lunedì 30 giugno 2025

"LA GIRANDOLA" (2025) A CASTELSANTANGELO

 Una tradizione secolare che si rinnova ogni anno, il 29 di Giugno, in occasione della Festa dei Santi Patroni Pietro e Paolo della Roma - "Caput Mundi". La tradizione popolare la fa risalire a Michelangielo e vi sono evidenze pittoriche a partire dal 1600 che avvalorano questa tradizione (vedasi ad esempio Giovanni Maggi, Girandola a Castel Sant'Angelo (1600); oppure  La girandola nel 1775 a Roma, dipinta da Jakob Philipp Hackert di cui si riporta l'immagine seguente).



Anche quest'anno la tradizione è stata rispettata e le istantanee che seguono ne sono una testimonianza fotografica  di coloro (Annalisa e Tommaso) che hanno assistito all'evento.
















Grazie ad Annalisa e Tommaso per queste belle immagini messe a disposizione di tutti.

mercoledì 4 giugno 2025

In attesa dell'Aurora Boreale si ritrova l'Orsa Maggiore da cui imparare dove si trova la Stella Polare

Non è un fatto nuovo che le emissioni di massa coronale nel corso del naturale ciclo solare, se di sufficiente potenza come è accaduto tra il 1 e 2 giugno 2025, possono dare luogo ad aurore boreali che talvolta sono divenute visibili anche nel centro-sud Italia. Nella speranza di poter assistere a questo spettacolo straordinario per molti versi, due giovani hanno fatto le quattro del mattino sulle montagne del Gran Sasso. Le attese aurore boreali non le hanno viste, ma sono tornati a casa con qualche foto di un cielo stellato non più visibile nei centri cittadini a causa dell'inquinamento luminoso, che in qualche misura sembra affliggere anche le più alte montagne dell'Appennino.

In una di tali foto è visibile il Grande Carro dell'Orsa Maggiore, ma non bene il Piccolo Carro e quindi la stella Polare. Fornendo tale foto a ChaGPT è stato chiesto di individuare e marcare la posizione del Piccolo Carro e della Stella Polare. Ed ecco un estratto del risultato in Fig. 1....(aldilà dell'errore di scrittura con "Litte" invece di "Little"- Anche ChatGPT sbaglia e questo lo rende più "Umano"👼! )

                                    Fig. 1 - Immagine restituita da ChatGPT dopo la richiesta


    Fig. 2 - Uno stralcio ingrandito di Fig. 1

"Piccolo Carro" è il nome informale per l'asterismo (una sequenza di stelle riconoscibile) che fa parte della costellazione dell' "Orsa Minore". Nello specifico, si riferisce alle sette stelle più luminose della costellazione dell'Orsa Minore (poco visibili nella foto, cosa che ha motivato la richiesta a ChatGPT). Queste stelle compongono una forma che ricorda un piccolo mestolo, simile al Grande Carro nella costellazione dell'Orsa Maggiore.

Interrogato sul metodo utilizzato per il posizionamento della stella Polare e del Piccolo Carro, ChatGPT risponde nel modo seguente:

Per quanto riguarda la posizione del Piccolo Carro e della stella Polare:

  • Il posizionamento è stato fatto usando una combinazione di riferimento angolare e geometrico rispetto al Grande Carro. Le due stelle più esterne della “ciotola” del Grande Carro (Dubhe e Merak) puntano verso la Polare. Questa è una regola astronomica ben nota e precisa, quindi il tracciamento verso la Polare è stato fatto seguendo quella direzione.

  • Una volta identificata la Polare, il Piccolo Carro è stato stimato con proporzioni e angoli tipici, tenendo conto delle posizioni relative delle sue stelle rispetto alla Polare. Tuttavia, trattandosi di una foto reale e non di una mappa stellare interattiva, potrebbe esserci un piccolo margine d’errore nella disposizione.

In Fig. 2 è riportato uno stralcio ingrandito dove à mostrata la menzionata "regola astronomica ben nota e precisa", che sicuramente è sufficiente per l'orientamento del "viandante sperduto", ma non per il tracciamento verso la Polare in problemi di astronomia, anche se, di fatto,  poi si  segue quella direzione. Di sicuro ChatGPT è in grado già al suo stadio di sviluppo attuale di fare meglio di quanto qui mostrato, ma ciò richiederebbe tempi di impegno del sistema e di elaborazione molto più lunghi, di quelli già lunghi, per giungere a quanto qui sopra mostrato.

Grazie al sacrificio dei due giovani citati sopra, che hanno fatto le quattro del mattino, si riporta qui di seguito in Fig. 3, per concludere,  una foto presa in quella notte della nostra Via Lattea, molto ben visibile. 


                                                                    Fig. 3 Via Lattea

Secondo ChatGPT, che ha analizzato questa immagine in Fig, 3:“La Via Lattea appare come una fascia luminosa che attraversa il cielo, densa di stelle e attraversata da zone oscure, come quelle visibili al centro della foto. L'immagine mostra anche una probabile meteora o satellite nella parte bassa, a sinistra.” Più in particolare :

Segni distintivi della Via Lattea presenti nell'immagine:

  1. Fascia luminosa irregolare e diffusa:

    • Al centro dell'immagine si nota una striscia chiara e densa di stelle che attraversa la foto in diagonale.

    • Questa è una delle firme più caratteristiche della Via Lattea: è il piano della nostra galassia, visto dall’interno.

  2. Zone scure (nebulose oscure):

    • Ci sono aree più scure all'interno della fascia luminosa, in particolare nella parte centrale e inferiore. Queste sono nubi di polveri interstellari che oscurano la luce delle stelle dietro di esse.

    • Un esempio noto di queste strutture è la "Fessura del Cigno" (Cygnus Rift), visibile nella parte nord della Via Lattea.

  3. Alta densità di stelle:

    • Rispetto al resto del cielo, la fascia della Via Lattea mostra una concentrazione nettamente più alta di stelle.

    • La loro disposizione non è casuale: seguono una struttura più o meno allineata, coerente con la forma della galassia.

  4. Colore giallastro/marroncino tenue:

    • La parte centrale mostra una leggera sfumatura giallo-marroncina, tipica della zona del bulbo galattico, dove ci sono molte stelle vecchie e polveri.

  5. Scia luminosa obliqua in basso (possibile meteora o satellite):

    • Verso il basso a sinistra, si nota una linea sottile chiara che attraversa parte dell’immagine: potrebbe trattarsi di una meteora, oppure di un satellite/artificio luminoso, visibile durante l'esposizione.

e dulcis in fundo:

Al centro della nostra galassia si trova un buco nero supermassiccio chiamato Sagittarius A*, con una massa pari a circa 4,3 milioni di volte quella del Sole. Questo buco nero si trova nella direzione della costellazione del Sagittario, dove osserviamo anche la parte più luminosa e densa della Via Lattea. Anche se oggi è relativamente tranquillo, (in passato potrebbe essersi comportato, o) in futuro potrebbe comportarsi come un AGN, un nucleo galattico attivo capace di emettere enormi quantità di energia.

venerdì 14 marzo 2025

RIFLESSIONI SU UN EVENTUALE "NUOVO NUCLEARE IN ITALIA"

 Sull'argomento di UN EVENTUALE "NUOVO NUCLEARE IN ITALIA"si forniscono di seguito due link per una riflessione:

1) Ad un articolo di Paolo Allievi apparso sulla Rivista dell'Ordine degli Ingegneri di Roma e reperibile al https://ioroma.info/pubblicazioni/rivista-4-2024-2/  di cui si riporta di seguito uno stralcio di sintesi:



2) Ad una conversazione sostenuta in data odierna con ChatGPT reperibile al  https://chatgpt.com/c/67d4123a-c120-8000-b5d4-009add210094 dove è stata posta la seguente domanda :

<<1) Quali sono le Riserve di Uranio stimate oggi nel Mondo e quanto possono ancora durare al tasso di sfruttamento attuale e con le attuali tecnologie? 2) Supponendo che lo sfruttamento dell'Energia Nucleare per produzione elettrica, da oggi in poi aumenti secondo la crescita media mondiale di PIL, ma attraverso tecnologie autofertilizzanti si siesca a utilizzare al 100% delle risorse, ossia tutto l'uranio (235 e 238, nonchè il plutonio prodotto già e da produrre con nuove tecnologie) quanti anni di produzione nucleare sarebbero assicurati ancora? 3) puoi per favore fornire fonti e riferimenti di dati e stime? >> ,

ricevendo come Conclusioni la seguente risposta riportata in stralcio:

  1. Riserve attuali: Le riserve “commercialmente estraibili” sono stimate intorno ai 5–6 milioni di tonnellate, che a consumo costante garantirebbero circa 80–100 anni di produzione.
  2. Scenario autofertilizzante: Utilizzando tecnologie in grado di sfruttare l’intero potenziale del combustibile (inclusi U-238 e plutonio) e ipotizzando una crescita annua della domanda del 3%, le risorse potrebbero estendersi, in linea di massima, fino a circa 170 anni.
  3. Riferimenti: Le stime si basano su analisi riportate nel Red Book (IAEA/NEA), nei report della World Nuclear Association e documenti della OECD/NEA.

Questi risultati sono naturalmente approssimativi e dipendono da molte variabili – tecnologiche, economiche e politiche – che possono evolvere nel tempo.

Un "Bravo" all'Ing.  Allievi, poichè torna l'ordine di grandezza della prospettiva temporale della durata delle risorse (170 anni) anche se stimate tramite AI. Comunque è bene  ricordare che l'arricchimento per es. per EPR (ma forse anche per AP1000) può arrivare a 4 o 4,5% e quindi più elevati volori di burnup che riducono l'entità della prospettiva temporale. In ogni caso il nucleare futuro non sarà come quello che abbiamo già conosciuto  (labour intensive), ma piuttosto sarà uno o più SMR/AMR ricaricaribili in fabbrica e non in sito (quindi capital intensive) così il prezzo dell'energia non verrà sostanzialmente stabilito  localmente. Ancora complimenti a Paolo per il lavoro svolto. 

 P.s. Comunque le riserve sono funzione dell'energia impiegata per l'estrazione etc. ed è probabile che in futuro vengano riviste al rialzo.🙋‍♂️


venerdì 29 novembre 2024

Leopardi: philosophy, philosophers and other questions

Leopardi: philosophy, philosophers and other questions.

By Prof.Ernesto PELLECCHIA

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A research on Leopardi the philosopher. A recent work by Prof. E.Pellecchia, original Promoter and Creator of the Giovenale prize (Aquinate literary event). The original Italian version is available in Open Access at the following link: https://zenodo.org/records/14246558 .

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“Philosophy is the science with which or without which one stands still at the same stitch”.

This is the goliardic aphorism spread among students who do not like philosophy and use this singular formula to denounce its substantial uselessness in the process of knowledge and intellectual and cultural formation that they are facing.

There is no doubt that linguistically and conceptually this definition presents evident characteristics of crudeness; nevertheless in the apparent banality of that formula lies a sort of prejudicial “hostility”, an instinctive refusal, a real repulsion towards a discipline considered, instead, by philosophers, scholars and teachers, among the noblest and most formative disciplines of the intellectual structure of young students..

There would be no mention of this singular and virtual logomachy, fought, moreover, by contenders equipped with visibly unequal weapons, if in support, at least in some aspects, of the thesis of those students there had not been an illustrious and unsuspected defense attorney: Giacomo Leopardi. And it would be wrong to think that the poet from Recanati had limited himself to some incidental expressions, to some brief and occasional parenthetical reflections on the question. On the contrary: in the course of the more than 4000 thoughts of the Zibaldone formulated between 1817 and 1832, Leopardi was the author of many reflections, conceptually organic and articulated on philosophy and philosophers. Reflections of extreme clarity even linguistically.

Already in April 1820 (Zibaldone, thought 111) he observed how “philosophy and the use of pure reason ……. have stiffened and sterilized this poor life, and how all the beauty of this world consists in the imagination which can be compared to words and to construction and to various bold and figurative constructions.”

In truth, the controversy over reason, which is philosophy's elective and exclusive instrument of investigation, began three years earlier (ZIB. 114,115): "Reason is the enemy of all greatness... I mean that a man will be less and more unlikely to be great the more he is dominated by reason... nature is great and reason is small."

A controversy that will run through the entire composition of the Zibaldone, if it is true that Leopardi will renew it several times: for example in thought 17 (reason, which he defines as psychological art, has the responsibility of "making all inspiration, all poetry vanish... and of destroying the illusion, without which there will be no poetry forever, and the greatness of the soul and of actions"); or in thought 1825 ("I condemn reason insofar as it grows and changes in such a way that it becomes the main obstacle to our happiness, the instrument of our unhappiness, the enemy of the other natural qualities of man and of human life."); or in a very long series of other thoughts scattered throughout the collection, not the least of which Leopardi formulates by borrowing words from Rousseau's Thoughts (1,207):

  ”La  seule raison n’est point active; elle retient qulquefois,rarement excite, et jamais elle n’a rien fait de grand”(Zib.4492).

Reason reveals itself as the permanent polemical idol of Leopardi's thought, made the object of a progressive and systematic contestation and demolition, which knows no pauses or breaks or drops in tone. The anti-rationalist polemic of the poet from Recanati legitimately introduces us to the ideological core of these brief notes: the troubled relationship between Leopardi and philosophy.

It was a tormented relationship, lived between criticisms of unusual and unexpected harshness and explicit, repeated admissions of the extraordinary potential of philosophy in the implementation of the process of knowledge of the richness and complexity of human experience. Potential mortified and sterilized, in Leopardi's opinion, by the unfortunate habit of philosophers, especially the German ones but not only them, to close themselves in an ivory tower, in a complacent, arid and sterile self-referentiality, far from what the poet from Recanati calls "the system of nature". But let us hear Leopardi: "Accustomed, those philosophers, to not reading, to not thinking, to not considering, to not studying anything other than philosophy, dialectics, metaphysics, analysis, mathematics,... their minds completely unpoeticized,... and to consider and place their profession a thousand miles away from everything that pertains to imagination and feeling,... identified with pure reasoning, knowing no other existence in nature than the calculated, the reasonable, free from every passion, illusion, feeling, they err at every turn reasoning with the most exquisite accuracy. It is most certain that they have ignored and ignore the greatest part of nature and of the very things they deal with... and the greatest part of the very truth to which they have exclusively dedicated themselves" (Zib.1835|1836 of 4 October 1821).

The year before, on June 7, 1820, broadening, historicizing and, so to speak, politicizing the analysis of the limits and inadequacies of philosophy in its presumption of laying the foundations of the freedom of peoples, he had affirmed: "The safeguard of the freedom of nations is not philosophy nor reason... but virtues, illusions, enthusiasm... And a people of philosophers would be the smallest and most cowardly in the world. Therefore our regeneration depends on a, so to speak, ultra-philosophy, which, knowing the intimate and the entirety of things, brings us closer to nature" (Zib.115).

And nature is for Leopardi life itself, in the richness and complexity of its manifestations.

Leopardi reiterates these limits and this inadequacy by underlining the responsibilities of philosophers: "The analysis of ideas, of man, of the universal system of beings, must necessarily fall in great and principal part on the imagination, on natural illusions, on passions, on everything that is poetic in the entire system of nature.

This part of nature is not only useful, but necessary to know the other, indeed one cannot be separated from the other in philosophical meditations. The said analysis in order to philosophy must be done not by the imagination or the heart, but by cold reason, which enters into the most secret recesses of both. But how can he do the said analysis who does not know all the said things from his own experience or knows them almost nothing?.......he who does not know nature knows nothing and cannot reason, however reasonable he may be" (Zib.1835).

So who appears to be the real defendant in this very harsh indictment by Leopardi? Perhaps philosophy in its autonomous disciplinary structure, with its rules, its binding constraints that imprison philosophers within a predetermined conceptual organization, a rigid and impermeable enclosure of pre-established investigation and research and, above all, of an exclusively intellectualistic nature, from which the analysis of that extraordinary interior world of man in which imagination, feeling, illusions, passions and enthusiasm pulsate at every moment is absolutely and completely excluded?

Or are the real defendants the philosophers, especially the Germans, who from the seventeenth century onwards have in fact transformed philosophy into a sort of mathematics that uses words instead of numbers in a dialectical exercise, purely academic, narcissistic and self-referential, whose echo does not go beyond the walls of the ivory towers within which they have deliberately and aristocratically locked themselves?

Leopardi's answer does not lend itself to any kind of misunderstanding: "He who does not have or has never had imagination, feeling, capacity for enthusiasm, for heroism, for vivid and great illusions, for strong and varied passions... absolutely cannot be a great, true and perfect philosopher, indeed he will never be anything other than a halved philosopher, with short sight, with a very weak eye, with poor penetration, however diligent, patient, subtle, dialectical and mathematical he may be; he will never know the truth, he will persuade himself and prove with possible evidence very false things." (Zib. 1833).

But he will say even more clearly and explicitly the next day, October 4, 1821: "The philosopher is not perfect, if he is only a philosopher, and if he employs his life and himself only to the perfection of his philosophy, of his reason, to the pure discovery of the truth which is also the only and pure aim of the perfect philosopher. Reason needs imagination and the illusions that it destroys" (Zib.1839).

In other words: if philosophy reveals itself to be a purely intellectualistic discipline and incapable of projecting its gaze and developing its analyses on the richness, variety and complexity of the movements of the human soul as they unfold and manifest themselves in the extraordinary mystery of life, it is due exclusively to those philosophers who have made philosophy a sort of exclusive cultural area reserved for sterile yet refined dialectical exercises, incapable of arousing interest and emotions in readers.

But Leopardi is perfectly aware of the difficulty of identifying this figure of the perfect philosopher who is at the same time the supreme philosopher and the supreme poet: "So you see how difficult it is to find a perfect philosopher. It can be said that this quality is the rarest and strangest that can be conceived and that only one arises every ten centuries, if one has ever arisen." He, retracing the very long history of philosophy, identifies very few: among the moderns Rousseau and Pascal "almost mad because of the strength of his imagination at the end of his life"; among the ancients above all Plato "the most profound, vastest, most sublime philosopher of all the ancients, who dared to conceive a system which embraced all existence, and gave reason for all nature, and was in his style and in his inventions as much a poet as everyone knows" (Zib. 3245 of 23 August 1823).

This red thread of Leopardi's analysis of philosophy and philosophers will re-emerge in general lines several times, albeit intermittently but with some subtle adjustments, some of which are unexpected and surprising, in the more than one thousand thoughts that constitute the final part of the Zibaldone closed by thought 4526 of 4 December 1932.

In the margin of this necessarily synthetic and schematic reconstruction of Leopardi's analysis, some observations can be made:

1) It is evident that in Leopardi's reflections the mind and soul of someone who feels himself first and foremost a poet and the experience (in the semantic sense of the term) of a restless and tormented human story, lived permanently between illusions and disappointments in a swing of hope and despair, have significantly influenced the severe judgment of the poet from Recanati on the purely intellectualistic, academic and self-referential nature of philosophical research, especially that conducted by German philosophers between the end of the seventeenth and eighteenth centuries;

2) We do not know whether the criticisms that Leopardi addressed to German philosophers during the fifteen years of composition of the Zibaldone aroused the attention and interest of German intellectuals; it seems extremely unlikely, also because only in the first months of 1832 a dear friend of Leopardi, the Swiss philologist Luigi De Sinner, who had taken on the task of disseminating the poet's works in Europe, was able to announce to Leopardi that the German poet and philologist F.H. Bothe would publish in the magazine "Altes und neues" the translation of the Ultimo canto di Saffo, of A Silvia and of the moral operetta the Dialogo di Federico Ruysch e le sue mummie. Of that publication, however, no trace remains and therefore we cannot know what reception that initiative had among German intellectuals. But, on the other hand, within the initiatives launched to spread the figure and the work of Leopardi in Germany, another event is documented (completely unexpected and unforeseeable if one considers the initial interest aroused, in truth, more by the thinker than by the poet among German intellectuals) which caused great bitterness in the Recanati native: in issue 55 of April 1832 in the magazine Hesperus published in Stuttgart, the translations of the song Il Sogno edited by the chief editor Notter and of the moral operetta Il Cantico del gallo silvestre edited by F. Henschel appeared. The latter, within a broad bio-bibliographical profile dedicated to Leopardi, referring explicitly to his philosophical conception, simplistically and banally affirmed that the painfully pessimistic vision of the Recanati native arose solely from his infirmity, debasing the depth and complexity of his philosophical meditation.

To the bitterness was added in the soul of the poet a sort of annoyance generated by the intellectual crudeness and the uncritical and prejudicial nature of that judgment, which deliberately avoided addressing the merits of philosophical questions, even falling into the offense to the human and personal dignity of the poet. This wounded and mortified state of mind induced Leopardi to a linguistically and conceptually particularly and unusually harsh response. In fact, on May 24, 1832 he wrote to his friend de Sinner a letter in French (of which we report here an excerpt in my Italian translation) in which among other things he said: "Whatever my misfortunes, I have had enough courage not to try to alleviate their weight either with frivolous hopes ... nor with the resignation typical of the weak ... Precisely by virtue of this courage, since my research directed me to a desperate philosophy, I did not hesitate to embrace it entirely; ... It is only because of the weakness of men that my philosophical opinions have been considered the consequence of my sufferings and that they persist in attributing the origin of my thought to physical causes. Before I die I want to protest against this invention of intellectual weakness and vulgarity and ask my readers to try to refute my observations and my reasoning without calling into question my infirmities.”

Henschel's remained the only, albeit unpleasant, polemical note in the initial stages of the process of dissemination of Leopardi's works in Germany; indeed, it can be said that interest in our author grew progressively to the point that in 1836 in Leipzig the translation of the entire collection of Canti was printed for the first time, edited by Karl Kanniggiesser on the basis of the Italian edition of 1831.

3) In conclusion of this interesting, albeit brief, journey into the surprising, stimulating and evocative reflections that Leopardi spread over the 15 years of composition of the Zibaldone on the theme of the relationship between philosophy and poetry, and between philosophers and poets, the author of these notes may be forgiven for daring to formulate the following malicious question: when Leopardi affirmed, and he did so countless times, that the perfect philosopher must be at the same time the supreme philosopher and the supreme poet, was he perhaps thinking of himself?

A question that is not entirely unfounded if one takes into account the opinion of Emanuele Severino, one of the most illustrious contemporary Italian philosophers, on Leopardi the philosopher: after having stated that our man is the perfect incarnation of the “thinking and poetic poet-genius”, he affirmed that “in this historical circumstance, Leopardi must be recognized for his merit, as a philosopher, in having laid the foundations for the destruction of Western tradition, and, as a poet, in having offered, through poetry, not a way to achieve a happy life, which was the unattainable goal of his existence, but certainly a way, if not the only one at least the most suggestive, to make life less barbaric and miserable”.

lunedì 25 novembre 2024

“Juvenaliana XX Edizione” - Premio Giovenale 2024

E’ riportata, qui di seguito, una sintesi in merito a “Juvenaliana XX Edizione” - Premio Giovenale 2024, assegnato al Direttore del Corriere della Sera Luciano Fontana. Organizzato in Aquino, antico insediamento Romano che diede i natali a Giovenale (oltre che a S.Tommaso), l’evento si è svolto in due pomeriggi letterari: il primo il 9/11/2024 nell’antica cornice, densa di tradizione e di storia, della chiesa di S. Maria della Libera; ed il secondo il 23/11/2024, nella Sala Consiliare del Comune di Aquino che ha patrocinato l’evento, come da locandina:


Dopo i saluti iniziali del Presidente della Pro-Loco Renzo Centofante e quelli del Sindaco Fausto Tomassi, q
uesto prestigioso riconoscimento "Premio Giovanale", organizzato dalla Pro Loco di Aquino, è stato attribuito a Luciano Fontana, direttore del Corriere della Sera e originario di Frosinone. La premiazione si è tenuta, nella prima delle due serate previste, presso la Chiesa di Santa Maria della Libera, con la partecipazione di autorità locali e un vasto pubblico.


Fontana è stato premiato per la sua chiarezza e coerenza giornalistica, qualità che lo distinguono nella divulgazione al servizio dei lettori. Durante l'evento, ha anche risposto a domande su temi di politica internazionale, sottolineando i successi della testata che dirige, soprattutto nella transizione digitale.


Con il soprano Elisa Cardinali e al pianoforte il maestro Diego Alfonso l’intermezzo lirico-musicale con l’incantevole brano “Lascia che io pianga “ di Händel, ha sottolineato il meritorio classicismo della serata, conferendogli un tocco di eleganza, di tradizione e di valori culturali durevoli, aldilà di ogni contingente crisi.

La manifestazione, intitolata al poeta satirico romano Decimo Giunio Giovenale, ha avuto il sostegno di diversi partner, tra cui la Banca Popolare del Cassinate, la Pietrantuono Gioielli, TeleUniverso, UniVoices Academy, insieme alla Pro-Loco-Aquino.

 Il secondo incontro, svoltosi nella Sala del Consiglio Comunale, ha continuato a celebrare il legame tra cultura e tradizione, con interventi di figure di spicco della cultura e del territorio. Entrambi gli incontri hanno avuto una introduzione da parte di Camillo Marino, apprezzato poeta vernacolare e collezionista locale.

L’evento è divenuto uno dei numerosi vanti per la regione Lazio, poiché mantiene viva la tradizione culturale locale attraverso il dialogo e l'omaggio alle eccellenze italiane nel campo dell’informazione e della cultura.

Il premio, nato grazie all'iniziativa dell'Aquinate “DOC” Prof. Ernesto Pellecchia - peraltro autore di “Levia Gravia”, una preziosa miscellanea in 18 brani, che hanno scandito la sua storia di insegnante - tenendo conto anche delle precedenti edizioni, puo' aiutare a ricostruire il ruolo di questo intellettuale nell'ambito di questo Premio.

Il professor Ernesto Pellecchia, figura centrale nella nascita del Premio Giovenale ad Aquino, ha avuto un ruolo cruciale nella promozione di questo evento culturale, il quale è stato istituito per valorizzare lo studio e l'eredità del poeta satirico Giovenale. L'iniziativa, che porta la sua firma, ha progressivamente consolidato un prestigioso albo d'oro, con l'intento di legare la tradizione classica all'arte e alla cultura contemporanea.

Pellecchia è stato spesso ricordato dagli organizzatori e dalle autorità locali per il suo contributo "encomiabile" nel fondare e mantenere vivo l'evento. Grazie al suo impegno, il Premio non si limita alla consegna di riconoscimenti, ma include approfondimenti accademici e letterari, rafforzando il legame tra Aquino e il patrimonio culturale classico. È stato anche menzionato come figura di riferimento da rappresentanti del Comune, della Pro Loco e da istituzioni accademiche, sottolineando l'importanza della sua visione per la crescita culturale della regione.

La sua opera continua a essere una fonte d'ispirazione per il mantenimento e il successo del Premio, che oggi viene riconosciuto come un'eccellenza del territorio laziale e un appuntamento di rilevanza nazionale e internazionale nella promozione della cultura classica e moderna.

Nella serata del 9/11/2024 il Prof. Marcello Carlino ha illustrato una sua breve ed interessante riflessione dal titolo "Le ultime parole famose" su frasi celebri di Giovenale, partendo dalla famosa “Panem et Circenses” come pure dalla “Quis custodiet custodes?” per giungere ad un aggancio critico ai tempi che viviamo, esplorando così il significato delle sue massime nella società antica e il loro riflesso sull'attualità.(Vedasi  link https://roccomorelli.blogspot.com/p/giovenale-e-le-ultime-parole-famose.html) L'analisi di Carlino pare evidenziare, al tempo stesso, la forza critica delle satire di Giovenale, in particolare il modo in cui denunciava le corruzioni morali e sociali del suo tempo, utilizzando un linguaggio incisivo e memorabile. Frasi che ormai vengono interpretate come testimonianze del dissenso intellettuale contro le ingiustizie e la decadenza.

Nella serata del 23/11/2024 sono stati trattati dalla Prof.ssa Rita Cuccioli Melloni - Università di Bologna: la Satira Juv.3:Prologo ed epilogo; mentre la Prof.ssa Marta Maria Perilli - Scuola Normale Superiore di Pisa – ha trattato il tema: Giovenale ed Ulisse nella Satira 15. Viene fornita la seguente breve sintesi delle due Satire e un commento riassuntivo su di esse.

 1.     Satira 3: Prologo ed Epilogo (Prof.ssa Rita Cuccioli Melloni)

La Satira 3 di Giovenale è un lungo monologo pronunciato da Umbricio, che annuncia il suo abbandono di Roma a favore di una vita più tranquilla in campagna. Nel prologo, viene descritta una Roma degradata e caotica, infestata da crimini, conflitti sociali e ipocrisia. Umbricio lamenta il trionfo della corruzione, l'avidità, e il declino dei valori morali. Egli inveisce contro la multiculturalità romana, percepita come una minaccia alla purezza culturale tradizionale. Nel finale, viene sottolineata la disillusione nei confronti della società, con l'accento sulla fuga come unica via di salvezza.

Questa satira è una critica feroce della Roma del tempo, dove l’urbanizzazione e la politica hanno generato un senso di alienazione. Umbricio, rappresentando Giovenale, denuncia la perdita delle virtù romane originali, sostituite da lussi e vizi importati, ma si rivela anche un nostalgico incline a idealizzare il passato.

2.     Giovenale e Ulisse nella Satira 15 (Prof.ssa Marta Maria Perilli)

La Satira 15 mette in scena una critica più universale attraverso il confronto tra civiltà e barbarie. (in realtà il tema centrale sembra essere il cannibalismo degli Egiziani durante un conflitto tribale, che Giovenale descrive come un estremo della depravazione umana). Ulisse, emblema della razionalità e della civiltà classica, diventa un riferimento implicito per confrontare la ferocia contemporanea con i valori eroici dell’epoca omerica.

La satira esplora l’abisso tra la cultura greco-romana e i comportamenti "barbari", ma Giovenale non risparmia una visione pessimistica anche sui Romani, lasciando intendere che la stessa barbarie sia radicata nella natura umana. L’uso del mito di Ulisse serve a interrogarsi su quanto la civilizzazione possa davvero mitigare gli impulsi primitivi.

 

Commento

Le due satire evidenziano la capacità di Giovenale di usare la poesia come specchio critico della società. Nel caso della Satira 3, si mette in luce un senso di impotenza e frustrazione verso il progresso urbano e culturale, mentre nella Satira 15 la barbarie viene usata come lente per riflettere sui limiti della civiltà stessa. Entrambi i testi sono profondamente attuali, mostrando che i dilemmi morali e sociali non sono circoscritti all’antichità. La tensione tra tradizione e modernità, così come il pessimismo antropologico, li rendono opere di grande interesse anche oggi.

Peraltro, a seguito dei contenuti della narrazione di Ulisse ad Alcinoo nel corso del banchetto (di cui al punto 2) qui sopra, qualche “neofita” ha frugato tra i suoi ricordi se ai tempi del poeta latino Giovenale i poemi Omerici avessero già trovato forma scritta o erano ancora tradizione orale.

In realtà ai tempi del poeta latino Giovenale (I-II secolo d.C.), i poemi omerici, ossia l'Iliade e l'Odissea, avevano già da secoli assunto una forma scritta. Giovenale visse in piena epoca imperiale romana, mentre i poemi omerici vennero messi per iscritto probabilmente intorno al VIII-VII secolo a.C..

La tradizione orale omerica risale a tempi ancora più antichi, ma già nel periodo classico greco (V secolo a.C.) i testi scritti erano largamente diffusi e considerati una parte fondamentale della cultura greca. Durante l'età ellenistica (IV-I secolo a.C.), i poemi subirono anche un processo di sistematizzazione e "canonizzazione" grazie al lavoro di studiosi come gli alessandrini, che produssero edizioni critiche dei testi.

Quando Giovenale scriveva le sue satire, i poemi omerici erano dunque già parte integrante del patrimonio letterario e culturale del mondo greco-romano, conosciuti e studiati tanto dai Greci quanto dai Romani.

Con questo “apporto” tutt’altro che nuovo, ma rinnovato e riservato a coloro che si erano interrogati al riguardo, e che l’audience non ha potuto condividere, si sono chiusi tra i molti saluti e ringraziamenti i lavori previsti dagli organizzatori dell’evento. Resta un caro ricordo di due serate tra amici ritrovati, con tocchi lirici e un po’ di nostalgia per un tempo necessariamente speso altrove, lungo il fiume della vita che silenziosamente, ma inesorabilmente scorre.

 


Altri Riferimenti sullo stesso Evento

https://www.ciociariaturismo.it/premio-giovenale-ad-aquino-8-novembre-2024/

https://www.tunews24.it/2024/11/12/aquino-il-premio-giovenale-assegnato-a-luciano-fontana-direttore-del-corriere-della-sera/

lunedì 23 settembre 2024

Leggendo "Gli Immaginari In Geometria" di Pavel Florenskij

 Leggendo "Gli Immaginari In Geometria" di Pavel Florenskij

Pavel Florenskij nel suo famoso libro “Gli immaginari in geometria. Estensione del dominio delle immagini bidimensionali nella geometria” afferma - nella parte introduttiva -  che su un piano (x,y) se tre punti A(x1,y1), B(x2,y2), C(x3,y3) sono i vertici di un triangolo la sua area è ricavabile dal determinante

ChatGpt ci ricorda la dimostrazione https://chatgpt.com/share/66f1a9ec-c568-8000-928e-611fe554b447, visto che Florenskij non l’ha fornita nel libro (forse perché “ovvia” per lui!). Interrogando opportunamente questo sistema di IA, esso ce lo ricorda non solo per via analitica attraverso lo sviluppo del determinante della matrice su indicata, ma anche per via geometrica, come da obiettivo di Florenskij stesso attraverso questo suo magnifico libro.


Fig, 1

Forse può apparire più chiaramente dalla figura 2 seguente che se il vertice C  fosse mobile sul lato b del parallelogramma in cui il triangolo è inscritto quest'ultimo conserverebbe sempre la stessa area pari a




Fig, 2

E' altresì evidente che che tutti i triangoli inscritti in un parallelogramma che ne condividano un lato hanno in comune la stessa area e che tale area è pari a metà di quella del parallelogramma.


Possiamo allora dire che ciò è in connessione con il fatto che in una matrice il suo determinante cambia di segno, ma rimane lo stesso in valore assoluto, se si scambiano righe con righe, colonne con colonne. Sottolinando in tal modo l'esistenza di aspetti di simmetria implicita nella precedente formula dell'area, dove "cambiando l'ordine dei fattori il prodotto non cambia".

Per il prosieguo occorre ricordare che tre punti di coordinate (x1,y1), (x2,y2) e (x3,y3) si dicono collineari, vale a dire giacenti sulla stessa retta in un sistema di riferimento cartesiano a due assi, se e solo se, per il determinante che segue, vale che:

Il che significa che l’area compresa tra i vettori è nulla e solo così è possibile comprendere le collineazioni di cui poi parla Florenskij.

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venerdì 30 agosto 2024

Chasing lightning you may encounter a rainbow!

 <<The dielectric strength of air, which in ideal environmental conditions is approximately 3000 kV/m, can be significantly reduced by the presence of humidity and atmospheric dust. (https://www.voltimum.it/articolo/guide-e-approfondimenti/le-scariche-0)>>In the different following photos the background always remains the same and gives an idea of ​​the size, as well as the intensity of each recorded event. In the last photo, despite the dim light of the late sunset and the thick, dark cloud cover, the arc of a rainbow is still visible.









North-East of Rome - 27-08-2024

Thanks Tommaso for this beautiful photo shoot.