mercoledì 25 ottobre 2023

What is a business model, considering all industrial enterprise aspects?

What is a business model, considering all industrial enterprise aspects? 
Research Gate: Question by Trifon Stefanov - Institute for Systemic Economic Engineering – Asked: October 14th 2023 - Answered by R.Morelli October 24th 2023 


Personally I do not believe that there is a single absolute approach for every type of industrial enterprise and for every general context in which the enterprise is intended to operate. Indeed, I believe that the business model is conditioned by the value orientations adopted to develop it. I'll try to explain myself better with the following. In my opinion, in the development of a business model we can glimpse two possible opposing development and fine-tuning paths, not yet completely compatible or overlapping, but rather lying on two opposite poles, with possible intermediate situations in an attempt to reach a compromise. In one pole there is an economic approach with a market orientation, and the free market in particular, while at the other pole there is an approach to sustainability; not only the environmental one inspired by ecological problems, but also by the social values of a reference community (made up of human beings and therefore singular, unrepeatable and "unpredictable") which transposes its entire culture in whole or in part into productive and industrial activities in general; including value, ethical and behavioral, political aspects, etc. . Now, while the free market is driven by the search for maximum profit and therefore the maximum return of every resource used, the approach to sustainability, while also considering a fair profit, necessarily includes other variables precisely to ensure the objectives undertaken to achieve that sustainability from which they originate. Furthermore, a more or less open economy (in terms of exchange and/or agreements with other economies) or more or less closed, can strongly influence the business model adopted. Finally, it should be taken into account that a globalized economy tends towards maximum openness of the system, while a closed economy tends towards maximum closure. But inevitably, since at the moment our planet is one and only one, unless we activate exchanges with alien economies, hitherto unknown, we should think of the terrestrial economy as a closed economy as a whole, at least in line with the trend. For any in-depth analysis or development on the basis of one of the classical model or the other polar aspect, it is suggested to refer to the following works in "open access", although mostly in Italian (sorry I did not yet have occasion to translate it but you can try to read them with any online-translator). 






 


 ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------What is a business model, considering all industrial enterprise aspects? 
Research Gate: Question by Trifon Stefanov - Institute for Systemic Economic Engineering – Asked: October 14th 2023 - Answered by R.Morelli October 24th 2023 

Originale (in Italiano) 

Personalmente non credo che esiste un unico approccio assoluto per ogni tipo di intrapresa industriale e per ogni contesto generale in cui l’intrapresa è destinata ad operare. Anzi, credo che il modello di business è condizionato dagli orientamenti di valore assunti per svilupparlo. Cerco di spiegarmi meglio con quanto segue. A mio giudizio, nello sviluppo di un modello di business si intravedono due possibili vie di sviluppo e messa a punto opposte, non ancora del tutto compatibili o sovrapponibili, ma piuttosto giacenti su due poli opposti, con possibili situazioni intermedie nel tentativo di un compromesso. In un polo c’è un approccio economico con orientamento al mercato, e al libero mercato in particolare, mentre all’altro polo c’è un approccio alla sostenibilità; non solo quella ambientale ispirata a problemi ecologici, ma anche a valori sociali di una comunità di riferimento (fatta da esseri umani e quindi singolari, irripetibili e “imprevedibili”) che traspone in tutto o in parte l’intera sua cultura nelle attività produttive e industriali in genere; ivi compreso aspetti valoriali, etici e comportamentali , politici, etc. . Ora, mentre il libero mercato è mosso dalla ricerca del massimo profitto e quindi dal massimo rendimento di ogni risorsa utilizzata, l’approccio alla sostenibilità, mentre considera anche un equo profitto, include necessariamente altre variabili proprio per assicurare gli obiettivi assunti per raggiungere quella sostenibilità da cui essi originano. Inoltre una economia più o meno aperta (in termini di scambio e/o accordi con altre economie) o più o meno chiusa può condizionare fortemente il modello di business assunto . Allo stesso modo, il modello di business per un’impresa privata o per un’impresa statale può differire notevolmente. Si tenga infine conto che una economia globalizzata tende alla massima apertura dell’economia, mentre una economia chiusa tende alla massima chiusura. Ma inevitabilmente essendo al momento il nostro pianeta uno ed uno solo , a meno di non attivare scambi con economie aliene, sinora sconosciute, si dovrebbe pensare alla economia terrestre come ad una economia chiusa nel suo insieme, almeno in line di tendenza. Per un eventuale approfondimento o sviluppo sulla base dell’uno e dell’atro aspetto polare si suggerisce di fare riferimento ai seguenti lavori in “open access”, sebbene per la maggior parte in lingua italiana (sorry I did not have yet occasion to translate it but you can try to read them with any online-translator). 
https://www.aice-it.org/it/notizie/958-beyond-total-cost-management-tcm-to-systemic-value-management-svm-transformational-trends-and-a-research-manifesto-for-an-evolving-discipline https://www.mdpi.com/2071-1050/14/19/12890 
https://zenodo.org/records/7677250 
https://zenodo.org/records/7678841 
https://zenodo.org/records/7647578 
http://www.analisiqualitativa.com/magma/2102/articolo_08.htm 
https://www.aice-it.org/it/public-directory/871-morelli-rocco-tcm-livello-a-certificato-nr-107-lazio

domenica 1 ottobre 2023

Elenco delle Opere del Prof. Mons. Pasquale Pellecchia (1925-1995) Docente di Filosofia della Scienza della Pontificia Università Lateranense

Si può ritenere sostanzialmente completata, con l'elenco che segue, la ricerca, inventario e dislocazione,  delle opere di Mons. P. Pellecchia, grazie a: 

- l'iniziativa di Bioacademyonline del Prof. Costanzo Conte (che fu suo assistente) che ne ha evidenziato l'esigenza ed ha fornito a questo Blog le copie di alcune opere tra le più importanti;

- la cortesia di Mons. Riccardo Battocchio, Rettore  dell'Almo Collegio Capranica di Roma, nonchè Don Diego  (Assistente) e Sig.na Tarantini (Segreteria), che hanno permesso la consultazione degli archivi, dove parte delle opere sono conservate, e hanno fornito un primo elenco parziale;

- la cortese collaborazione del Prof. Raffaele Pellecchia , che ha conservato nel paese natio (Aquino), parte delle opere dello zio e ha permesso  di completare l'elenco qui riportato, integrato con qualche ulteriore elaborazione. 

La nota prolificità intellettuale di "Don Pasqualino" (così lo chiamano ancora i suoi concittadini, che lo ricordano periodicamente con grande stima, apprezzamento e rispetto) può ancora sorprendere, se si scovasse in qualche rivista o atti di convegni qualche suo ulteriore contributo intellettuale, sfuggito anche alle numerose ricerche online per cercare di assicurare la completezza del presente lavoro. 
Si ha, però, ragione di credere che la "sostanza è salva, praticamente tutta" e si tratterebbe in ogni caso di opere minori, eventualmente qui mancanti.

L'obiettivo finale di questo lavoro è quello di poter mettere sul WEB in modalità open access tutte le opere, senza vincoli di copyright, di favorirne la consultazione e soprattutto di diffondere un insegnamento di quella Fede Cristiana, che "Don Pasqualino" aveva abbracciato e sostenuto come missione della sua vita sacerdotale, illuminato da profonda conoscenza tomistica.

Un preliminare esame di N°6 FALDONI del “FONDO PELLECCHIA” presso l’ALMO COLLEGIO CAPRANICA – Roma, alla presenza della Segreteria e previa autorizzazione del Rettore,  ha messo in evidenza molti manoscritti di opere, alcuni tra i quali possibilmente riferibili a opere in corso di approntamento, ma che non sono state completate. Si tratta in ogni caso di materiale meritevole di approfondimento, suscettibile di produrre qualche opera postuma, magari attraverso una possibilità di “borsa di studio” per specializzandi del Collegio o di altre università similari. Nei plichi esaminati vi sono attestati e riconoscimenti, che tracciano il percorso accademico ed intellettuale di "Don Pasqualino", certamente utili per una completa biografia ancor tutta da scrivere.

°°°   °°°   °°°

PER UNA POSSIBILE BIOGRAFIA 

                 Un contributo in corso d’opera (2021) per ricordare un Sacerdote, un Cristiano,                               un Filosofo della Scienza, un Professore della PUL

Molti Aquinati  – come me - ancora ricordano Don Pasqualino Pellecchia, nelle sue  lunghe e solitarie passeggiate per le strade di Aquino, dov’era nato e dove è stato giovane sacerdote. Con le sue spesse lenti, il breviario e un libro in mano,  era sempre  dedito allo studio in maniera fuori del comune. Con il suo portamento sereno ed al tempo stesso austero, lo si incontrava in luoghi calmi e silenziosi - forse perché li prediligeva – visto che facilitavano la concentrazione, lontano dallo schiamazzo del mondo.  Non a caso in una delle commemorazioni di ciò che egli fu, in segno di critica a quel “mondo nuovo” che oggi si prospetta, si concluse ironicamente che è stato un “cattivo maestro” perché“ ha contribuito a definire, nelle sue multiformi escursioni filosofiche, un diverso modo di stare al mondo, sapendo e potendo, in caso di necessità, prendere le distanze da esso”[1]. «Don Pasquale era riservato, era portato alla meditazione, pensava 24 ore su 24. Mons. Pellecchia, quando prendeva il tram, continuava a pensare; se passeggiava, pensava; interrompeva di pensare soltanto quando pregava. Conosceva due sole cose: pensare e pregare, non conosceva altro. ... era un acuto osservatore»[2]. Chi gli è stato vicino, in veste di assistente[3] dell’Accademico, nel suo periodo di insegnamento alla PUL, lo conferma.

Tomista consapevole e figlio illustre di Aquino, la cittadina di San Tommaso, del quale è stato studioso infaticabile, Mons. Pellecchia vi nacque nel lontano 1925 e morì settant’anni dopo (nella vicina Cassino), l’8 dicembre del 1995, giorno dell’Immacolata Concezione, dopo aver rifiutato il ricovero ospedaliero propostogli da più parti.  Dopo la sua dipartita, la comunità aquinate volle periodicamente rendergli dovuto omaggio; abitudine allora intrapresa e che si è rinnovata l’ultima volta, a distanza di quattro lustri dalla sua dipartita, il 12 dicembre del 2015 in occasione del ventennale.

Fu rettore del collegio “Villa Angelina” di Sora prima di insegnare (negli anni Sessanta) lettere e filosofia all’Istituto magistrale “Principe di Piemonte” di Pontecorvo, per poi trasferirsi al liceo classico “Giosuè Carducci” di Cassino. Un percorso accademico importante nobilitato, infine, dall’incarico di professore ordinario di filosofia alla PUL - Pontificia Università Lateranense di Roma.

Sembra che Don Pasquale avesse anche insegnato nel Liceo scientifico di Cassino, dove in seguito ha di nuovo abitato in una  casa ritenuta bella dai suoi conoscenti; bella perché strapiena di libri – i libri trasbordavano, talvolta “uscivano dalle finestre!”. Giovane ed in piena vita attiva, egli veniva da tutti ricordato come sacerdote esemplare! Un sacerdote che godeva della stima anche dei non credenti; tutti lo rispettavano, tutti quasi lo “veneravano” per la sua cultura, la sua serietà, la sua onestà. Lui stesso – forse per sottolineare ciò che era frutto di un proprio sforzo personale e della Grazia -  aveva chiarito ad amici che glielo avevano chiesto: “Non c’è niente in comune tra me ed il vescovo nativo di Avellino, è semplicemente una questione di omonimia”; si riferiva al Vescovo Mons. Raffaele Pellecchia. Già durante l’anno scolastico 1972-73 una sua collega insegnante di liceo lo lasciava trasparire come punto di riferimento per “cose” che riguardassero il pensiero di Russell, Popper, Carnap. Insomma, sin da allora è testimoniato il suo interesse per la Filosofia della Scienza. Se ne ha testimonianza diretta anche nel suo saggio del 1980 “L’Attualità dell’Approccio Didattico e Culturale di S. Tommaso d’Aquino”, quando egli stesso afferma, scrivendo e riferendolo a se stesso: «E, infine, permetterete ad un filosofo della scienza di entrare un poco nel suo dominio». Tale si riteneva e tale era ritenuto: ”filosofo della scienza”; docente metodico per il quale non vi poteva essere lectio senza alcuna questio.

            

         Foto tratta da Aquino di Una Volta - http://www.aquinosindacoemerito-grincia.it/

Chi riferisce di qualche tratto “misogino” nel comportamento, forse trascura un’analisi più profonda della personalità e dell’atteggiamento di chi, nonostante studioso della filosofia della scienza, verso cui propendeva in modo spiccato, restava comunque un sacerdote. Questo sembrava non comprenderlo particolarmente quella parte di comunità paesana di allora, che scrutava tutti ad ogni passo; comunità fatta anche di “comari” avvezze al pettegolezzo impietoso e “sotterraneo”, che pur di alimentare il chiacchiericcio che le univa, non si preoccupavano di dare spago a maldicenze su di lui. Infatti, in un certo periodo, vedendo spesso una giovane signora entrare ed uscire periodicamente dall’abitazione del sacerdote, già in età matura, le malpensanti ipotizzavano la tresca amorosa, fino a quando non trovarono risposta ai loro sospetti. Risposta del tutto in linea con la vocazione sacerdotale di un insegnante esemplare che si prestava a preparare una giovane donna ad un concorso pubblico. Amici del sacerdote gli riferirono l’episodio di cui egli - distante dai comportamenti di quel mondo “ruvido” che scrutava tutti sospettosamente - era del tutto ignaro e trovarono conferma autentica dalla sua “viva, paziente e sommessa voce”: “La gente non capisce che quei problemi ci possono essere all’inizio di un sacerdozio, ma non in età matura!”. Forse anche per questo è stato scritto: «Don Pasquale Pellecchia non aveva perpetua.... sapeva che tra le virtù cardinali la fondamentale è la prudenza, e questa non solo va esercitata ma vanno prese anche tutte le precauzioni per la sua perfetta osservanza. Per Mons. Pellecchia doveva essere scongiurato anche un minimo sospetto sul comportamento di un sacerdote nella vita privata. Cioè ognuno doveva mostrarsi al prossimo così come era e Don Pasquale si è mostrato come era. Ma la cosa più bella di Don Pasquale sacerdote era la celebrazione eucaristica. Fin quando c’era la liturgia della parola, Don Pasquale Pellecchia celebrava come ogni sacerdote. Ma quando arrivava il canone si trasformava: ricordo bene la sua voce – le pause erano lunghissime –: “prese il pane”..., “lo spezzò”..., “lo benedisse”...,“lo diede ai sui discepoli”... . La Messa di Don Pasquale non era solo liturgia, non era solo un atto di culto pubblico che è il culto integrale del Corpo mistico, di Cristo e della Chiesa, in quanto Gesù Cristo essendo vero uomo e vero Dio esercita una mediazione ascendente e una mediazione discendente. Non era solo questo. La Messa di Don Pasquale era meditazione, era adorazione, era contemplazione»[4]. Non c’è da meravigliarsi, quindi, che fosse – ad insaputa di molti, e come si racconta - sincero amico di Paolo VI e confessore di Giovanni Paolo II. Intriso di riservatezza e schivo dal rivelarlo, ne venne a conoscenza qualcuno dei suoi assistenti più stretto (che lo racconta ancora ai nostri giorni!) e senza mai ostentarlo in pubblico egli lo confermò, rivelando anche che Papa Montini lo avrebbe voluto Vescovo direttamente impegnato in responsabilità dell’Università di Perugia. Analoghe proposte per Montecassino gli giunsero da Papa Woytila , ma la sua vita era ormai incardinata nella PUL e nella sua personale ricerca intellettuale. Lo spirito incarnato nella materia dovevano avere in lui un interesse intellettuale particolare.


Ma accanto ai sacramenti vi erano la comunità, il sociale, gli altri; ed erano tutt’altro che trascurati, come emerge da qualche testimonianza di persone beneficiate. Un esempio? Mons. Pellecchia, che pur non prediligeva i viaggi, all’occorrenza non si è risparmiato di partire per andare in Scozia, chiamato lì da un amico aquinate, il cui figliolo, cattolico professante, aveva incontrato il divieto della chiesa locale alla celebrazione di un “matrimonio misto” in epoca post-conciliare. Una volta giuntovi, con una valigia colma di documenti e decreti, ma soprattutto con la sua profonda conoscenza teologica e sacerdotale, cercò di persuadere gli ecclesiastici oppositori di quel matrimonio, che per loro stessa ammissione, e per pregiudizio espresso, dichiaravano di essere  pronti ad astenersi da quella celebrazione, anche se fosse giunto insieme a lui il Papa in persona ad ordinarlo. Evidentemente vi era un principio non solo filosofico e teologico da difendere; un principio di libertà e di amore comandato da quell’ “una caro” proveniente dallo stesso Creatore attraverso le Scritture, che trovava vincoli e divieti che solo gli uomini sono in grado di porre a se stessi. Qualche telefonata in sedi cardinalizie opportune (e forse qualche telegramma conseguente) e  fu così che Mons. Pellecchia ebbe licenza di celebrare quel matrimonio. Si, lo con-celebrò egli stesso!

Per illustrare il lavoro intellettuale svolto in sede accademica, inutile qui riprodurre l’intera prolusione commemorativa (del 2003 – disponibile sul WEB) del  Prof. Malatesta, da cui sono stati attinti alcuni particolari biografici interessanti, ma è piuttosto importante tentare di inquadrare la  più vasta  produzione scientifica di Mons. Pellecchia che  veniva ivi riportata in modo parziale.                                        

Questo al fine di soffermarsi su alcuni punti riportati appresso, possibilmente da chiarire. Come noto egli ha scritto libri, ha scritto saggi, ha scritto articoli, ha scritto recensioni. Ricerche condotte dal Prof. Malatesta (era pur sempre il 2003 ed è passato quasi un ventennio da allora!) presso istituzioni culturali come l’Almo Collegio Capranica, che pure ha ereditato per testamento la ricchissima biblioteca di Don Pasquale, hanno mostrato che vi era appena un libro scritto da lui. Anche alla Nazionale vi era soltanto un libro; il resto non esisteva. Alla stessa Università Lateranense, dove è stato per lungo tempo professore ordinario di Filosofia della natura, non c’era neppure un volume di Don Pasqualino. Bene fece S.E. Mons. Fisichella, presente alla commemorazione del 2003, a precisare che si trattava soltanto di un’irreperibilità temporanea dovuta ai lavori di catalogazione in corso. Fu così per tutti i presenti una rassicurante  speranza che la situazione cambiasse, che si recuperasse l’intera opera; speranza che al tempo stesso fugava il sospetto di una  strutturale emarginazione dei pensatori ortodossi in certi ambienti; sospetto avanzato dallo stesso Prof. Malatesta (ed altri), principale relatore in quella importante circostanza commemorativa del 2003. E’ stato interessante vedere in quelle stesse istituzioni culturali sopraricordate, quali siano stati i cambiamenti intervenuti ad oggi; ossia se tutta l’opera è stata finalmente recuperata, catalogata, resa disponibile per gli studiosi di filosofia della scienza, della quale Mons. Pellecchia fu certamente uno dei cultori antesignani all’interno della Chiesa Cattolica. E vedremo qui appresso come è cambiata oggi la situazione al riguardo!

Di certo, oggi, possiamo dire una sola cosa al riguardo e tutti possono constatarla personalmente provando con una ricerca tramite Google sulla rete (WEB). Effettuando la ricerca on-line secondo il nome dell’autore, anche attraverso il motore di ricerca disponibile in https://www.documentacatholicaomnia.eu/ - non viene restituito risultato alcuno; ossia le opere di Don Pasqualino sembrano ancora pressoché introvabili, anche volendole acquistare a caro prezzo! Esse sembrano ancora relegate nelle citazioni  di qualche trattazione specialistica in dottorati di ricerca in filosofia. Riemerge quindi quell’ipotesi di discriminazione e di una  strutturale emarginazione dei pensatori ortodossi in seno ad importanti facoltà universitarie che preparano il futuro della Chiesa? La mancanza a tutt’oggi di una dedica almeno di un’auletta alla memoria di questo professore tomista ed aquinate, consuetudine ritenuta corrente nella tradizione della PUL, può essere inteso come rafforzativo dell’ipotesi discriminatoria sopra formulata? Ma prima di far crescere momento intorno a tali ipotesi si è voluto fare una ricerca on-line, breve, ma più strutturata, passando attraverso alcune delle riviste specialistiche coinvolte sui temi filosofici trattati: Civiltà Cattolica, Aquinas, Anthropotes, etc. di cui si riferirà più avanti.

Più in concreto, semplicemente osservando la parziale lista delle opere riportate nella prolusione del Prof. Malatesta del 2003, emergono alcuni interrogativi:

        i.            La prima opera pubblicata vede questo sacerdote, professore prima di liceo e poi accademico d’insigne università cattolica, 54enne. Avendone conosciuto da testimonianze dirette ed indirette l’impegno nello studio, nell’analisi dei problemi e nella divulgazione, sorge spontaneo chiedersi se in epoche anteriori non vi fosse già stata altra produzione scientifica (dispense, note, relazioni per convegni, brevi saggi, articoli) rimasta sconosciuta o comunque legata in reconditi anfratti delle scuole in cui ha insegnato.

      ii.            Se il 1954 (che in realtà sembra un errore nell’elenco Malatesta, al posto del 1994) fosse la vera “data di nascita” della “Genealogia dell’immoralismo” , ci si chiede se essa è l’unica opera “giovanile” o ve ne sono altre similari, disseminate lungo il percorso didattico?

    iii.            Se nel 1994 – un anno prima della morte – è stato prodotto “I principi matematici kantiani del mondo fisico, 2”, non è lecito supporre che debba necessariamente esistere “I principi matematici kantiani del mondo fisico, 1”?

    iv.            Analogamente, se nel 1994 – un anno prima della morte – è stato prodotto “L’esilio ou-topico dell’etica: L. Wittgenstein, 1”, non è lecito supporre che debba necessariamente esistere “L’esilio ou-topico dell’etica: L. Wittgenstein, 2”?

      v.            Oltre la metà della produzione sembra concentrata negli ultimi 5 anni prima della morte. E’ ragionevole pensare che esistano molti appunti, note considerazioni e studi in ciò che questo nostro studioso non ha potuto completare e quindi ha lasciato in modo frammentato. Si tratta di materiale che, se esistente, è di alto pregio intellettuale e soprattutto meritevole di essere riportato alla luce e possibilmente studiato, organizzato e sistematizzato. Ci si chiede, quindi, se un progetto specifico al riguardo possa essere promosso e implementato.

Vi è anche un altro possibile filone da scandagliare e, se del caso, seguire  per rintracciare un’altra parte di  tutta l’opera di Don Pasqualino. Per esempio è accertato[5] che dal 1989 al 1994 si sono tenuti alla Facoltà di Filosofia della Pontificia Università Lateranense di Roma, sei Colloqui internazionali di filosofia, ognuno dedicato a un tema fondamentale: Metafisica generale, Etica, Teologia razionale, Filosofia della natura, Antropologia filosofica, Filosofia della storia. E’ altrettanto sicuro (nella stessa fonte in calce di Civiltà Cattolica) che Don Pasqualino ha partecipato con una Relazione ad almeno uno di questi Colloqui internazionali, ma è altrettanto probabile che abbia partecipato a tutti e sei i Colloqui, per cui le Relazioni potrebbero essere sei e non una soltanto.

 Nella ricerca fin qui effettuata attraverso le riviste di filosofia coinvolte, tra altre opere menzionate/tracciate sul WEB, in modo abbastanza certo, si possono annoverare le seguenti[6] (con particolare prevalenza sulla Rivista Internazionale di filosofia Aquinas):

-          Sala , Giovanni B ., G. Blandino e P. Pellecchia, Discussione sulla causalità. Aquinas, Rivista Internazionale di filosofia 23 – (1980) – 93 -113

-          P. Pellecchia, Da Platone verso l’essere di Heidegger, Aquinas, 1982 (1), (459-514)

-          P . Pellecchia , Fenomenologia e metafisica in Essere e tempo di M . Heidegger, Aquinas , (1980), 23 , (387 – 411)

-          P. Pellecchia, La valenza della carità nelle forme della vita politica, Aquinas. 1990, Vol 33, Num 3, pp 601-626

-          P. Pellecchia, Popper e la filosofia della storia della scienza, in «Aquinas», 28, 1985, pp. 23-140

-          P. Pellecchia, (1991). La valenza critica della partecipazione nell'opera di C. Fabro. Aquinas, 34, pp. 459-484.

 

Pertanto l’elenco che finora si può ricostruire delle opere è l’inviluppo seguente:

Da Elenco Prof. Malatesta:

1.         Vie e sentieri assoluti, approccio critico agli ateismi contemporanei (1979),

2.         La filosofia tra empiriologia e fede (1980),

3.         L’Attualità dell’Approccio Didattico e Culturale di S. Tommaso d’Aquino (1980)

4.         Filosofia del mondo fisico, momenti e problemi (1981);

5.         I popperiani e le rivoluzioni scientifiche (1986);

6.         Discorso meta-fisico e discorso meta-forico: Derrida (1989);

7.         La parola e lo spazio: l’indeterminatezza della parola (1989);

8.         Per una filosofia del corpo (1990);

9.         La pro-fanazione heideggeriana di Dio (1992);

10.       Sulle tracce del post-moderno, I e II (1992);

11.       Archeologia del postmoderno: Bataille, Lacan, Derrida (1993);

12.       Archeologia del postmoderno. M. Foucault (1993);

13.       Metempiriologia della materia prima (1993);

14.       I principi matematici kantiani del mondo fisico, 2 (1994),

15.       Kant, la razza e la storia (1994),

16.       L’esilio ou-topico dell’etica: L. Wittgenstein, 1 (1994),

17.       Genealogia dell’immoralismo (1954),

18.       Cassirer e il simbolo (1995).

 

Tracciabili on-line

1.               Sala , Giovanni B., G. Blandino e P. Pellecchia, Discussione sulla causalità. Aquinas, Rivista Internazionale di filosofia 23 – (1980) – 93 -113

2.               P. Pellecchia, Da Platone verso l’essere di Heidegger, Aquinas, 1982 (1), (459-514)

3.               P . Pellecchia , Fenomenologia e metafisica in Essere e tempo di M . Heidegger, Aquinas , (1980), 23, (387 – 411)

4.               P. Pellecchia, La valenza della carità nelle forme della vita politica, Aquinas. 1990, Vol 33, Num 3, pp 601-626

5.               P. Pellecchia, Popper e la filosofia della storia della scienza, in «Aquinas», 28, 1985, pp. 23-140

6.               P. Pellecchia, (1991). La valenza critica della partecipazione nell'opera di C. Fabro. Aquinas, 34, pp. 459-484.

Vale forse la pena dire, anche, che una vecchia copia del libro “La Filosofia tra Empiriologia e Fede” pubblicato nel 1980 è stato possibile recuperarla sul sito ebay di acquisti on-line di libri usati, (per 8 euro). Ciò mostra un ulteriore potenziale filone su cui indagare. Si tratta, nella fattispecie, di una delle prime opere in maturità che sembra tracciare lo spazio intellettuale in cui verrà impostata la ricerca poi svolta in tutto l’orizzonte di vita restante, ossia un tema dominante e onnipresente in tutta la produzione successiva: la relazione tra scienza e fede, che talvolta diviene correlazione e talaltra contrapposizione.

L’incipit de “La Filosofia tra Empiriologia e Fede” pubblicato nel 1980 è racchiuso in questa frase:   Se per scienza s'intende "una conoscenza che includa una garanzia della propria validità", appare chiaro che l'esclusività che la Scienza, nella sua accezione moderna abituale, si attribuisce nei confronti di ogni altro tipo di conoscenza è un puro atto di usurpazione o di sopraffazione. L'unica conoscenza valida sarebbe allora la conoscenza "scientifica", e verrebbero immediatamente escluse altre forme di conoscenza, quali, appunto, per esempio, la Filosofia, la Storia, la Teologia.

Da qui si comprende anche la ragione del ricorso al termine Empiriologia per identificare quella Scienza, o più in generale quelle Scienze, che nella loro accezione moderna, abituale, trovano fondamento  per teorie predittive, esplicative o conoscitive di fenomeni naturali – spesso supportate da un apparato concettuale matematico – una volta che superino il banco di prova della sperimentazione, e quindi dell’esperimento pubblico e ripetibile, in maniera tale da garantire, attraverso un medesimo processo,  sempre lo stesso output a parità di input. Ma, dallo stesso incipit affiora una sorta di ingiustificata soggezione circa un presunto gap-conoscitivo  che talvolta affligge gli umanisti (letterati, filosofi, teologi, linguisti, etc.) in contrapposizione a scienziati, anche quando quest’ultimi non lo abbiano affatto sottolineato o rilevato. Oggi, dopo circa due decenni di Dialogo tra Scienza e Fede, inaugurato da Giovanni Paolo II nel Giubileo del 2000, un simile motivo di contrapposizione, come pure il suo dannoso risultato degenerativo (ossia la presunzione o sopraffazione basata sulla presunta “certezza scientifica”) è divenuto risibile agli occhi di audience specialistiche o anche allargate al grande pubblico. A valle dell’inizio del Dialogo tra Scienza e Fede, la nascita delle discipline STOQ (Science –Theology – Onthology Question) è stata salutata dall’istituzione di un dottorato in diverse università pontificie, tra cui la PUL fra le prime. Forse non è un caso, visto che c’è chi pensa che Mons. Pellecchia, grazie alla sua specifica preparazione e alle sue “importanti amicizie” nelle alte sfere della Chiesa Romana, abbia “lavorato”, fors’anche in quel modo molto riservato che lo distingueva, affinché tale dialogo potesse essere preparato ed infine avviato.

Se si volesse studiare più in profondità il contributo intellettuale, oltre che la personalità, di questo sacerdote, filosofo della scienza e professore della PUL, autore del lavoro qui sopra citato, non si potrebbe trascurare la sua Premessa al suo libro edito nel 1980. A sottolinearne l’attualità la si riporta qui di seguito, in parte, come precisa istantanea scattata sulla condizione esistenziale umana di mezzo secolo fa, ma ancora vera per l’Uomo di oggi, anche a testimonianza dell’attitudine analitica di un filosofo della natura che non cessava mai di stupire, anche chi lo conosceva da vicino, e che manifestava la necessità di comprendere anche l’analisi matematica – sino al punto di chiedere, alla bisogna, lumi a qualche collega – pur di spingere oltre la sua comprensione filosofica e teologica del suo tempo alla luce del proprio impegno cristiano.

La filosofia tra empiriologia e fede (1980) 

PREMESSA

È certamente vero che il problema che si deve affrontare per primo è il problema del vivere e del sopravvivere. Il mondo del bisogno sospinge l'uomo verso il mondo del lavoro. L'orizzonte verso il quale si protende l'attività del lavoro è l'utilità. In questa tensione l'uomo spende e consuma tutto il suo essere, le sue energie, le sue attese. È fuor di dubbio che nella lotta contro i bisogni, nella lotta contro le cose per strappare loro il soddisfacimento dei bisogni, l'uomo è come proiettato fuori di sé, "alienato" come si usa dire. E questo suo alienarsi, questo suo estraniarsi, si traduce immediatamente in attività tecnica, e, perciò, in un certo qualsiasi modo, scientifica.

La realtà è problema, perché resiste, perché assale, perché provoca. L'uomo viene scosso, se mai possa dormire; e dal suo scotimento nasce la Scienza, voglio dire la Conoscenza della natura. Può anche avvenire che, culturalmente, un 'epoca viva la sua vita spirituale tutta assorbita nell'impegno scientifico-tecnico. Tutta la esistenza umana, della società e dei singoli uomini, è improntata dal lavoro, dall'utilità. In questi momenti culturali, la Filosofia e la Religione sembrano non avere alcuna possibilità di nascimento né di sviluppo. La tematica culturale assorbente. e totalizzante è puramente scientifico-tecnica, anzi diciamo più chiaramente, puramente prammatica. L'abilità produttiva, i beni di consumo, i bisogni, i guadagni, imperversano in questo regno della Utilità, assorbono le attività umane, inquietano gli spiriti, tormentano i popoli, attendono teorie. Eppure, se la tematizzazione del mondo è primariamente utilitaristica, prammatica, e secondariamente tecnico-scientifica; se cioè, non c'è un 'attività tematicamente filosofica e religiosa; se la filosofia e la Religione possono, in questi momenti, non essere risposte tematiche al problema della realtà; tutto questo si verifica solo in un certo senso, in un senso culturale, non reale. E la tragedia di un 'epoca è quella di non prendere atto della propria reale situazione, di non comprendere di aver confuso o cancellato gerarchie di scienze.

La Scienza come risposta al problema della vita e dei bisogni è già, embrionalmente, confusamente, inconsciamente, filosofia. Le cose "sono", gli uomini pensano, si amano, si odiano, si giudicano, nascono, muoiono. Per tutto questo si lavora e si tenta la natura; dunque, questo "precede" l'attività tecnico-scientifica. Si ha sempre un qualche "sentore", un qualche "stupore" dell'essere. Si ha sempre germinalmente una qualche concezione dell'essere. In ogni caso, avviene che la Scienza e l'Utilità siano pregne già di Filosofia e, in fondo, di Religione. A livello esistenziale e culturale può avvenire, infatti, che si accrediti alla Scienza, ai suoi processi, ai suoi risultati, la risposta ultima e totale a tutti i problemi che abbiamo visto insorgére dal reale. La Scienza è divenuta, allora, Scienza e Filosofia e Religione.

Quando, invece, si supera il mondo della pura utilità, si apre il vasto campo, difficile e esaltante, della Filosofia, o quello, più profondo e totale, della Religione.

Non si tratta, evidentemente, di cancellare o di sopprimere la problematica tecnico-scientifica del mondo del lavoro. Noi viviamo di esso, da esso traiamo i beni che permettono l'esistenza fisica dell'uomo. Senza la soddisfazione dei bisogni fisici a nessun uomo sarebbe possibile filosofare. Né la Religione cancella o sopprime quel mondo: essa lo investe di un senso proprio, lo collega a dimensioni più ampie, lo finalizza a traguardi più alti, risponde a problemi diversi. Insomma, la Scienza, la Filosofia, la Religione sono tre risposte che non solo non si escludono a vicenda, ma a vicenda si integrano, si gerarchizzano.

* * *

In questa premessa vi si ritrova una profonda pietà per la condizione esistenziale umana e al tempo stesso una distaccata consapevolezza “mondana” che il problema da affrontare per primo è il problema del vivere e del sopravvivere, perché senza la soddisfazione dei bisogni fisici a nessun uomo sarebbe possibile filosofare, cosa che egli invece, da intellettuale qual’era, prediligeva. Schiacciato da questa verità del concreto l'uomo si ritrova sospinto verso il mondo del lavoro, dove l'orizzonte verso il quale si protende l'attività lavorativa è l'utilità nella lotta contro i bisogni; una lotta in cui l'uomo spende e consuma tutto il suo essere, le sue energie, le sue attese. Nessuna condanna, dunque, verso il Mondo e il soddisfacimento dei bisogni umani, piuttosto comprensione e presa d’atto di uno stato oggettivo,  la soggezione dell’Uomo ai sui bisogni. Ma, anche rammarico perché in questo modo l'uomo è come proiettato fuori di sé, "alienato”, sviato.  Questa sua alienazione, questo suo estraniarsi dal meglio cui potrebbe dedicarsi, si traduce immediatamente in attività tecnica, e, perciò, in qualche modo, soltanto “scientifica”.

La sua elevata cultura, insieme a consapevole comprensione del Mondo e dei bisogni umani, quando conoscenti o amici, intellettuali o meno, approfittando della sua confidenza o momenti giocosi, si facevano scudo di pseudo-scienza o della scienza stessa per criticare,  mettere in dubbio o addirittura irridere il Credo cristiano, Don Pasqualino innanzitutto dichiarava: “Io credo in Gesù Cristo!”, rendendosi disponibile a darne ragione, ma con argomenti che difficilmente consentivano all’interlocutore dissidente spazi logici, razionali, per ribattere e sostenere i propri argomenti.

La vastità del pensiero di questo studioso merita più ampia divulgazione, studio e apprezzamento e questa breve nota, nelle intenzioni,  vuole porsi su una tale traiettoria che ci si augura possa essere “ascendente”.

Prima di concludere queste brevi note appare, infine, doveroso sottolineare la disponibilità e cortesia dell’Almo Collegio Capranica ed in particolare del suo Rettore Mons. Riccardo Battocchio (che ha personalmente conosciuto e frequentato Don Pasqualino!) a mettere a disposizione le informazioni ivi esistenti sul lavoro intellettuale svolte da Mons. Pellecchia nella sua vita accademica presso la PUL e altrove. Circa le preliminari indagini condotte (per ora, solo via email visti i tempi di pandemia) su le opere di Mons. Pellecchia presenti nell’archivio di detto collegio, sembra potersi affermare che la situazione è molto mutata rispetto al 2003, allorquando S.E. Mons. Fisichella dovette, nel corso della commemorazione pubblica, precisare che per le opere in questione si trattava solo di un’irreperibilità temporanea dovuta ai lavori di catalogazione in corso. Infatti, dai documenti ricevuti dal Collegio Capranica, e poi integrati, è stata ricavata la TABELLA N°.1 riportata qui di seguito, dove si possono contare, per un totale di 46:

-          22 recensioni di opere altrui;

-          24 opere proprie.

Può apparire improbabile che vi sia dell’altro, ma certo è ancora difficile dire se questo è tutto, anche perché sappiamo, che esistono nell’archivio del Collegio ulteriori N° 6 faldoni contenenti probabilmente minute, preparazioni, dispense delle sue lezioni di filosofia. Inoltre, il numero totale dei titoli che costituiscono il "Fondo Pellecchia" della Biblioteca del Collegio Capranica è 3.893. E si può essere certi che qualcosa di utile ancora, in tutto questo, potrà essere rinvenuto, quando le circostanze lo permetteranno

Ma l’obiettivo finale era e resta quello di poter pubblicare in open access tutte le opere di Don Pasqualino mettendole finalmente a disposizione di coloro che desiderano raccogliere il suo insegnamento, senza vincoli di copyright o ostacoli di sorta.

 


Allegato - TABELLA N°.1 - Opere di  Pasquale Pellecchia catalogate presso l'Almo Collegio Caparanica di Roma





[2] Metalogicon (2003) XVI, 2 - Pasquale Pellecchia: il sacerdote, l’amico, lo studioso - Commemorazione tenuta da Michele Malatesta nella Sala Consiliare del Municipio di Aquino il 7 dicembre 2003 alla presenza di S. E. Mons. RINO FISICHELLA Rettore Magnifico della Pontificia Università Lateranense, S. E. Mons. LUCA BRANDOLINI Vescovo di Sora,Aquino e Pontecorvo e delle Autorità Civili e Militari

[3] Tra essi il Prof. Costanzo Conte, amico ed aquinate egli stesso.

[4]  Vedi in nota 2 citato Metalogicon (2003) XVI, 2 - http://www.metalogicon.org/rivista/2003ld/Malatesta03ld.pdf