Dopo l’ “archiviazione” delle ricerche sulla fusione fredda – maldestramente abbandonate, forse senza aver completamente compreso i motivi dell’imprevedibile ripetibilità del fenomeno, ma riconoscendo (specie in casa nostra) i limiti di caricamento dell’idrogeno (suoi isotopi) nel reticolo di elettrodi metallici quali il palladio – si è puntato tutto sull’ITER in costruzione a Cadarache (Francia): un “ingombrante” progetto internazionale plurimiliardario, adatto solo per installazioni fisse, che non potrà essere pronto per l’avvio sperimentale prima del 2025. Sull'ITER, nonostante le giuste speranze che si nutrono, alcuni scienziati sollevano dubbi per le insufficienti densità del plasma, rispetto a quelle che invece nelle stelle vengono raggiunte naturalmente per gli intensi campi gravitazionali, che sono molto meno intensi sulla Terra di diversi ordini di grandezza. Di fatto, in un momento di transizione energetica dalle fonti fossili alle rinnovabili, gli studi ed i tentativi sulla fusione nucleare hanno ripreso vigore, sebbene le ricerche concrete dovrebbero moltiplicarsi, come auspicabile, poiché se l’impianto di Cadarache non dovesse dare i risultati sperati, il futuro sulla Terra sarebbe certamente più difficile e imporrebbe forti limitazioni con il ricorso alle rinnovabili soltanto. Il rifiuto del nucleare di pace, indistintamente dal nucleare di guerra, da parte di alcune popolazioni e anche alcune importanti istituzioni transnazionali, non aiuta certo!
La maggior parte delle
ricerche odierne sulla fusione nucleare si concentra sui plasmi - gas ionizzati
costituiti da un insieme di elettroni e ioni e globalmente neutri - ad alta
temperatura, con confinamento inerziale
o magnetico, oppure entrambi combinati insieme. Tuttavia, esiste un altro
filone di lavoro, meno noto, basato sull'accelerazione e il confinamento
elettrostatico (IEC). Gli studi sulla IEC sembrano concentrarsi su alcuni
sistemi specifici quali i metodi e tecnologie di confinamento e l’incapsulamento
del combustibile in forme più possibilmente dense, già in partenza.
Esistono almeno due brevetti Italiani sulla fusione nucleare – uno di essi già rilasciato e un altro in itinere -
sebbene da sperimentare; ma il mondo politico e della
ricerca nostrano, in grado di decidere al riguardo – forse per l’emergenza COVID19 – sembra
a tutt’altre faccende affaccendato o forsanche del tutto disinteressato.
Questa energia da
fusione nucleare – ove producibile - è
“carbon free and environmentally friendly” e assimilabile a quelle rinnovabili,
in quanto sfrutta una risorsa molto abbondante quale l’idrogeno, sebbene
attraverso i suoi due isotopi deuterio e
trizio, candidati maggiormente riconosciuti tra i più adatti per
processi di fusione nucleare.
È opportuno ricordare che nei processi di fusione nucleare la sezione d'urto σ esprime una quantità adoperata per descrivere il processo d'interazione tra particelle e quantifica la probabilità che una particella si fonda con un’altra, per darne una più pesante, ma con un difetto di massa rispetto alla somma delle masse delle particelle iniziali; ove il difetto di massa risultante nella fusione si trasforma in energia disponibile e/o dissipata. Come criterio generale, si assume che il tasso di fusione di particelle R che ha luogo per unità di volume ed unità di tempo è proporzionale, oltre che ad una costante k, al quadrato del numero delle particelle N e alla sezione d’urto σ delle stesse mediata su tutte le velocità v (dato che la sezione d’urto è funzione anche della velocità della particella solitamente distribuita secondo una distribuzione maxwelliana - vedi esempi in figura).
R = k (N^2) < σ v >
Si può constatare che la densità - strettamente legata al numero di particelle per unità di volume (legge quadratica) - è cruciale ai fini dell'innesco e mantenimento di un elevato numero di reazioni per unità di volume ed unità di tempo. Si può notare anche che nella relazione sopra indicata R non dipende direttamente dalla temperatura, ma le velocità medie (come pure l'intervallo delle velocità) aumentano all'aumentare della temperatura.
Quanto sopra è da considerarsi premessa introduttiva per valutare le novità riportate da un recente articolo (vedasi
https://oilprice.com/Alternative-Energy/Nuclear-Power/NASA-Doubles-Down-On-Nuclear-Fusion-Ambitions.html
da cui è tratto quanto segue) in cui si sostiene che la NASA ha raddoppiato le proprie
ambizioni sulla fusione nucleare. Si afferma in questo articolo che l'interesse
della NASA per la fusione nucleare ha ovviamente a che fare con la sua futura
strategia di viaggiare verso altri pianeti, anche attraverso le sue alleanze
con i partner commerciali. Infatti, l'energia nucleare potrebbe essere la fonte
di energia che offre potenza ed efficienza molto maggiori rispetto agli attuali
carburanti usati per missili. L'agenzia sembrerebbe anche interessata a
condurre energivore operazioni di estrazione e test su pianeti e asteroidi per
estrarre acqua, metalli e minerali.
La fusione nucleare,
dunque, potrebbe essere la fonte di energia che espande il potenziale della
NASA per una maggiore esplorazione spaziale insieme a partner come SpaceX,
Boeing e Blue Origin.
Gli analisti
energetici tendono a concordare sul fatto che la fusione nucleare dovrà
sostituire la fissione nelle centrali elettriche per riportare un maggiore
sostegno al nucleare come fonte di energia pulita. La sfida in questo caso sarà
accelerare il processo di sviluppo e ridurre gli enormi costi per portare la
fusione in linea con l'avvicinarsi dei mandati sui cambiamenti climatici. Un
progetto di ricerca della NASA potrebbe offrire un percorso per rendere
commerciale la fusione nucleare.
La novità riportata nell’articolo sopracitato
afferma anche che l'agenzia spaziale ha diffuso i risultati dei test di
"confinamento reticolare", che potrebbe trasformare la scala di
produzione e ridurre i costi per l'energia da fusione nucleare tanto attesa.
Potrebbe essere in grado di rimuovere, o almeno ridurre, una barriera chiave
che ha impedito per anni alla fusione di essere pienamente dispiegata.
Il su accennato metodo
di confinamento reticolare della NASA – che qui sembra ricordare molto da
vicino il caricamento di idrogeno negli elettrodi di palladio di cui si è
parlato sopra nella fusione fredda – consentirebbe all'energia cinetica a
livello di fusione di “riunirsi” a temperatura ambiente (guarda caso!). Ossia,
le condizioni sufficienti per la fusione vengono create all'interno del
reticolo metallico tenuto a temperatura ambiente. Il reticolo metallico viene
caricato con combustibile deuterio e, attraverso il nuovo metodo di
confinamento del reticolo, crea un ambiente energetico all'interno del reticolo
stesso in cui gli atomi possono acquisire energie cinetiche a livello di
fusione equivalenti.
Ma la vera novità che si rileva dall'articolo citato appare essere la seguente.
Una delle chiare differenze con la reazione di fusione a confinamento magnetico - che è la metodologia principale che sta guadagnando sostegno nella comunità della fusione - consiste nell'essere notevolmente più "densa", che è requisito attraverso cui la reazione può essere innescata. Un metallo come l'erbio (numero atomico 68, simbolo Er. ; un elemento delle terre rare che ha un aspetto argenteo metallico e fonde a 1529°C) può essere caricato con atomi di deuterio, imballando il combustibile un miliardo di volte più denso che nei reattori a fusione a confinamento magnetico (tokamak). Il nuovo metodo "riscalda" o accelera i deuteroni in modo tale da provocare reazioni di fusione D-D (deuterio-deuterio) in caso di collisione con un deuterone vicino.
La fusione a confinamento reticolare è stata segnalata all'inizio di quest'anno da un team
di scienziati con sede presso il Glenn Research Center della NASA a Cleveland.
In definitiva se le notizie rispondono a realtà si ha: alta densità, a temperatura ambiente (o comunque bassa rispetto agli altri sistemi), confinamento nel reticolo del materiale metallico.
Non si è avuto modo di
procedere ad una verifica delle informazioni e risultati qui ripresi e riportati dall'articolo citato, ma
certamente è vero che va necessariamente riaprendosi un po' ovunque nel mondo
occidentale l’interesse per la fusione nucleare, al fine di produrre una nuova e praticamente inesauribile fonte di energia.