Una particolare
riflessione e attenzione dovrebbero meritarla alcuni spunti qui trattati, che
non hanno pretesa di esaustività, né di
esattezza, il cui scopo è invece quello di una sorta di tentativo di “ragionamento
pubblicato per discussione”.
Mentre da noi i temi
che durante questi anni di crisi hanno tanto infiammato, ed infiammano tuttora
gli animi, sono stati quelli :
-
della sovranità monetaria ceduta a un
progetto europeo incompiuto (stati senza moneta ed Europa senza uno stato),
-
della introduzione dei capitali privati
nel fondo salva stati,
-
del fiscal compact e della crisi finanziaria,
-
del pareggio di bilancio in
costituzione,
al contrario in
Germania, il silenzioso vantaggio competitivo, conquistato sui differenziali di
inflazione rispetto agli altri paesi europei, dopo aver prodotto inusitati
saldi attivi nel commercio con l’estero, ha premiato ancora una volta questo
paese che ha fatto del rigore la propria e l’altrui disciplina in Europa.
Infatti, i giornali annunciano (vedi ad esempio:
che oggi si registra una
crescita record dei salari reali - mai così alta da un quarto di secolo – in un
momento in cui il paese deve far fronte a un milione di profughi.
Ma non basta, perché accanto
all’aumento di salari e stipendi, i prezzi al consumo nel peggiore dei casi restano
invariati, e la previdenza/assistenza ai disoccupati è definita da alcuni “quasi
alla maniera danese”, mentre si riduce il lavoro precario e quello dei mini job.
Perciò, in taluni commenti alla notizia
si ritrova il dubbio che forse "uber alles" lo siano veramente ;
sicuramente lo sono nella disciplina e nell’astenersi dal praticare aumenti di prezzi ingiustificati, ovvero
aumenti che non siano determinati da una significativa variazione dei costi
piuttosto che da un’arbitraria pulsione (come spesso da noi avviene!) ad
espandere i margini di profitto senza altra giustificata motivazione.
Per spiegare meglio ciò
che qui s’intende conviene fare un passo indietro nel tempo e riferirsi ai
parametri di Maastricht : inflazione
< 3% e rapporto deficit/pil < 3% .
Per non suscitare sospetti
in coloro che fossero “diversamente schierati” (e per esempio convinti che sia
tutto e solo causato della finanza) e convincerli della serietà del tentativo
di ragionamento, conviene riferirsi soprattutto alla Teoria Monetaria Moderna
(MMT) , alle sue tesi e algoritmi rigorosi, che vedono nel pareggio di bilancio
in costituzione una condanna alla mancanza di crescita e alla stagnazione, che
vedono nel deficit l'immissione di ricchezza da parte dello stato verso i privati e nel surplus di bilancio
ricchezza che lo stato ritira dai mercati. Tutto ciò, comunque, nella
consapevolezza che la ricchezza vera la produce l'intrapresa e non la finanza,
che al più ridistribuisce, o per meglio
dire, rastrella e reimpiega, soprattutto speculativamente, la ricchezza
prodotta dall'intrapresa. Insomma, un tentativo di ragionamento nella
consapevolezza e nella condivisione che la ricchezza vera non la produce la
carta stampata in forma di moneta o
quella creata attraverso forme derivate, ma soltanto il lavoro e la creatività
dell'uomo, delle comunità e delle nazioni cui essi appartengono.
In un momento in cui
3,5 miliardi di persone vivono a livelli di sussistenza con 2 dollari al giorno
- spingendo gli aspetti demografici in campi problematici attraverso l’incremento, ogni anno, di
ulteriori 60-80 milioni di poveri di cui solo 15 milioni riescono a trovare uno
sbocco attraverso le migrazioni, la decisione di porre un freno al debito
pubblico - che nell’immediato arricchisce, ma nel lungo termine espone al
fallimento - bisogna riconoscerla come una “politica” che può avere un risvolto
umanitario. Infatti, essa permette ad altri popoli che non l’ hanno mai
praticata, o perlomeno non l’hanno praticata in modo ricorrente, di utilizzare la
politica del debito pubblico come strumento di sviluppo per un periodo pur
lungo, ma limitato.
Detto ciò, torniamo ai
citati parametri di Maastricht : inflazione
< 3% e rapporto deficit/pil < 3% .
Sembra lecito presupporre che ponendo il limite del 3% sul deficit (secondo MMT
ricchezza immessa dallo stato verso i privati) e al tempo stesso il limite di
3% sull’inflazione, in un paese che per 10 anni si fosse sempre tenuto nell’intorno
di tutti e due questi valori (talvolta sforandoli di poco o talvolta non
raggiungendoli di poco) la ricchezza immessa dallo stato verso i privati
sarebbe stata in “termini reali” praticamente “nulla”. Diversa sarebbe stata
invece la sorte di un paese dove pur immettendo lo stato attraverso, il deficit,
il 3% (del pil) di ricchezza verso i privati, l’inflazione fosse stata tenuta bassa
nell’intorno dello 0,2% (per esempio attraverso una sorta di “patto sociale” tra
cittadini, imprese, commercianti, professionisti, etc. a non aumentare i prezzi
arbitrariamente). Infatti, in tal modo, ogni anno la ricchezza privata, grazie
al deficit sarebbe cresciuta in termini reali del
(3% - 0,2%) = 2,8% del
pil,
e in 10 anni il pil
sarebbe cresciuto di circa il
[(1+2,8%)10-
1]·100 = 32% circa.
Stimando intorno a circa
800 miliardi il pil italiano, e a 60 milioni la popolazione, in pratica ogni
Italiano ha perso ogni anno, in media, un possibile aumento di ricchezza reale di
373 euro e quindi 3730 euro in un periodo di 10 anni. Un nucleo familiare di 4 persone avrebbe avuto l'opportunità di accrescere il proprio reddito reale di circa 15 mila euro nel periodo, cifra tutt'altro che irrilevante.
Ovviamente possiamo
solo presupporre che le nostre istituzioni conoscano molto bene questi problemi,
sebbene resti da verificare se dall’introduzione dei vincoli di Maastricht le
politiche da loro messe in atto fossero tese all’obiettivo di massimizzare “il
bene comune della nazione”. Di certo la situazione attuale, di fatto, dimostra
che le politiche adottate, prescindendo dagli orientamenti politici dei governi
in carica che si sono succeduti, non hanno prodotto questi risultati, come
invece è avvenuto in Germania. Quali ne siano le cause richiederebbe un’analisi
storico, economica e sociale del nostro paese dall’entrata nell’euro.
In ogni caso, sembra si
possa affermare che mentre in Germania una sorta di patto sociale, tacito o
espresso, sia stato mantenuto nel corpo sociale della nazione ed abbia prodotto
risultati efficaci, visti i traguardi ivi raggiunti, da noi un simile patto
sociale non è stato attuato e reso efficace, forse per carenze istituzionali,
ma forse e più probabilmente per atteggiamento pseudo-individualista della
cittadinanza e del corpo sociale in generale. Da questo punto di vista, quindi,
l’ “uber alles” può avere un suo senso e quindi, lealmente : chapeau ai Tedeschi!
Se il tentativo di
ragionamento mostrerà serie “falle”, altrettanto lealmente non ci sarà difficoltà
ad ammetterlo e riconoscerlo.
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