«INSEGNACI
A CONTARE I NOSTRI GIORNI E GIUNGEREMO AL CUORE DELLA SAPIENZA»
(Salmo
90,12)
Riflessioni
su un tema proposto dall’ABI (Associazione Biblica Italiana) per la Settimana
Biblica Nazionale 10 -14 settembre 2018
1. Aspetti introduttivi
Si coglie spontaneamente,
in modo evidente, che il versetto proposto, anche se letto fuori dal contesto
dell’intero Salmo 90, è una preghiera di un essere caduco, consapevole della propria finitezza, che si pone alla ricerca di conoscenza e senso sfuggenti
alle sue limitate possibilità di comprensione.
Senza entrare in questioni
esegetiche ed ermeneutiche si sottolinea, ad esempio, che le differenze
rilevabili nella presentazione del versetto e relativo Salmo su diverse
edizioni delle Scritture ampliano, seppure in modo circoscritto, l’area di significato e di senso
che li permea.
La Bibbia CEI 2008[1] (come
pure The Jerusalem Bible, che
aggiunge il soprattitolo “The Human Condition”[2]) riporta
il Salmo 90 in cui questo versetto è
inserito come la “Preghiera Di Mosè, uomo
di Dio.” e il versetto lo si ritrova
nella forma :
“Insegnaci
a contare i nostri giorni e acquisteremo un cuore saggio”
Nella versione
dell’Edizioni Paoline 1983, lo stesso Salmo 90, viene titolato “Fragilità dell’Uomo” e riportato nella forma :
“Insegnaci
a valutare i nostri giorni e così potremo offrire un cuore sapiente”,
mentre in The Jerusalem Bible viene espresso con :
“Teach us to count how few days we have and so gain wisdom of
heart”.
Il riferito ampliamento
dell’area semantica nel caso del versetto proposto va ricercata nel
differenziale sinonimico tra sapienza
e saggezza, come pure in quello che intercorre tra contare e valutare, tra offrire e acquistare.
Non si può trascurare
che il versetto proposto è preceduto da:
Chi
conosce l’impeto della tua ira e, nel timore di te, la tua collera?
e seguito da :
Ritorna,
Signore: fino a quando? Abbi pietà dei tuoi servi!
che richiamano e si agganciano all’escathon, prefigurando le “cose ultime” e
il Regno di Dio dell’apocalittica giudaica (per es. nei Profeti) cui il salmista si riferiva; ma in chiave
moderna e cristiana l’aggancio include tutto il Nuovo Testamento e in
particolare il Vangelo, le Lettere e l’Apocalisse di Giovanni.
Contestualizzando il
versetto nell’intero testo del salmo cui appartiene, non si può che concordare
di essere in presenza di un testo “ …composito
formato da un poema sapienziale che tratta dell’eternità di Dio e della vanità
della vita umana 1-12; “ [3]
che “comprende una preghiera collettiva
per la restaurazione di Israele e per il conferimento dei beni messianici,
13-17;” [4].
In ogni caso il focus è posto su due diverse e separate
azioni:
-
Contare i nostri giorni, per cui viene
invocato l’insegnamento divino;
-
Giungere al cuore della Sapienza, ossia
ad avere un cuore saggio.
E’ evidente, quindi,
che l’analisi ruoti intorno alla nozione di tempo e quella di sapienza (e di
saggezza), ma senza trascurare l’efficacia della “pressione emotiva” che il
testo, in ogni forma, esercita immediatamente sul lettore.
Infine, questo versetto
orante per giungere alla Sapienza sembra rivestire dimensione individuale,
collettiva e universale. Però, mentre la dimensione individuale è facilmente
accessibile e comprensibile, quella collettiva e universale sembrano meno
evidenti e certamente, per essere comprese, rimandano il pensiero ai destini
collettivi dell’umanità sulla Terra, alle “cose ultime”; in definitiva, come sopra
accennato, alla Rivelazione contenuta nell’Apocalisse di Giovanni.
Un interrogativo sorge
spontaneo. Se è vero – come è vero! – che contare i propri giorni spinge verso la
sapienza del cuore, quest’effetto si verifica anche nella dimensione collettiva
(di gruppo) ed universale, oltre che in quella individuale, dove è di certo
presente?
Il tema che pone questo
interrogativo appare meritevole di approfondimento, non soltanto per gli
aspetti teologici che implica, ma anche e forse soprattutto per la speranza che
suscita di poter ancora ricondurre su vie salvifiche una parte di umanità che appare
oggi ignara o sviata e dimentica della precarietà della propria condizione
esistenziale. In tale ambito gli approcci millenaristi alla fede cristiana
troverebbero spazio e maggior attenzione.
2. Il tempo: “Contare i nostri giorni”
Da un punto di vista
umano contare i propri giorni, se inteso in senso letterale ma statistico,
ossia probabilistico e non deterministico, può essere anche ritenuta
un’operazione abbastanza comune allorquando intrapresa con le tavole di
speranza di vita usate di norma dagli istituti assicurativi. Non è certo
questo, però, il senso del versetto del salmo cui si fa qui riferimento.
Contare i nostri giorni
implica il riconoscersi creature limitate e caduche; sebbene, la civiltà
contemporanea (e presumibilmente di ogni tempo) non sembra vivere la realtà
concreta, bensì per lo più dimentica di ciò che scorre quotidianamente sotto i
suoi occhi, sembra ipnotizzata spiritualmente e proiettata nella percezione di
un’apparente ed ingannevole senso di eternità, vissuto in maniera quasi
virtuale, dominato da una sindrome di onnipotenza, che porta a inseguire i
tradizionali obiettivi del potere, del successo, del denaro, dello sciupio
vistoso e frivolo; non importa quali conseguenze catastrofiche, quanti morti,
guerre, affamati o disoccupati comporti il raggiungimento di tali obiettivi.
Relegando negli anfratti della coscienza collettiva il ruolo di Custode del
Creato, la lotta per la sopravvivenza, che giunge a contrapporre l’uomo ai suoi
simili, lo porta ad abusare dei beni della terra, dell’ambiente, delle
collettività che lo circondano, violando ogni legge naturale, ogni retto
sentire, ogni sentimento di umana solidarietà, per sfociare in un presunto ruolo
di padrone del creato che sembra aver assunto, di fatto, l’uomo di oggi.
Contare i giorni
presuppone la nozione di tempo lineare, in modo che sia sempre individuabile un
prima e un dopo, un inizio e una fine. Sebbene facciamo uso del tempo la sua essenza, però, ci rimane sfuggente. L’aforisma
di sant’Agostino ce lo ricorda : “Che cosa è, allora, il tempo? Se nessuno me
lo chiede, lo so; se dovessi spiegarlo a chi me ne chiede, non lo so.”
Invece oggi, in accordo
con la teoria della Relatività, che ha dominato la scienza contemporanea, viene
voglia di dire che il tempo è una delle quattro dimensioni dello spazio-tempo
entro cui si consuma l’esistenza umana, relegata in un piccolo e meraviglioso
pianeta del sistema solare, in un universo in continua espansione e i cui
destini, a lungo termine, sembrano variare, secondo la scienza ufficiale, tra
un’espansione illimitata che conduce alla cosiddetta “morte termica”
(raggiungimento dello zero assoluto) e un’implosione che riversa tutto ciò che
esiste in una singolarità chiamata “big chrunch” (in contrapposizione al “big
bang” che identifica la singolarità da cui è sorto lo spazio-tempo e il suo
contenuto). In quest’ottica, il tempo è dunque solo una delle quattro
coordinate che colloca i vari contenuti nello spazio-tempo, sebbene l’uomo non
lo percepisca in questo modo. Sempre secondo questa ottica la controversia sul
Messianismo[5]
– “concezione propria delle religioni ebraica e cristiana, fondata sul
significato assunto dall'avvenire improntato dall'opera e dalla personalità del
Messia[6]” -
si riduce non tanto alla negazione o affermazione della figura messianica,
quanto piuttosto al posizionamento della sua missione nello spazio-tempo.
3. Giungere al cuore della Sapienza
Non certo casuale è la
presenza del Libro della Sapienza tra quelli del Vecchio Testamento ; esso
prima di ogni altro ci istruisce al riguardo : “La sapienza è splendida e non sfiorisce, facilmente si lascia vedere
da coloro che la amano e si lascia trovare da quelli che la cercano. Nel farsi
conoscere previene coloro che la desiderano. Chi si alza di buon mattino per
cercarla non si affaticherà, la troverà seduta alla sua porta. Riflettere su di
lei, infatti, è intelligenza perfetta, chi veglia a causa sua sarà presto senza
affanni; poiché lei stessa va in cerca di quelli che sono degni di lei, appare
loro benevola per le strade e in ogni progetto va loro incontro.” (Sapienza
6,12-16)
Possiamo quindi
ritenere che per gli informati e maturi “Il cuore della Sapienza” sia
discernimento nell’esistenza, che conduce:
-
(in ambito veterotestamentario) al
rispetto della Legge secondo il Patto offerto ad Israele per la propria
salvezza;
-
(in ambito neotestamentario) a riconoscere la caducità di questo
mondo, e l’inutilità di quanto esso
offre, rispetto all’immensità del dono salvifico offerto a tutte le Genti dal
sacrificio consumato sulla Croce .
In entrambi i casi è
sempre la Grazia che opera in quanto concessione di Dio misericordioso verso i suoi eletti. Infatti, in un caso, a
salvare è il Patto offerto da Dio ad Israele,
piuttosto che la rigida aderenza alla Legge, che per quanto minuziosa si rivela
insufficiente senza la Grazia; mentre nell’altro caso è l’immolazione
dell’Unigenito figlio di Dio, che senza macchia, si spoglia della sua divinità
per assumere da Uomo su di sé il peccato del Mondo e ripristinare, attraverso
la propria passione, morte e resurrezione, l’Adamo caduto.
4. Rilievi conclusivi
Questo cenno alla
Grazia può apparire sbilanciato rispetto al valore che deve assumere la necessità
della Fede in un percorso salvifico; in realtà esse sono indissolubilmente
legate poiché “per grazia siamo salvati mediante la fede” (Efesini 2,8). La
Fede produce atteggiamenti che conducono ad operare in modi ad essa conformi,
ma le opere risultanti non sono garanzia di salvezza; ne costituiscono semmai
il presupposto essenziale. Parafrasando un concetto matematico possiamo dire
che la Fede è condizione necessaria, ma non sufficiente alla salvezza. Soltanto
la Grazia, che è dono dell’Onnipotente per coloro che hanno Fede, trasforma
questi due elementi in una condizione necessaria e sufficiente alla salvezza,
promessa ai battezzati in Cristo Salvatore, Sacerdote e Re.
Un simile impianto
presente nella Lettera agli Efesini, più che aggiustare presunte controversie
su impostazioni paoline in merito al valore salvifico della sola fede, sembra
invece dare corpo e avvicinare quel mondo che si presenta come profondamente
cristiano e che professa << Sola Scriptura - Sola Fide - Sola Gratia -
Solus Christus – Soli Deo Gloria >>. è
proprio in questo mondo che approcci millenaristi alla fede cristiana emergono
più frequentemente[7]
dando, oltre la dimensione individuale, una concreta manifestazione della
dimensione collettiva e universale dell’area di senso che riveste il versetto
in esame in merito al contare i propri giorni.
Le due azioni dunque,
contare i propri giorni e giungere al cuore della sapienza, si riunificano così
in un unico strumento di conversione con portata individuale, collettiva e
universale, come ben aveva colto il salmista (Mosè) nella sua preghiera (a
Dio).
Roma
8/Settembre/2018
[3] La
Bibbia – Nuova versione dai testi originali. Edizioni Paoline 1983
[4] Idem
c.s.
[5] Concetto
“Il Messia è già venuto e tornerà!” contrapposto a “Il Messia non è mai venuto
e deve ancora venire!”
[6]https://www.google.it/search?q=messianismo&rlz=1C1AOHY_itIT737IT737&oq=messianismo&aqs=chrome..69i57.5975j0j7&sourceid=chrome&ie=UTF-8
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