venerdì 20 settembre 2019

INTERROGATIVI “TOWARDS THE ECONOMY OF FRANCESCO”: TRA CRESCITA E DECRESCITA LE VIE DEL PIL SONO INFINITE?

Dopo la pubblicazione dell'ultimo rapporto[1] dello European Environmental Bureau (EEB) - una rete di organizzazioni internazionali con sede in diversi Paesi - CRESCITA e SOSTENIBILITÀ non sembrerebbero compatibili, come non lo sembrerebbero – da alcune evidenze oggettive - SOSTENIBILITA' e DECRESCITA e quindi discesa del PIL. Quest’ultima opzione, ossia LA DECRESCITA - auspicata da più parti e ritenuta nel suddetto rapporto come unica vera opzione efficace ambientalmente – può essere veramente risolutiva? I riflessi sul PIL non genererebbero instabilità finanziaria (per insostenibilità dei debiti e crediti deteriorati) e a seguire instabilità politica, con conflitti inevitabili in un mondo nuclearizzato? In pratica la cura della DECRESCITA può rivelarsi peggiore del male che essa intende curare? Si tratta di temi molto complessi adatti proprio ad essere discussi tra economisti, imprenditori, ambientalisti ed esperti di finanza nel corso dell’evento Francesco’s Economy (marzo 2020?) da tenersi ad Assisi. In questa ottica il dibattito dovrebbe essere principalmente incentrato sull’energia e le risorse ancora disponibili; nonché su i riflessi sul clima; come pure sulle improrogabili necessità di attivare una ricerca straordinaria in campo energetico a livello globale.


A tale riguardo, tra la via della CRESCITA e quella della DECRESCITA, l’Italia, che da lungo tempo si muove a crescita prossima a zero, sembra praticare un improbabile “virtuoso attendismo” restando “ferma al palo”, fors’anche perché non tutti coloro che predicano a parole la DECRESCITA, poi di fatto la praticano. Così la DECRESCITA diviene la decrescita degli altri, ma non la propria.
Inoltre, ci sono sufficienti evidenze che i Paesi più ricchi oggi al mondo sono quelli che hanno un forte debito pubblico (o privato), per cui non crescere, o decrescere per permettere agli altri rimasti indietro di recuperare, implica dover rinunciare a generare ulteriore debito e quindi ad operare a “deficit zero”. Ma sono tutti disponibili a questo approccio, oppure, siccome i Paesi a più alto debito sono quelli più tecnologizzati e meglio armati, cadranno nella tentazione di usare la forza militare per difendere i loro privilegi e i loro attuali livelli e stili di vita? In definitiva la loro Cultura e Civiltà, per quanto poco umanitarie possano essere divenute nel tempo?
Quì si riporta uno schema che insieme agli interrogativi già in http://roccomorelli.blogspot.com/2019/08/crescita-del-pil-e-sostenibilita.html vogliono costituire materiale di riflessione allargata su questi temi rilevanti per noi stessi, per le future generazioni, per la casa comune TERRA che abitiamo, per umanizzare il profilo etico oggi dominante, qualora esso venga riconosciuto inadeguato e controproducente per il bene comune.
Viene quindi voglia di dire che TRA CRESCITA E DECRESCITA LE VIE DEL PIL NON SONO INFINITE, MA QUELLE DEL SIGNORE SI, perché se non fosse così potremmo già essere spacciati, se è vero che i cambiamenti climatici sono già da tempo in atto. E' dunque un problema di accertamento della VERITÀ, ossia un problema di verità scientifica rimasto irrisolto(https://www.startmag.it/energia/500-scienziati-greta-clima-onu-emergenza-climatica/), visto i diverbi ancora esistenti, oppure è un problema di irresponsabilità mosso da interessi? Attuare un gravoso percorso di DECRESCITA, tutt'altro che felice, per motivi di prudenza, implica accertamento (in parallelo) della VERITÀ e conseguente assunzione di RESPONSABILITÀ, ma non sicuramente attuazione precauzionale della DECRESCITA in maniera nascosta alla maggioranza degli interessati.

ALCUNE CONSIDERAZIONI

Nella prospettiva di una Francis’s Economy, è proprio in questi ragionamenti con substrato etico (custodia del creato e innalzamento delle condizioni di vita di chi è rimasto indietro) che dovremmo ravvisare le vere motivazioni per gestire l'economia nazionale in situazioni di pareggio di bilancio e, possibilmente, ridurre tutti i debiti accumulati che limitano l'altrui crescita; non certo per "obbedire" a comando al pur pericoloso “spread" e ai "mercati", come taluni tendono a voler insegnare[2]. Infatti, in un caso è in gioco l’intero fondamento etico della odierna civiltà giudaico-cristiana, tutta originatasi in occidente, mentre nell'altro sono in gioco soltanto effimeri e caduchi aspetti di potere o predominio nello scacchiere internazionale, volti – ben che vada - a soddisfare l’istinto di potenza di chi non vuole rassegnarsi al presumibile "egalitarismo" necessario ad un futuro multietnico, come sembra già farsi intravedere, sebbene in maniera problematica. Ma, ridurre i debiti accumulati implica certamente evitare gli sprechi, ridurre i consumi attraverso più sobri stili di vita, aumentare l’efficienza pubblica e privata di tutto il sistema economico, orientandosi in modo green negli investimenti e nei consumi. Altrettanto certamente, però, ciò va fatto, piuttosto che brandendo il conflitto e la Forza (commerciale, finanziaria o militare), attraverso un difficile gioco di equilibri tenendo in equilibrio la produzione e la domanda di beni e servizi necessari alla vita di un Paese, poiché non appena la domanda (e quindi la spesa) diminuisce, nonostante il pareggio di bilancio la sostenibilità e la riduzione del debito “va a farsi benedire” e si allontana sempre di più, poiché interviene "la crisi" (nell'ultima delle quali il nostro Paese ha perso il 30% della sua industria). Crisi che vengono risolte, come si è visto in Grecia, in tutt'altro modo che attraverso quel soccorso che imporrebbe la solidarietà cristiana verso il vicino, il prossimo, verso "un membro della famiglia" europea. E' da qui che sono originati i Sovranismi oggi conflittuali, ma nessuno vuole prendersi apertamente la responsabilità (o il privilegio?)  di averli innescati. Eppure, tra Sovranisti cristianamente orientati si nutre la convinzione che l'economia noachica delle Nazioni è frutto divino e non umano[3], poiché la confusione delle lingue e la distruzione di Babele fu conseguenza dell'ambizione di Nimrod di unificare i Regni della Terra, compito possibile solo a Cristo alla Fine dei Tempi. Pertanto. sino a quel momento l'Universalismo è limitato all'annuncio della Salvezza offerta a coloro che aderiscono al messaggio cristiano, ma il governo deve rimanere alle nazioni, a meno di non volere una nuova Babele, un nuovo Nimrod, una nuova confusione delle lingue e diaspora.



E’ dunque nel senso di responsabilità e di attaccamento a questa nostra civiltà giudaico-cristiana, disdegnata dall’Europa nei suoi fondamenti costituzionali, che trovano ragione le preoccupazioni su questi difficili argomenti e orientamenti, che ci si augura possano divenire oggetto di dibattito “TOWARDS THE ECONOMY OF FRANCESCO”.







[1] Tale rapporto è reperibile al seguente link:


 vedasi anche 

[3] vedi C.C.C. e https://roccomorelli.blogspot.com/2017/01/unita-globale-versus-economia-delle.html




4 commenti:

  1. La lettura di questo articolo su ANSA
    http://www.ansa.it/canale_ambiente/notizie/clima/2019/09/23/clima-rapporto-oxfam-i-piu-poveri-non-possono-difendersi_bba1a539-2865-426e-acaa-75e64e000736.html

    pone immediatamente un interrogativo. Se abbiamo veramente a cuore le sorti di queste popolazioni in difficoltà per i cambiamenti climatici e per le drammatiche condizioni di vita in cui versano, non si potrebbe per esempio - anziché fissare le quote latte in UE a protezione di aspetti commerciali in un LIBERO MERCATO (sic!...) produrre tutto il latte che si riesce a produrre e inviare le eccedenze di tutta la UE a coloro che hanno una produzione insufficiente? Forse qualcuno ha dimostrato che ciò implica depauperazione delle RISORSE disponibili?

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  2. Se è vero che il cambiamento climatico ha effetto così dirompente per il pianeta e la civiltà umana, alla stregua di un conflitto nucleare, perché l'argomento, le discussioni e le decisioni conseguenti non sono ancora materia del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite?

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  3. https://www.ilsole24ore.com/art/gli-ostacoli-emissioni-zero-AClfGtm
    QUATTRO GRANDI OSTACOLI per azzerare le emissioni nette di gas serra entro il 2050, e poi mantenere un saldo negativo:
    1)mancanza di progetti veramente audaci
    2)resistenza degli interessi costituiti
    3)la politica dei Paesi produttori di combustibili fossili (Usa, Russia, Australia, Canada, Arabia Saudita e pochi altri grandi produttori fossili)
    4)il nazionalismo (cooperazione regionale per collegare la rete energetica ai mercati dell’elettricità)

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  4. https://www.adnkronos.com/soldi/economia/2019/10/12/crisi-climatica-arriva-manifesto-per-economia-misura-uomo_xSqH6Ogna9BvtAzoW9b8rJ.html

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