Tutti i quotidiani nazionali hanno
sottolineato in questi giorni, a grandi titoli, che nel mondo del lavoro nel
primo trimestre 2016 si sono avuti 242 MILA OCCUPATI IN PIU’. Anche la
Redazione del quotidiano on-line In Terris (d’ispirazione cristiana), in modo
piuttosto asettico e senza consentire commenti ai lettori, ha trattato l’argomento
e come sottotitolo si ritrova il seguente :
L'Istat: "Gli indicatori di
mercato segnano un miglioramento". Renzi: "Cancellare l'articolo 18
ha permesso di assumere"
Senza voler entrare nel merito
del dibattito sulla cancellazione dell’articolo 18, cui il capo del governo
sembra comunque attribuire poteri taumaturgici per la cura della disoccupazione
in Italia, si dovrebbe far notare che :
1) 242
mila occupati in più sono “pannicelli caldi” per curare una malattia grave che
mostra oltre 2,5 milioni di disoccupati nel nostro Paese, gran parte dei quali
ingrossano le file della disoccupazione giovanile ed intellettuale, senza
contare i delusi e sconcertati che ormai un lavoro hanno smesso di cercarlo e
che porterebbe molto oltre le cifre ufficiali sulla disoccupazione.
2) Non
viene mai sottolineato abbastanza che gran parte degli occupati usufruiscono di
posizioni di lavoro piuttosto precarie ed è ormai divenuto fatto ricorrente
trovare nel precariato geometri che fanno i restauratori di mobili, laureati in
scienze della comunicazione che fanno i cuochi, archeologi che svolgono
mansioni ambulanti di promozione di grandi marche di sigarette, laureati in scienze politiche che vendono in
strada abbonamenti a riviste, laureati in ingegneria che sono costretti a fare
i barman o gli operatori di call center. Certamente tutti lavori onorevoli,
anche se precari e a più basso salario rispetto alla media, ma non certo ciò
che loro stessi, le loro famiglie e lo Stato che ha investito sui loro studi si
sarebbero potuto legittimamente aspettare.
3) L’assenza
di una vera politica da parte dello Stato per i disoccupati che l’automazione e
le nuove tecnologie producono in gran
numero, a cominciare dal settore bancario (si pensi a impiegati di banca sostituiti dall’home
banking) e commerciale (si pensi a cassiere sostituite da casse automatizzate),
per finire a quello industriale e dei servizi; mentre autorevoli esponenti
delle istituzioni nazionali individuano grottescamente spazi di occupazione nel
settore agricolo già conteso da manodopera “a perdere” costituita da poveri diseredati
ammucchiati in tendopoli e baraccopoli per impieghi stagionali per mera
sopravvivenza a livelli offensivi della dignità umana.
4) Si
assiste anche alla generalizzazione sistemica della partita IVA (o anche vaucher)
ai lavoratori precari e sottopagati, che
se da un lato offre il pregio di sgravare e snellire le imprese dai
costi fissi e dalla gestione del personale, dall’altro non consente alla gente
che lavora di programmare un minimo il proprio futuro, al punto che socialmente
si generalizza il modello della “convivenza” invece del modello “famigliare”
essendo lo stesso matrimonio divenuto un “lusso per persone abbienti” a detta
dei diretti interessati che vi aspirano. Per dipiù, veri specialisti, professionisti a
partita IVA impiegati in questa configurazione per anni da aziende che poi falliscono,
non hanno diritto ad alcuna indennità di disoccupazione in attesa di un
ricollocamento.
Ogni miglioramento dell’occupazione è certamente una buona
notizia, ma va contestualizzata nella realtà che viviamo senza puntare su
effetti suggestivi per migliorare il consenso politico all’azione di governo. I
governi vanno giudicati alla fine del loro mandato per ciò che hanno compiuto e
non per le suggestioni che possono aver creato. Volenti o nolenti.
Soprattutto non va mai dimenticato che la promozione della
famiglia non implica solo la salvaguardia e protezione della vita del feto sin
dal grembo materno, quindi in termini di
diffusione di cultura anti-abortistica, bensì anche e soprattutto il
riconoscimento della dignità della vita in termini più generali affinché si possano
diffondere condizioni di vita dignitose che solo un serio lavoro può dare;
condizioni che preparino ad una procreazione responsabile, in modo che quel
nascituro possa essere accolto cresciuto ed educato nell’ambito di una famiglia
“normale” e sostenuto da un credo rispettoso della dignità di ogni essere
umano.
Rocco Morelli
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