Crescita del PIL ed economia sostenibile si possono coniugare insieme?
La scuola di pensiero che abbraccia la decrescita[1] ha più volte sottolineato la necessità di adottare questo doloroso cammino, specie per le economie più avanzate, ma le istituzioni pur riconoscendo i rischi ambientali della crescita a tutti i costi, hanno comunque consentito al sistema economico di perseverare con le sue logiche nella convinzione che, investendo in efficienza, il PIL potesse continuare a salire, mentre l'impatto climatico e ambientale della produzione sarebbe sceso puntando sulle tecnologie verdi e a basso impatto. Tutto questo non è sinora avvenuto come dimostra l'ultimo rapporto dello European Environmental Bureau (EEB), una rete di organizzazioni internazionali con sede in diversi Paesi.
Tale rapporto è reperibile al seguente link: https://mk0eeborgicuypctuf7e.kinstacdn.com/wp-content/uploads/2019/07/Decoupling-Debunked.pdf
. Se ne riporta qui di seguito la traduzione dell’executive summary.
Sintesi del Rapporto “Decoupling” - EEB - Luglio 2019
<<È possibile godere sia
della crescita economica che della sostenibilità ambientale? Questa domanda è
una questione di accanito dibattito politico tra sostenitori della crescita
verde e post-crescita. Nell'ultimo decennio, la crescita verde ha chiaramente dominato
il processo decisionale con gli ordini del giorno delle Nazioni Unite,
dell'Unione Europea e in numerosi paesi partendo dal presupposto che il
disaccoppiamento delle pressioni ambientali dal prodotto interno lordo (PIL)
potrebbe consentire la crescita economica futura senza fine. Considerando ciò
che è in gioco, è necessaria un'attenta valutazione per determinare se le basi
scientifiche alla base di questa "ipotesi di disaccoppiamento" siano
solide o meno. Questo rapporto esamina la letteratura empirica e teorica per
valutare la validità di questa ipotesi. La conclusione è al tempo stesso
straordinariamente chiara e che fa riflettere: non solo non ci sono prove
empiriche a sostegno dell'esistenza di un disaccoppiamento della crescita
economica dalle pressioni ambientali in qualsiasi punto vicino alla scala
necessaria per affrontare la disgregazione ambientale, ma anche, e forse ancora
più importante, tale disaccoppiamento sembra improbabile che accada in futuro. È
urgente tracciare le conseguenze di questi risultati in termini di elaborazione
delle politiche e allontanarsi con prudenza dal costante perseguimento della
crescita economica nei paesi ad alto consumo. Più precisamente, le strategie
politiche esistenti volte ad aumentare l'efficienza devono essere integrate
dalla ricerca della sufficienza, ovvero la riduzione diretta della produzione
economica in molti settori e la riduzione parallela dei consumi che insieme
consentiranno la buona vita entro i limiti ecologici del pianeta. Secondo gli
autori di questo rapporto e sulla base delle migliori prove scientifiche
disponibili, solo tali strategie rispettano il "principio
precauzionale" dell'UE, il principio secondo cui quando la posta in gioco
è alta e gli esiti incerti, si dovrebbe sbagliare dal punto di vista della
cautela .Il fatto che il disaccoppiamento da solo, cioè senza affrontare il
problema della crescita economica, non sia stato e non sarà sufficiente a
ridurre le pressioni ambientali nella misura necessaria non è un motivo per
opporsi al disaccoppiamento (nel senso letterale di separare la curva dalle
pressioni ambientali dalla curva del PIL) o le misure che raggiungono il
disaccoppiamento - al contrario, senza molte di queste misure la situazione
sarebbe molto peggiore. È un motivo di grande preoccupazione per l'attenzione
prevalente dei responsabili politici sulla crescita verde, che si basa sul
presupposto imperfetto che si possa ottenere un disaccoppiamento sufficiente
attraverso una maggiore efficienza senza limitare la produzione e il consumo
economici >>.
<<Il mito della “crescita
verde” porterà al collasso ecologico - Negli ultimi vent'anni abbiamo creduto di poter aumentare il PIL
riducendo le emissioni. Non è successo e difficilmente accadrà in futuro, come
dimostra l’ultimo rapporto dello European Enivronmental Bureau>>.
Dinanzi ad un cammino di decrescita, che viene posto come ineluttabile, molti interrogativi sorgono spontaneamente e qui di seguito se ne riportano soltanto alcuni:
1. La
decrescita è praticabile da singole comunità (nazionali) mentre altre
permangono nello status quo?
2. Le
guerre commerciali (e non solo), già in atto o che si profilano in futuro,
anche attraverso la massimizzazione della produzione interna e dell’export,
minimizzando l’import e puntando alla crescita del PIL (parametro indiscutibile
su cui gli ambienti finanziari valutano la solvibilità dei debiti pubblici
accumulati) consentiranno mai l’adozione di un virtuoso, volontario e pacifico percorso
di decrescita?
3. Un
simile percorso è a sua volta compatibile con la stabilità finanziaria dell’economia
globale?
4. Ammesso
che un tale percorso possa essere intrapreso in maniera volontaria, pacifica ed
autonoma, il lavoro potrà mantenere gli attuali livelli e essere retribuito in
maniera tale da garantire la “sussistenza” di chi la decrescita l’adotta?
5. Se
un esempio concreto di adozione di un tale orientamento di decrescita non viene
dalle grandi economie, è possibile che possa essere praticato dalle piccole
economie?
6. L’attuale
apparato, non solo di capitalismo democratico, ma di diritto internazionale e
diritti umani, potrà essere conservato senza derive verso l’impiego della forza
(militare)?
[1] Si omette
qui l’aggettivo “felice” – come in voga in taluni ambienti “manipolativi” - per
rispetto all’umana intelligenza.