistica, sono giunti a estrapolare l’esistenza della
funzione d’onda e a proporre non solo una funzione d’onda universale[18]
(per es. Everett) ma anche che un qualunque oggetto nello spazio-tempo di un
universo come il nostro possa essere caratterizzato da una sua propria funzione
d’onda. Secondo tale approccio, non avendo altre informazioni sulla
modellazione effettuata, sulla base di ciò e di quanto indicato sopra, possiamo
solo immaginare per un modello di universo - di caratteristiche predefinite e simulato
su un computer - che esso possa essere composto da una serie di oggetti
caratterizzati ciascuno dalla propria funzione d’onda in modo tale che sia nota
anche la funzione d’onda dell’universo stesso. Inoltre, si può ritenere, per
esempio, che ciascuna delle parti componenti possa assumere due diversi stati: “reale” o “virtuale”, ossia: esistente o non
esistente. E’ ragionevole presumere che con una modellazione che segue un tale
schema si possa simulare un esperimento e forzare in tal modo il collasso delle
funzioni d’onda, quelle particolari e quella complessiva, e giungere a
conoscere lo stato del sistema ad esperimento (collasso) avvenuto, nonché le
probabilità associate. E’ comunque evidente che in questa configurazione, come
pure in altre similari, la volontà di determinare l’esperimento, e quindi il
collasso della funzione d’onda, è espressa al difuori dell’universo simulato
dall’operatore che conduce la simulazione. Pertanto, non si può parlare
propriamente né di coscienza dell’universo né di coscienza delle singole parti
costituenti. Piuttosto, in caso si potesse stabilire una relazione tra le
caratteristiche delle parti costituenti e quella complessiva dell’universo
simulato, e se ciò valesse anche per le funzioni d’onda, si potrebbero condurre
esperimenti del tipo “What If”
simulando il comportamento del tutto al variare del comportamento delle singole
parti costituenti e viceversa. Un overflow
di memoria complessivo in corrispondenza di un overflow che si determini in maniera volontaria o accidentale in
modo generalizzato nelle singole parti, sembra - nella configurazione sopra
descritta - una conseguenza inevitabile, ma non si potrebbe pretendere che
questa sia presa come una particolare “scoperta”. In definitiva, ci si
interroga qui sul nesso tra coscienza e
volontà . In pratica, si può parlare di coscienza se ad essa non si accompagna
la volontà, ossia l’intenzionalità e la possibilità di un libero arbitrio nelle
scelte?
Immaginare una simulazione nei
termini appena descritti, con molta probabilità può non corrispondere alla
modellazione di cui parla il secondo articolo. Ciononostante è stato un
esercizio per mettere in evidenza che per innescare un collasso in una generica
modellazione è necessaria un “innesco” interno o esterno al sistema modellato,
prodotto da una intenzionalità e dalla libertà di poter esercitare
quell’intenzione.
In realtà la Scienza, con la
scoperta del Bosone di Higgs al CERN di Ginevra nel 2012 - particella che
conferisce massa e nota anche come “particella di Dio” - , si è realmente posta
la domanda su quanto sia di per sé stabile il nostro universo. Una prima
risposta è contenuta nel quadro sinottico seguente da fonte INFN[19]
(vedi Fig. 2).
«I dati sperimentali mostrano che la massa del bosone di Higgs è circa
125 GeV, cioè quanto un intero nucleo di cesio. Recenti calcoli teorici hanno
messo in luce una sorprendente coincidenza. Se il modello standard fosse valido
anche a distanze ben più piccole di quelle finora esplorate, una massa del
bosone di Higgs di circa 125 GeV corrisponderebbe esattamente al minimo valore
necessario per evitare che il nostro universo termini la sua esistenza
collassando in un enorme grumo massiccio. In
altre parole, la massa del bosone di Higgs ha proprio il valore giusto per
mantenerci in bilico sull’orlo di un’apocalisse cosmica: viviamo cioè in quello
che si chiama un universo metastabile. Secondo alcuni fisici teorici, questa
singolare coincidenza potrebbe essere la manifestazione dell’esistenza di una
moltitudine di universi paralleli, il cosiddetto multiverso (contrapposto cioè
all’universo). Ognuno di questi universi paralleli è caratterizzato da costanti
fisiche diverse e dunque alcune proprietà del nostro universo potrebbero essere
il risultato di una selezione probabilistica. In altre parole, la massa del
bosone di Higgs di 125 GeV ci sembra una strana coincidenza solo perché siamo
in grado di osservare un solo universo. Un universo metastabile potrebbe invece
essere di gran lunga statisticamente favorito all’interno del multiverso.
Oppure, nel multiverso potrebbe essere raro trovare un universo che permette le
caratteristiche necessarie alla vita e quindi, per motivi statistici, quelle
caratteristiche sono soddisfatte nel nostro universo solo marginalmente. Così si spiegherebbe perché la massa del
bosone di Higgs è prossima a quel valore critico oltre al quale il nostro
universo è condannato a una catastrofica transizione di fase.»[20]
Fig. 2
In definitiva, trascurando che
naturalmente il nostro universo potrebbe essere destinato ad un passaggio di
fase, potrebbe anche apparire che
basterebbe poco, solo un piccolo “aiutìno” per far in modo che possa collassare
in ogni caso (virtuale o reale che esso sia). Magari orientando le coscienze!
Dato il contesto, però, a meno
che non si identifichi la figura del Creatore, e quindi della Coscienza
globale, con qualche Demiurgo di cui parla l’Antica Gnosi, o con il Ribelle
oppositore di cui parla l’Angelologia,
l’idea che questo “aiutìno” possa venire proprio “da lassù” andrebbe
logicamente esclusa, visto che il vero Creatore è Sommo Bene ed incapace di
voler il male degli uomini. Egli infatti potrebbe far collassare l’Universo
solo in tempi escatologici e quindi per sradicare
definitivamente la Morte entrata nel mondo con Adamo, al fine di concedere,
agli uomini che hanno creduto per Fede, la Grazia della Salvezza e della
Risurrezione in un corpo incorruttibile ed immortale.
Che l’ “aiutìno”, contro la volontà del Creatore invece, possa nascere “da quaggiù”, da una complessiva e monolitica unione delle volontà da parte delle coscienze individuali presenti nelle parti costituenti, è anch’essa una ipotesi logicamente escludibile, in quanto significherebbe che il Creatore ha perduto la Sua onnipotenza e la sua onniscienza , quindi il controllo del creato; cosa che contraddice i presupposti della Sua Divinità, anche li dove assunta per ipotesi e non per dogma di fede. Ciò è vero, però, a meno che Egli non recepisca in tempi escatologici le invocazioni di aiuto sollevate intenzionalmente – a causa della Grande Tribolazione - da parte di tutta l’Umanità credente, per realizzare, attraverso la fine dei tempi, quel piano di salvezza facente parte della promessa e del Credo cristiano, ma che affonda le radici nell’antico universalismo ebraico.
Alcuni rilievi
conclusivi
Supponiamo che la paventata
de-ellenizzazione del pensiero giudaico-cristiano non si realizzi
spontaneamente, in concreto, nel nostro tempo, secondo le linee del Discorso di
Ratisbona. In tal caso, se mettiamo da parte la malafede e i retro-pensieri
dobbiamo ammettere che non v’è ragione logica o oggettiva per cui l’ipotesi di
un universo virtuale (o anche virtuale e cosciente) possa escludere l’esistenza
di un Dio che trascende la nostra attuale realtà, sia essa conforme al Modello
Standard del Big Bang o a quello di una proiezione tridimensionale[21]
di una matrice olografica bidimensionale, o altro ancora.
Non si vuole trattare qui di una
prospettiva umana che esclude Dio, e quindi di quel «...transumanesimo (o transumanismo, a volte
abbreviato con >H o H+ o H-plus),... movimento culturale che sostiene l'uso
delle scoperte scientifiche e tecnologiche per aumentare le capacità fisiche e
cognitive e migliorare quegli aspetti della condizione umana che sono
considerati indesiderabili, come la malattia e l'invecchiamento, in vista anche
di una possibile trasformazione post umana»[22], di cui
si ipotizza faccia parte una visione di quasi-immortalità avulsa dalla tradizione
giudaico-cristiana. Si tratta solo di: Ricerca della Verità, e come sosteneva suor
Teresa Benedetta della Croce (al secolo: Edith Stein, proclamata santa da
Giovanni Paolo II nel 1998): «chiunque cerca la verità cerca Dio, senza
saperlo»[23].
Questo moto e senso del “cercare”
possiamo considerarlo certamente vero per gli sforzi compiuti sinora dalla
Scienza per darci una possibile comprensione della “realtà” e delle leggi che
la governano, come pure per quegli sforzi che restano da compiere per
“unificare” Relatività e Meccanica Quantistica o per individuare le vie di una
Nuova Fisica. Non possiamo invece evitare di considerarlo vero anche per quella
parte che troppo spesso è stata liquidata (e talvolta “bollata”) frettolosamente
perché “scomoda” o difficilmente integrabile o persino “eretica”, poiché anche
qui, ammessa e non concessa la fallacia degli sforzi, si è sempre trattato –
ove non in mala fede - di sincera investigazione umana nei confronti dei
misteri sottesi dalla nostra “realtà”, dal nostro Mondo.
Solo per citare alcuni esempi:
Almeno in via ipotetica e tutta
da indagare ancora, si potrebbe assumere
che l’accertamento attraverso modellazione matematica computerizzata della
possibilità che l’universo in cui viviamo sia di tipo virtuale (olografico) e
al tempo stesso sia dotato di una coscienza globale, peraltro in relazione con
le coscienze parziali delle parti che lo costituiscono, implicherebbe di dover
riconsiderare con rinnovata e diversa attenzione sia il pensiero Teilhardiano,
sia tutta la Fisica di F.J. Tipler senza velleità di frettolosa liquidazione;
in particolare la “Fisica dell’Immortalità”[24],
la “Fisica del Cristianesimo”[25]
, la sua “Teoria del Punto Omega” (con un “Dio” che dal futuro governa
teleologicamente il passato per condurlo a Sé) e molti dei suoi saggi tra cui
“Deus Ex Silico”[26]. In
definitiva, secondo Tipler, se l’universo fosse davvero virtuale, la
prospettiva di vita eterna potrebbe essere semplicemente una emulazione di più
alto livello nel Punto Omega, e: «al
Punto Omega spetterà la scelta di usare o no il
proprio potere per effettuare tali simulazioni. In questo modo
l'eschaton si schiuderà a noi secondo il meccanismo fisico della risurrezione
individuale: «saremo emulati nei calcolatori del futuro remoto» e ci sarà
identità personale tra l'essere umano originale e quello risuscitato nell'emulazione
poiché la simulazione dei tratti essenziali della personalità sarà
sufficientemente accurata da poterla identificare con la persona originale.»[27] Le stesse
sensazioni, personalità e atteggiamenti sarebbero emulati con esattezza, come
pure la stessa corporeità.
Alla stessa stregua si dovrebbe
riconsiderare la teoria olistica della realtà di David Bohm[28]
– uno dei più insigni scienziati quantistici - implicante che tutti gli esseri
viventi, come d’altronde tutte le particelle esistenti nell’universo, sono
collegati insieme; come pure lo erano al momento del Big-Bang, in una sorta di
rete connettiva in permanente evoluzione, che nel momento in cui viene
parzialmente osservata (collasso della
funzione d’onda) diviene quella parte dell’Universo che noi osserviamo nello spazio-tempo in cui ci troviamo ad
esistere. L’idea dell'universo olografico, come pure quella che la realtà
solida non esiste, vengono oggi fatte risalire allo stesso Bohm, il quale
sembra fosse convinto che: «Siamo pura coscienza che fa esperienza in un
corpo: siamo percettori, siamo consapevolezza. Non siamo oggetti. Non abbiamo solidità.
Siamo senza confini. Nonostante la
sua apparente solidità, l'Universo è un fantasma, un ologramma gigantesco e
splendidamente dettagliato. Le particelle subatomiche restano in contatto,
indipendentemente dalla distanza che le separa e la loro separazione è un’
illusione».
E’ solo cosi che il principe Sigismondo, in “La Vita è
Sogno”, maturato dalle dure esperienze della sua propria esistenza e uscito
dalla sua turrita prigione può convenire che: «Ma, sia realtà o sogno, una sola cosa importa: agire bene...»[29].
[1] Per un
approfondimento si veda, ad esempio, il capitolo “Universo Olografico” nel
libro dell’Ing. Marco Miserocchi - “Favola di un universo - Appunti di cosmologia moderna”
sulla base del quale l’Autore ha tenuto i suoi corsi di cosmologia presso il
Circolo Astrofili di Piacenza in diversi anni passati.
[2] Vedasi
ad es. http://www.cattoliciromani.com/40-ecumenismo-e-dialogo/70503-domande-sull-universo
[3] Dialogo
avviato formalmente a Roma, nel 2000 sotto il Pontificato di Giovanni Paolo II.
[4] https://www.newscientist.com/article/mg24632800-900-is-the-universe-conscious-it-seems-impossible-until-you-do-the-maths/#ixzz6Vmz8148t
(SPACE 29 aprile 2020, aggiornato il 4 maggio 2020)
[5] Vedasi
ad esempio in J.D.Barrow – F.J. Tipler – Il Principio Antropico ( 1986) -
Adephi Editore – Edizione 2002
[6] Essi,
peraltro, sono stati oggetto di una segnalazione via twitter a New Scientist
[8] Che pure
è in se stesso un problema altamente meritevole di maggiore e più estensiva
indagine.
[9]
Modellata con una struttura come una spugna, o se si vuole anche tipo groviera,
a causa della presenza di buchi neri supermassivi in nuclei galattici attivi
(AGN) che plasmano cavità e singolarità nello spazio-tempo (per es. wormholes).
[10] Vedasi http://www.vatican.va/content/benedict-xvi/it/speeches/2006/september/documents/hf_ben-xvi_spe_20060912_university-regensburg.html
[11] Estratto da “Common Ground
Interview - The Dreaming Universe” reperibile sul web.
[12] CALDERÓN
DE LA BARCA(Madrid 1600-81), La vita è sogno, Torino, Einaudi, 1980.
[14] https://www.scientificamerican.com/article/could-we-force-the-universe-tocrash/?utm_source=newsletter&utm_medium=email&utm_campaign=space&utm_content=link&utm_term=2020-0813_topstories&spMailingID=68562279&spUserID=NDQzNzc2MzYwNzE2S0&spJobID=1941783760&spReportId=MTk0MTc4Mzc2MAS2
[16]
Apocalisse - 21:1 Poi vidi un nuovo cielo e una nuova terra, perché il primo
cielo e la prima terra erano passati, e il mare non c'era più.
[18] https://www.yumpu.com/it/document/view/15931183/teoria-della-funzione-donda-universale-questo-tipo-di-
[20]Dalla
Rivista dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare INFN https://www.asimmetrie.it/ed-e-solo-l-inizio#:~:text=In%20altre%20parole%2C%20la%20massa,si%20chiama%20un%20universo%20metastabile
.
[21] Vedi
nota (2)
[22] Vedi https://it.wikipedia.org/wiki/Transumanesimo#:~:text=Il%20transumanesimo%20(o%20transumanismo%2C%20a,come%20la%20malattia%20e%20l'
[27] https://www.cittanuova.it/lescatologia-fisica-di-tipler-i-la-teoria-del-punto-omega-e-la-risurrezione-dei-morti/?ms=006&se=007
[29] Vedi
nota (13)
Una bella visione, piu che affabulatrice, di Giuliana Conforto su alcune moderne scoperte scientifiche:
RispondiEliminahttps://www.byoblu.com/2020/08/30/i-segreti-delluniverso-giuliana-conforto-speakerscorner/
PROBABILITA' 50% ?
RispondiEliminahttps://www.scientificamerican.com/article/do-we-live-in-a-simulation-chances-are-about-50-50/?utm_source=newsletter&utm_medium=email&utm_campaign=today-in-science&utm_content=link&utm_term=2020-10-13_featured-this-week&spMailingID=69013691&spUserID=NDQzNzc2MzYwNzE2S0&spJobID=1981521816&spReportId=MTk4MTUyMTgxNgS2
https://www.scientificamerican.com/article/the-universe-is-not-locally-real-and-the-physics-nobel-prize-winners-proved-it/
RispondiEliminaThe Universe Is Not Locally Real, and the Physics Nobel Prize Winners Proved It.
Elegant experiments with entangled light have laid bare a profound mystery at the heart of reality