Non sembra che si possano nutrire ancora dubbi sui
cambiamenti climatici in atto che hanno prodotto tra l’altro straordinaria calura
e siccità nella stagione estiva appena passata. Gli incessanti allarmi per il
prosciugamento del lago di Bracciano, per la siccità e per i razionamenti dell’acqua,
non soltanto nella Capitale, sono stati fortunatamente
seguiti, alla fine del mese di agosto, da temporali molto intensi che hanno
scaricato in pochi giorni su Roma piogge per circa 200 mm (con una punta di 150
mm in un solo giorno); una quantità pari a quella riversatasi nella stessa area
dall’inizio dell’anno in corso sino a fine agosto.
L’alta intensità e la breve durata dei fenomeni non aiutano
la captazione e raccolta delle acque, ma la costruzione di appositi bacini
opportunamente progettati e dotati di sistemi adeguati potrebbe di sicuro risolvere
un annoso problema strutturale e porre
fine a quel tipo di allarmismo che viene diffuso “nell’emergenza”, come nel corso di tutta la stagione passata.
Certamente i sistemi di approvvigionamento idrico nazionale
non sono in condizioni ottimali. Le perdite, gli sprechi e l’obsolescenza richiedono
investimenti per seria manutenzione straordinaria e per nuove opere, di nuova
concezione per far fronte alle grandi necessità del Paese. Ricordiamo però,
sempre, che l’Italia è uno dei paesi più ricchi di acqua e ciò che manca è
soltanto la volontà politica di intervenire (e forse le risorse economiche) per risolvere il problema. Questa ritrosia del
sistema politico ad intervenire è presumibilmente condizionata soprattutto dai mai sopiti appetiti dei
privati, che ad ogni occasione si
ripropongono e sollecitano (direttamente e indirettamente i media) per poter mettere
le mani sull’ “Acqua Pubblica”.
Non bisogna dimenticare che in un recente referendum il
Popolo Italiano ha votato per l’Acqua Pubblica e contro l’Intervento dei
Privati su una risorsa di primaria necessità per la vita, quasi a sottolineare
che una tale risorsa non può essere fatta oggetto di profitto, ma deve
permanere nella sfera dei servizi pubblici svolti per il bene comune. Tenuto
conto di ciò l’emergenza non può essere
annoverata tra le ragioni per ribaltare
la situazione e provocare un’apertura ai privati (specie per cedere, magari a
prezzo esiguo, interi settori dell’Acqua Pubblica). Un tale atteggiamento
sarebbe tanto più colpevole quanto più la politica ritarda a mettere in campo
interventi straordinari di manutenzione e costruzione di nuove opere per l’Acqua
Pubblica. Al riguardo viene spesso sostenuto “strumentalmente” che non ci sono
risorse economiche disponibili nei bilanci statali a questo scopo, ma il settore privato dispone
di risorse impiegabili in modo risolutivo. Se ciò fosse vero basterebbe pensare
a recuperare con progetti “ad hoc per l’Acqua Pubblica” quel 40% di fondi che annualmente vengono
lasciati “per inedia amministrativa ed organizzativa della macchina statale” nelle
casse dell’UE a beneficio di altri paesi membri.
Sarebbe un atto di saggezza, di buona amministrazione e di esempio per la stessa UE che ci osserva continuamente, ma soprattutto contribuirebbe a sfatare quel presunto dogma che "il privato è migliore e più efficiente del pubblico", dando testimonianza concreta che quando ciò avviene è solo perchè il "sistema pubblico" o gestito da incompetenti, o da corrotti.
In alternativa, il liberismo imperante e senza freni non potrà che finire di travolgere il Paese "a beneficio degli Italiani" che hanno il torto di non saper selezionare la propria classe dirigente.
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