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MOVIMENTO EUROPEO
CONSIGLIO ITALIANO
IL PRESIDENTE
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NOTA DEL MOVIMENTO EUROPEO SULLA MOBILITAZIONE POPOLARE EUROPEA IN
OCCASIONE DEI SESSANTA ANNI DEI TRATTATI DI ROMA (25 MARZO 2017)
“CAMBIARE ROTTA ALL’ EUROPA”
Dal dissenso un nuovo consenso
Negli ultimi anni le opinioni pubbliche sono passate da un livello elevato di consenso verso il
progetto europeo a un dissenso diffuso in tutta l’Unione.
Sono cresciuti gli spazi di azione politica, culturale e sociale di movimenti euro-scettici, europessimisti
o nettamente ostili all’integrazione europea.
Essi fondano le loro capacità di attrazione sulla paura della perdita di identità da parte dei cittadini
negli Stati membri, sull’incapacità del potere politico all’interno degli Stati e nell’Unione europea a
fronteggiare i problemi di esclusione sociale, d’impoverimento, di sicurezza dei cittadini, sulla
mancanza di identità dell’Europa, sulla distanza fra cittadini, istituzioni europee inefficaci e sistema
burocratico dell’UE, su campagne demagogiche di persuasione spesso occulta, sulla valorizzazione
del passato delle nazioni e del popolo come unico depositario e detentore diretto della responsabilità
di decisioni che riguardano il proprio stato o la propria comunità, sulla paura e sull’ostilità verso l’
“altro” sia esso immigrato o straniero o appartenente a una minoranza, sulla tutela dell’economia
nazionale rispetto a quella europea anche attraverso la rinuncia all’Euro.
La crescita di questi movimenti si fonda su un malcontento reale e diffuso, sfrutta il senso di
delusione e di frustrazione per quello che l’Europa dovrebbe essere e ancora non è e provoca un
elevato tasso di astensione al momento del voto.
I movimenti euroscettici presenti in modo nettamente più forte nel Parlamento europeo che nei
parlamenti e in alcuni partiti nazionali non sono tuttavia la causa ma effetto della disgregazione
dell’Unione europea.
Il dissenso verso il progetto di integrazione europea ha creato spazi pubblici di dibattito sul modo di
essere dell’Europa. All’interno di questi spazi può e deve nascere una coscienza civica europea
come riferimento assolutamente necessario a base dell’idea di unità europea e come leva per nuove
forme di identità transnazionali in un’unione aperta ad una società internazionale fondata sulla
cooperazione fra i popoli e gli Stati.
La disgregazione dell’Unione
Questo processo è in atto da quasi un decennio e le sue cause sono essenzialmente legate all’assenza
di soluzioni a problemi molto gravi che hanno dimensione transnazionale.
Essi potrebbero essere così riassunti:
- Il deficit di democrazia, a livello nazionale e europeo, e la mancanza di uno spazio pubblico a
livello europeo.
- L’assenza di cooperazione leale fra gli Stati membri e la conflittualità fra diverse aree dell’UE:
Nord/Sud, Est/Ovest, Paesi economicamente e finanziariamente solidi/Paesi con problemi di
sviluppo interno.
- L’inconsistenza del ruolo dell’Unione europea nel mondo.
- La crisi finanziaria ed economica nell’Eurozona che ha esasperato le diseguaglianze nei redditi
e nei patrimoni.
- L’incapacità dell’Unione di far fronte ai flussi migratori e di rifugiati.
- La mancanza di adeguate politiche di inclusione volte a realizzare una vera società
multiculturale.
- L'imposizione dell'austerità con la mancanza di politiche comuni di lotta alla disoccupazione,
per la crescita e lo sviluppo sostenibile che ha causato la devastazione del modello sociale in
particolare nell’Eurozona rendendo sempre più ricchi coloro che già lo erano e più poveri ed
indifesi tutti gli altri.
- Il flagello del terrorismo cui si accompagna la mancanza del diritto alla sicurezza dei cittadini.
- L’incertezza del diritto e dei diritti delle persone a cominciare dall’uguaglianza e dalla
solidarietà.
Un’azione comune per l’integrazione
Noi siamo convinti che sia necessario reagire all’insieme di queste spinte verso la disgregazione con
un cambiamento radicale delle attuali politiche dell’UE, divenute delle vere emergenze, con
un’azione popolare a sostegno di un reale cambiamento di rotta nel processo di integrazione
europea affinché i cittadini europei possano beneficiare dei valori dell’interdipendenza e di una
sovranità condivisa, creando le condizioni costituzionali di un loro ruolo attivo nei processi di
decisione attraverso, e prima di tutto, di un mutamento profondo dell'attuale processo decisionale,
prevedendo delle forme complementari della democrazia rappresentativa, partecipativa, economica,
paritaria e di prossimità.
L’azione popolare:
- deve essere condotta da un vasto movimento di opinione – un’alleanza di innovatori – che
nasca dalla società civile: dal mondo del lavoro e dell’economia, della cultura e della ricerca,
delle organizzazioni giovanili e studentesche, del terzo settore e del volontariato coinvolgendo
tutti coloro che sono consapevoli del valore aggiunto dell’integrazione europea ma pagano i
costi della non-Europa;
- è urgente per fare "un'operazione verità" su quando accaduto e quanto accade, per ripristinare la
coesione interna all’Unione europea, ristabilire il consenso e la fiducia dei cittadini verso
l’azione dell’UE e verso un processo di integrazione che gestisca insieme le sovranità nazionali
già esistenti, che limiti l’eccesso di potere degli Stati laddove ci sono interessi comuni da gestire
e tutelare. Un’azione che getti le basi di un’opinione pubblica europea e crei le condizioni
politiche e culturali necessarie al rilancio del progetto di unificazione europea ripartendo
dall’intuizione del Manifesto di Ventotene;
- deve essere accompagnata da una precisa assunzione di responsabilità da parte delle forze
politiche europee che hanno rinunciato a svolgere il ruolo – assegnato loro dai trattati – di
“formare la coscienza politica europea”;
Ha scritto Spinelli:
“Evidentemente, non basta che un ordinamento (federale) abbia meriti intrinseci. Perché venga
realizzato, occorre vedere se intorno ad esso, a suo sostegno permanente, ci sia da attendersi che si
schierino, nella civiltà moderna, imponenti forze vitali, non destinate a dissolversi rapidamente;tali che, per farsi valere, sentano di aver bisogno di quell’ordinamento e siano perciò disposte ad
agire per mantenerlo in vigore. Sarebbe inutile costruire un edificio che nessuno fosse poi
interessato a conservare, anche se, per qualche favorevole congiuntura, si trovassero forse
sufficienti per costruirlo”.
La nostra roadmap (da definire con le organizzazioni promotrici della mobilitazione popolare)
-
Le politiche che vogliamo (a trattato costante):
Le politiche che vogliamo (a trattato costante):
- cambiamento del paradigma economico,
meccanismo europeo di solidarietà, azioni comuni per immigrati e rifugiati, strumenti di lotta
contro il terrorismo e la criminalità, sicurezza esterna, politica euro-mediterranea, ambiente per
lo sviluppo, reddito minimo di cittadinanza e servizio civile europeo…
- L’Europa che vogliamo/il progetto (la nuova agenda per l’Europa politica al di là dei trattati):
politica economica e sociale, spazio di libertà e giustizia, bilancio federale, politica estera e di
sicurezza sotto il controllo democratico di un governo responsabile di fronte al Parlamento
europeo;
- L’Europa che vogliamo/il metodo costituente
- L’Europa che vogliamo/i confini della nuova Unione.
Serve un’Europa più democratica e finalmente federale. Serve un’Europa più solidale, decisa ad
agire nell’interesse dei propri cittadini ad affermare un proprio ruolo originale e dinamico nel
mondo sempre più globale di oggi e di domani, fondato sui principi e valori della dignità umana,
della sostenibilità ambientale e sociale, dell’apertura culturale, dell’universalità dei diritti umani.
Ha scritto ancora Spinelli:
“Se si trattasse di creare uno stato unitario, i sentimenti nazionali sarebbero contrari e sarebbe
difficile mobilitare forze sufficienti per venirne a capo. L’idea federalista, quantunque
profondamente innovatrice, è caratterizzata da un’elasticità tale da permetterle di diventare
rapidamente il criterio di distinzione delle forze politiche e delle passioni esistenti, non
contrapponendosi ad esse ma impregnandole di sé e rendendole così immuni dalle fatali deficienze
dei vecchi ordinamenti. Basterà che a queste forze e passioni nazionali si sappia mostrare che, per
l’adeguata risoluzione delle loro esigenze, condizione imprescindibile è la formazione di pochi,
semplici, facilmente comprensibili, solidi ed irrevocabili istituti federali”.
Per queste ragioni, il Movimento europeo – d’intesa con la Gioventù Federalista Europea (GFE) e il
Movimento Federalista Europeo (MFE) – lancia un appello ai suoi membri, alle altre organizzazioni
della società civile, del lavoro e della produzione e al mondo della politica per una mobilitazione
popolare europea a Roma il 25 marzo 2017, eventualmente accompagnata da altre iniziative di
cittadini nelle capitali dell’Unione europea, proponendo la costituzione urgente di un comitato
promotore e organizzatore.
Roma, 30 settembre 2016
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Un breve commento di avvertimento
L'analisi condotta dal Movimento Federalista Europeo sulle ragioni della disgregazione in atto appare molto puntuale e centrata, al punto che potrebbe essere condivisa anche da movimenti cosiddetti "sovranisti" di ispirazione cristiana e che producono di fatto una dicotomia in seno al corpo sociale di coloro che si professano "credenti".
Il riconoscimento da parte del Movimento Federalista Europeo che tali ragioni non costituiscono la causa, ma l'effetto della disgregazione dell’Unione Europea, implica l'esistenza di ragioni concrete che hanno condotto di fatto alla nascita dei cosiddetti "populismi" e la rinuncia a comprendere queste ragioni di fondo, che soggiacciono al loro diffuso avvento ovunque, sarebbe inaccettabile "demagogico riduzionismo". Pertanto, l'operazione da condurre per un recupero del consenso è un'imprescindibile "Operazione Verità" a tutto campo su quanto accaduto nel corso della crisi, dal 2008 ad oggi e precedentemente ad essa; operazione scientifica e pubblica da mantenere scevra da interessi di parte ed egoismi nazionali, senza la quale sarebbe illusorio pensare ad un ripristino di normalità nell'orientamento del corpo sociale cristiano europeo, che potrebbe giungere solo una volta nota la verità e una volta manifestato il sincero "mea culpa" da parte di coloro che pur avevano ricevuto consenso dai popoli europei per fare dell'Unione un luogo di giustizia, di pace e di sviluppo, nell'equità, nell'unità e nella diversità, ma che purtroppo hanno di fatto deviato dall'originaria impostazione.
L'ecumenismo, memore dell' imperativo conseguente all' "Unum sint", è connaturato ai movimenti di ispirazione cristiana; ma se proprio in seno ad essi nasce una dicotomia e una contrapposizione come sta accadendo, è evidenza di un'esigenza di analisi e di comprensione più profonda.
Occorre quindi essere consapevoli che una "prematura" mobilitazione popolare che non dia poi seguito ad effetti visibili e concreti di mutamento sarebbe non un ausilio per recuperare le ragioni di una Europa Unita, ma per rafforzare le ragioni della disgregazione in atto.
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