sabato 30 giugno 2018

IL RACCONTO DI MASSIMO : Una storia commovente di sofferenza e di fede che può suscitare speranza in chi l’ha perduta.



Massimo Castellani, a 67 anni è stato ricoverato per terapia neuro-riabilitativa presso l’INI di Grottaferrata (RM), nel corso del primo semestre 2018 e fino ai primi di luglio dello stesso anno, per un’ernia del disco che lo costringeva ancora una volta alla sedia a rotelle. Lo si poteva incontrare lungo i corridoi di questa struttura ospedaliera, dove si muoveva con la sua sedia a rotelle in maniera infaticabile, nel bar e nella cappellina, dove attendeva puntualmente alla S. Messa delle 18,30 per i malati, celebrata dal cappellano Don Gioacchino talvolta solo per Massimo, e dove egli si intratteneva a lungo nel corso della mattinata in un silenzio e in una atmosfera di pace che facilitava la contemplazione e la preghiera. Massimo si mostrava attivo e infaticabilmente impegnato nella fisioterapia, che come poteva continuava con i suoi metodi e per proprio conto aldilà del programma fisioterapico che lo riguardava e delle relative sedute ufficiali cui partecipava puntualmente. Il suo carattere aperto, gioviale e tenace favoriva il contatto con gli altri e l’instaurazione di un umano rapporto che facilmente sfociava nel racconto delle reciproche storie. E la storia di Massimo è davvero stupefacente, ricca di episodi che hanno apparentemente dell’inverosimile, tuttavia è storia vera, sia perché Massimo la racconta in spirito di amicizia e verità, sia perché sembra documentabile anche attraverso testimonianze di altre persone coinvolte. 
Nel 1992, a seguito di un incidente stradale (contro un camion) di cui conserva ancora le fotografie, Massimo rimase intrappolato nella sua macchina, accartocciata in maniera spaventosa; per estrarlo dalle lamiere si dovette lavorare per oltre quattro ore. A guardare le foto che Massimo ancora mostra ci si chiede immediatamente come si possa uscire vivi da un groviglio di lamiere contorte e pressate in quel modo in un pacchetto appiattito contro la strada.  Né uscì ancora vivo, ma con fratture esposte plurime su tutti gli arti e diverse parti del corpo che imposero, nell’ospedale di Anzio, un’operazione durata oltre 13 ore. Ricevette l’Estrema Unzione, anche grazie ad un sacerdote che si recava (sempre con “un quartino di vino”) a visitare il proprio padre ricoverato nello stesso ospedale in cui era ricoverato Massimo. Dopo una ulteriore complicata operazione al braccio (con placca e chiodi), il risveglio post-operatorio Massimo lo descrive come “un nido di vespe nello stomaco” a causa dell’anestesia accumulata anche nelle immediatamente precedenti operazioni. Il dolore che provava per un’operazione così complicata e un’anestesia così intensa sfociò in un’emorragia. Massimo ebbe a quel punto quella che sembra definibile una “esperienza extra corporea” e dall’alto dove si trovava (il suo spirito?) vide in basso i medici e lo staff che lo soccorrevano e si vide anche con i capelli insanguinati per il sangue presumibilmente sversato. Egli riferisce che la quantità di anestesia somministratagli non permetteva a quel momento ulteriori dosi e dovendo essere “intubato” i tagli alla gola per permetterlo dovettero essere eseguiti “a freddo” senza anestesia totale o locale. La rimozione dei tubi fu poi troppo veloce e provocò embolia con perdita di conoscenza che indusse i suoi cari a piangerlo morto. Eppure Massimo, proprio mentre i suoi erano riuniti nella mestizia del momento intorno al suo letto, si risveglia tra solenni risate che egli riferisce essere intrattenibili e di natura nervosa. Insomma, tra diverse sofferenze, seppure con placche e chiodi, con il tempo Massimo si rimise in piedi e tornò alla vita normale al punto che un giorno, mentre assisteva - a bordo strada con la sua bimba in braccio - ad una processione che passava lungo le strade di Anzio il parroco che lo aveva “unto”, e che era alla testa della processione,  riconoscendolo fermò la processione e si avvicinò a lui sollecitandolo a recarsi in chiesa per una confessione dei peccati commessi prima dell’incidente subito. A questo episodio Massimo, che lo considera un “segno”, attribuisce un grande significato, anche se può sembrare che sottovaluti la sua fede e non ne parli volentieri, ma forse soltanto perché vuole tenerla nel suo intimo in modo riservato e protetto.
Poco prima del 2001, a Massimo viene diagnosticato - per precedente trauma cranico subito - un astrocitoma benigno (tumore cerebrale) di 0,5 cm.; ma egli tra l’intervento operatorio immediato e  i controlli sistematici ogni 6 mesi sceglie quest’ultimi. Purtroppo a seguito di uno dei controlli successivi, nel 2001 viene operato (nel Policlinico Umberto I di Roma, dal Prof. Esposito) perché il tumore è evoluto in modo esponenziale in una dimensione di circa 8 x 5 cm. che induce i medici a ipotizzare il peggio e valutare una speranza media di vita di 3 mesi. I successivi esami istologici permettono, infatti, di appurare che si tratta di un glioblastoma di IV grado, che in base alle attuali conoscenze non lascerebbe scampo.
Prima dell'operazione, Massimo, da “sofferente di lungo corso” e forte dei suoi trascorsi, aveva incominciato a partecipare insieme a membri della sua famiglia a gruppi di preghiera, in special modo orientando la devozione verso S. Padre Pio da Pietralcina. Oggi Massimo, a 17 anni da quell’episodio, racconta ancora come sua sorella abbia avuto in sogno - proprio prima ancora dell'operazione - una visione di S.Padre Pio nel corso della quale ha ricevuto assicurazione sulla guarigione del fratello.
Tutto ciò per molti è solo frutto della “devozione popolare” associata a un gioco di statistica: per effetto dei grandi numeri di malati: qualche raro caso di guarigione inspiegabile può anche verificarsi. Per altri, invece, specie sofferenti, Massimo è divenuto un esempio e una speranza che “una Via c’è”!

Il 4 luglio 2018, Massimo - che avrebbe voluto una sua foto in piedi, su questo post - si aspettava di essere dimesso dall'INI per tornare a casa, tra i suoi. Oggi, 3 luglio, invece, una ennesima crisi lo costringe immobilizzato a letto.

Nell'auspicio che i media vogliano e possano parlare del suo caso "miracoloso", un caro abbraccio e un augurio di guarigione a Massimo, campione di fortezza e portatore di speranza per sé e per gli altri.

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