domenica 9 dicembre 2018

QUO VADIS POPULUS?


Il Magistero Petrino ai nostri giorni rammenta al mondo – non solo cattolico - che “I soldi non possono servire a fare altri soldi”, sottintendendo che non è la finanza che può creare ricchezza collettiva, ma l’intrapresa, il lavoro. Niente di diverso, in fondo, da ciò che l’etica calvinista ci andava ripetendo dai suoi primi albori e che Max Weber aveva magistralmente analizzato nel suo saggio su “L’Etica Protestante e Lo Spirito del Capitalismo”. Ma, lo storico spirito calvinista degli albori (quasi monacale) – che ha fatto grande l’America e con essa la civiltà occidentale - è ancora vivo, attivo e presente nel mondo di oggi? Oppure vi è stata una lenta e progressiva deriva da quei valori primordiali, che non sono mai stati assenti dall'insegnamento cristiano in generale?  
Spesso dimentichiamo i grandi contributi “premonitori” che la cultura nordamericana ha dato all'odierna civiltà occidentale, anche fornendo strumenti di analisi e di indagine della realtà sociale che stiamo vivendo nei nostri anni.
Tra i tanti esempi disponibili, anche noti al grande pubblico, nel suo capolavoro “Hidden Persuaders”, Vance Packard ci aveva fatto intravedere, tra gli anni ’50 e i ‘60, le tecniche psicosociali di marketing e persuasive di cui si sarebbe poi avvalso non soltanto il mondo commerciale, ma la “società dell’immagine” che allora si profilava all'orizzonte nel suo complesso. Avvalimento mirante non certo all'edificazione delle masse, bensì al loro profilo di “meri consumatori”.
Non di meno Marshall Mc Luan prevedendo gli sviluppi della tecnologia elettronica aveva previsto “Il villaggio globale” (vedasi ad esempio “Le Vie della Comunicazione”), ossia l’insieme delle peculiarità di comunicazione in tempo reale che caratterizza il mondo odierno e al tempo stesso quell’unità socio-virtuale ancora in itinere che ha innescato “la globalizzazione”. Insomma, un mondo in cui “il medium è il messaggio” si evidenziava ai tempi di Mc Luan per la radio e la televisione e ciò vale ancora oggi per il web, l’I.T., la telefonia multimediale e mobile. Quindi, eravamo stati resi edotti, preavvertiti, e oggi “il telefonino” è il “messaggio” per il mondo in cui viviamo. Nulla possiamo più fare senza il suo ricorso e soccorso: in banca, per gli acquisti, per orientarci e tornare a casa quando ci siamo smarriti, per far sentire la nostra vicinanza ad un amico o parente lontano, o persino a coloro colpiti da un lutto. Per contro, checché se ne dica, dobbiamo rinunciare alla nostra privacy: siamo costantemente geo-localizzati, ci “mettiamo in piazza” attraverso i social media, lasciamo costantemente traccia dei nostri gusti, delle nostre preferenze, dei nostri comportamenti, delle nostre amicizie, dei nostri valori, che possono essere “ricordati” da un mondo che dispone di “memoria” illimitata grazie alla tecnologia al silicio. E’ il mondo dei “Big Data” e della loro analisi. Per aggiunta si incomincia a parlare di una sindrome di rete e di "sleep texting" (invio di messaggi sconclusionati nel dormiveglia di cui al risveglio non si ricorda più nulla).  Si comprende in questo modo il potere dell’informazione e soprattutto della sua gestione che va profilandosi in modo molto problematico nel tempo in cui viviamo.
Sarà forse mai per tutto questo che quel Magistero sopra nominato ricorda ai suoi consacrati : “Non accada di guardare lo schermo del cellulare più degli occhi del fratello, o di fissarci sui nostri programmi più che nel Signore”?
Non lo sappiamo, possiamo solo arguire, ma sappiamo di certo che psicologi e sociologi sembrano concordare sul fatto che incontrarsi e spendere collettivamente nelle “grandi cattedrali”  del commercio mondiale: i grandi magazzini,  promuove – detto in chiave freudiana - l’Eros e rimuove il Thanatos, trovando così gratificazione e limite la nostra vita umana di tutti i giorni. Per esempio,
dinanzi ai superalcolici d'importazione schierati in raffinate confezioni nei grandi supermercati, fatti oggetto di dono in stagioni festive, i nostri tradizionali rosolio, marsala, malvasia, come pure vin santo e tozzetti, evocano ricordi nella mente dei vecchi che non vogliono rassegnarsi al mutamento dei tempi. Così, dinanzi alle dimenticate tradizioni il loro ricordo evoca formali riunioni casalinghe di anziane pettegole, oppure soddisfazione serale di un capofamiglia “con i baffi”, come pure conviviali momenti di incontro o folklore riesumato (per motivi commerciali) in ristoranti o trattorie locali.
Allo stesso modo l’evidente attecchimento tra la gente del “Montecarlo dei Poveri” sconforta; si tratta di quei giochi d’azzardo d’importazione che nulla hanno a che fare con le nostre tradizioni: corse, bingo, “Gratta e Vinci” et similia , cui molti pensionati, casalinghe e spesso “inoccupati” o gente non certo con una vita spensierata, volgono oggi i loro reiterati tentativi (e le loro già magre finanze) per migliorare attraverso la fortuna esistenze, perlopiù, tutt'altro che invidiabili. La tradizionale “passatella” con le carte da gioco - rito celebrato particolarmente dagli anziani, nelle osterie o nei bar sulle piazze principali o nei cantucci dei nostri paesini dinanzi ad un vassoio pieno di bicchieri di buon vino, o di birra con la gazzosa, per stabilire chi fosse “padrone” e chi “sotto” con diritto di bere e far bere anche gli amici o talvolta “nemici” partecipanti al gioco – sembra ormai solo un ricordo da canuti, tristemente e inesorabilmente rimpiazzato dalla visione di un “gioco solitario” che va celebrandosi nei bar, tabaccai, sale da gioco, grandi magazzini, da parte di gente, che a detta dei media, soffre spesso di assuefazione e difficoltà d’astinenza da questi nuovi “trastulli” portati dalla tecnologia informatica, dall’ “omogeneizzazione” in atto, in definitiva dalla ludica “civiltà contemporanea”.
E qui vengono in mente esortazioni apparentemente diverse e opposte che quel Magistero pur diffonde, ma che meritano attenzione. Da un lato si  dice: “non c’è avvenire senza…incontro tra anziani e giovani; non c’è crescita senza radici e non c’è fioritura senza germogli nuovi”; con gli anziani i giovani trovano «le radici del popolo» e «le radici della fede»; d'altro canto si raccomanda di evitare “il «misticismo isolato» e il «sentimentalismo devoto»; la «paralisi della normalità» e «la sterile retorica dei “bei tempi passati”», di non «farsi risucchiare in una vita asfittica, dove le lamentele, l’amarezza e le inevitabili delusioni hanno la meglio», perché è la nostalgia che uccide l’anima.
Resta in ogni caso in questo nostro tempo una sproporzionata frenesia del vivere che «induce a chiudere tante porte all'incontro», spesso per paura, mentre rimangono «sempre aperte le porte dei centri commerciali e le connessioni di rete».
E' ormai una domanda esistenziale: dove stiamo andando?

sabato 15 settembre 2018

«INSEGNACI A CONTARE I NOSTRI GIORNI E GIUNGEREMO AL CUORE DELLA SAPIENZA» (Salmo 90,12)

«INSEGNACI A CONTARE I NOSTRI GIORNI E GIUNGEREMO AL CUORE DELLA SAPIENZA»
(Salmo 90,12)
Riflessioni su un tema proposto dall’ABI (Associazione Biblica Italiana) per la Settimana Biblica Nazionale 10 -14 settembre 2018

1.     Aspetti introduttivi
Si coglie spontaneamente, in modo evidente, che il versetto proposto, anche se letto fuori dal contesto dell’intero Salmo 90, è una preghiera di un essere caduco, consapevole della  propria finitezza, che si pone  alla ricerca di conoscenza e senso sfuggenti alle sue limitate possibilità di comprensione.
Senza entrare in questioni esegetiche ed ermeneutiche si sottolinea, ad esempio, che le differenze rilevabili nella presentazione del versetto e relativo Salmo su diverse edizioni delle Scritture ampliano, seppure in modo  circoscritto, l’area di significato e di senso che li permea.
La Bibbia CEI 2008[1] (come pure The Jerusalem Bible, che aggiunge il soprattitolo “The Human Condition”[2]) riporta il Salmo 90 in cui questo versetto è inserito come la “Preghiera Di Mosè, uomo di Dio.” e il versetto lo  si ritrova nella forma :
“Insegnaci a contare i nostri giorni e acquisteremo un cuore saggio
Nella versione dell’Edizioni  Paoline 1983, lo stesso Salmo 90, viene titolato “Fragilità dell’Uomo”  e riportato nella forma :
“Insegnaci a valutare i nostri giorni e così potremo offrire  un cuore sapiente”,
mentre in The Jerusalem Bible viene espresso con :
“Teach us to count  how few days we have and so gain wisdom of heart”.
Il riferito ampliamento dell’area semantica nel caso del versetto proposto va ricercata nel differenziale sinonimico tra sapienza e saggezza,  come pure in quello che intercorre tra contare e valutare, tra offrire e acquistare.
Non si può trascurare che il versetto proposto è preceduto da:
Chi conosce l’impeto della tua ira e, nel timore di te, la tua collera?
e seguito da :
Ritorna, Signore: fino a quando? Abbi pietà dei tuoi servi!
che  richiamano e si agganciano all’escathon, prefigurando le “cose ultime” e il Regno di Dio dell’apocalittica giudaica (per es. nei Profeti)  cui il salmista si riferiva; ma in chiave moderna e cristiana l’aggancio include tutto il Nuovo Testamento e in particolare il Vangelo, le Lettere e l’Apocalisse di Giovanni.
Contestualizzando il versetto nell’intero testo del salmo cui appartiene, non si può che concordare di essere in presenza di un testo “ …composito formato da un poema sapienziale che tratta dell’eternità di Dio e della vanità della vita umana 1-12;[3] che “comprende una preghiera collettiva per la restaurazione di Israele e per il conferimento dei beni messianici, 13-17;” [4].
In ogni caso il focus è posto su due diverse e separate azioni:
-        Contare i nostri giorni, per cui viene invocato l’insegnamento divino;
-        Giungere al cuore della Sapienza, ossia ad avere un cuore saggio.
E’ evidente, quindi, che l’analisi ruoti intorno alla nozione di tempo e quella di sapienza (e di saggezza), ma senza trascurare l’efficacia della “pressione emotiva” che il testo, in ogni forma, esercita immediatamente sul lettore.
Infine, questo versetto orante per giungere alla Sapienza sembra rivestire dimensione individuale, collettiva e universale. Però, mentre la dimensione individuale è facilmente accessibile e comprensibile, quella collettiva e universale sembrano meno evidenti e certamente, per essere comprese, rimandano il pensiero ai destini collettivi dell’umanità sulla Terra,  alle “cose ultime”; in definitiva, come sopra accennato, alla Rivelazione contenuta nell’Apocalisse di Giovanni.
Un interrogativo sorge spontaneo. Se è vero – come è vero! – che contare i propri giorni spinge verso la sapienza del cuore, quest’effetto si verifica anche nella dimensione collettiva (di gruppo) ed universale, oltre che in quella individuale, dove è di certo presente?
Il tema che pone questo interrogativo appare meritevole di approfondimento, non soltanto per gli aspetti teologici che implica, ma anche e forse soprattutto per la speranza che suscita di poter ancora ricondurre su vie salvifiche una parte di umanità che appare oggi ignara o sviata e dimentica della precarietà della propria condizione esistenziale. In tale ambito gli approcci millenaristi alla fede cristiana troverebbero spazio e maggior attenzione.

2.     Il tempo: “Contare i nostri giorni”
Da un punto di vista umano contare i propri giorni, se inteso in senso letterale ma statistico, ossia probabilistico e non deterministico, può essere anche ritenuta un’operazione abbastanza comune allorquando intrapresa con le tavole di speranza di vita usate di norma dagli istituti assicurativi. Non è certo questo, però, il senso del versetto del salmo cui si fa qui riferimento.
Contare i nostri giorni implica il riconoscersi creature limitate e caduche; sebbene, la civiltà contemporanea (e presumibilmente di ogni tempo) non sembra vivere la realtà concreta, bensì per lo più dimentica di ciò che scorre quotidianamente sotto i suoi occhi, sembra ipnotizzata spiritualmente e proiettata nella percezione di un’apparente ed ingannevole senso di eternità, vissuto in maniera quasi virtuale, dominato da una sindrome di onnipotenza, che porta a inseguire i tradizionali obiettivi del potere, del successo, del denaro, dello sciupio vistoso e frivolo; non importa quali conseguenze catastrofiche, quanti morti, guerre, affamati o disoccupati comporti il raggiungimento di tali obiettivi. Relegando negli anfratti della coscienza collettiva il ruolo di Custode del Creato, la lotta per la sopravvivenza, che giunge a contrapporre l’uomo ai suoi simili, lo porta ad abusare dei beni della terra, dell’ambiente, delle collettività che lo circondano, violando ogni legge naturale, ogni retto sentire, ogni sentimento di umana solidarietà, per sfociare in un presunto ruolo di padrone del creato che sembra aver assunto, di fatto, l’uomo di oggi.
Contare i giorni presuppone la nozione di tempo lineare, in modo che sia sempre individuabile un prima e un dopo, un inizio e una fine. Sebbene facciamo uso del tempo  la sua essenza, però, ci rimane sfuggente. L’aforisma di sant’Agostino  ce lo ricorda : “Che cosa è, allora, il tempo? Se nessuno me lo chiede, lo so; se dovessi spiegarlo a chi me ne chiede, non lo so.”
Invece oggi, in accordo con la teoria della Relatività, che ha dominato la scienza contemporanea, viene voglia di dire che il tempo è una delle quattro dimensioni dello spazio-tempo entro cui si consuma l’esistenza umana, relegata in un piccolo e meraviglioso pianeta del sistema solare, in un universo in continua espansione e i cui destini, a lungo termine, sembrano variare, secondo la scienza ufficiale, tra un’espansione illimitata che conduce alla cosiddetta “morte termica” (raggiungimento dello zero assoluto) e un’implosione che riversa tutto ciò che esiste in una singolarità chiamata “big chrunch” (in contrapposizione al “big bang” che identifica la singolarità da cui è sorto lo spazio-tempo e il suo contenuto). In quest’ottica, il tempo è dunque solo una delle quattro coordinate che colloca i vari contenuti nello spazio-tempo, sebbene l’uomo non lo percepisca in questo modo. Sempre secondo questa ottica la controversia sul Messianismo[5] – “concezione propria delle religioni ebraica e cristiana, fondata sul significato assunto dall'avvenire improntato dall'opera e dalla personalità del Messia[6]” - si riduce non tanto alla negazione o affermazione della figura messianica, quanto piuttosto al posizionamento della sua missione nello spazio-tempo.
                                              
3.     Giungere al cuore della Sapienza
Non certo casuale è la presenza del Libro della Sapienza tra quelli del Vecchio Testamento ; esso prima di ogni altro ci istruisce al riguardo : “La sapienza è splendida e non sfiorisce, facilmente si lascia vedere da coloro che la amano e si lascia trovare da quelli che la cercano. Nel farsi conoscere previene coloro che la desiderano. Chi si alza di buon mattino per cercarla non si affaticherà, la troverà seduta alla sua porta. Riflettere su di lei, infatti, è intelligenza perfetta, chi veglia a causa sua sarà presto senza affanni; poiché lei stessa va in cerca di quelli che sono degni di lei, appare loro benevola per le strade e in ogni progetto va loro incontro.” (Sapienza 6,12-16)
Possiamo quindi ritenere che per gli informati e maturi “Il cuore della Sapienza” sia discernimento nell’esistenza, che conduce:
-        (in ambito veterotestamentario) al rispetto della Legge secondo il Patto offerto ad Israele per la propria salvezza;
-        (in ambito neotestamentario)  a riconoscere la caducità di questo mondo,  e l’inutilità di quanto esso offre, rispetto all’immensità del dono salvifico offerto a tutte le Genti dal sacrificio consumato sulla Croce .
In entrambi i casi è sempre la Grazia che opera in quanto concessione di Dio misericordioso  verso i suoi eletti. Infatti, in un caso, a salvare è il Patto offerto da Dio ad Israele,  piuttosto che la rigida aderenza alla Legge,  che per quanto minuziosa si rivela insufficiente senza la Grazia; mentre nell’altro caso è l’immolazione dell’Unigenito figlio di Dio, che senza macchia, si spoglia della sua divinità per assumere da Uomo su di sé il peccato del Mondo e ripristinare, attraverso la propria passione, morte e resurrezione, l’Adamo caduto.  

4.     Rilievi conclusivi
Questo cenno alla Grazia può apparire sbilanciato rispetto al valore che deve assumere la necessità della Fede in un percorso salvifico; in realtà esse sono indissolubilmente legate poiché “per grazia siamo salvati mediante la fede” (Efesini 2,8). La Fede produce atteggiamenti che conducono ad operare in modi ad essa conformi, ma le opere risultanti non sono garanzia di salvezza; ne costituiscono semmai il presupposto essenziale. Parafrasando un concetto matematico possiamo dire che la Fede è condizione necessaria, ma non sufficiente alla salvezza. Soltanto la Grazia, che è dono dell’Onnipotente per coloro che hanno Fede, trasforma questi due elementi in una condizione necessaria e sufficiente alla salvezza, promessa ai battezzati in Cristo Salvatore, Sacerdote e Re.
Un simile impianto presente nella Lettera agli Efesini, più che aggiustare presunte controversie su impostazioni paoline in merito al valore salvifico della sola fede, sembra invece dare corpo e avvicinare quel mondo che si presenta come profondamente cristiano e che professa << Sola Scriptura - Sola Fide - Sola Gratia - Solus Christus – Soli Deo Gloria >>. è proprio in questo mondo che approcci millenaristi alla fede cristiana emergono più frequentemente[7] dando, oltre la dimensione individuale, una concreta manifestazione della dimensione collettiva e universale dell’area di senso che riveste il versetto in esame in merito al contare i propri giorni.
Le due azioni dunque, contare i propri giorni e giungere al cuore della sapienza, si riunificano così in un unico strumento di conversione con portata individuale, collettiva e universale, come ben aveva colto il salmista (Mosè) nella sua preghiera (a Dio).

Roma 8/Settembre/2018



[2] The Jerusalem Bible – Imprimatur John Cardinal Heenan Westminster. July, 4, 1966
[3] La Bibbia – Nuova versione dai testi originali. Edizioni Paoline 1983
[4] Idem c.s.
[5] Concetto “Il Messia è già venuto e tornerà!” contrapposto a “Il Messia non è mai venuto e deve ancora venire!”
[6]https://www.google.it/search?q=messianismo&rlz=1C1AOHY_itIT737IT737&oq=messianismo&aqs=chrome..69i57.5975j0j7&sourceid=chrome&ie=UTF-8

venerdì 31 agosto 2018

In view of the celebrations of a Day for the Protection of Creation - Rome, the 1st of September 2018.

With this brief reflection we highlight some questions that arise spontaneously and impose themselves on the critical spirit of those who look disenchantedly at today's society:

May the Christians of our time continue to invoke the urgency of an energetic transition, a moderation in consumerist habits for the whole human community, the need to safeguard creation and future generations, without requiring at the same time a different and more serious commitment of Nations and Institutions on a global level on debated and unresolved topics within the same world of scientific research and that have not yet found adequate and satisfactory answers?

After having shared the recent address of His Holiness Pope Francis I, reported on press agencies about the urgency of an energy transition in order to avoid that the victims of climate change are the poorest, (refer for instance to http://www.ansa.it/canale_ambiente/notizie/clima/2018/06/09/papavittime-mutamenti-clima-sono-poveriurgente-transizione_7ba52541-5cfa-4fae-aeea-956959ac6cde.html ), with passionate and filial reverence to our Church I address to all of You questions that seem to afflict the spirit of many Christians, hoping to contribute to focus both institutional and public attention on these unresolved issues, which appears to be of crucial importance for the sustainability of the energy transition and for a peaceful future, fair and sustainable World.
It is not only my personal opinion that as Christians, particularly in Europe, a THRUTH CAMPAIGN should be promoted on such issues on behalf of PEACE and SUSTAINABLE DEVELOPMENT of the entire World.
To this aim, I summarize below five topics that is necessary to clarify, first of all, for ethical reasons :
1) the actual destructive potential and the actual geographical dislocations of weapons of mass destruction (NBC, Electromagnetic Pulse, neutron, etc.) and not only those of nuclear weapons;
2) the actual existence - as fanciful as it may seem - of unconventional (advanced technological) weapons capable of concentrating unthinkable amounts of pulsating energy  in microseconds on faults in the earth's crust  and favoring seismic events in predetermined geographical places;
3) the actual state of the art on the development of fourth and fifth generation nuclear reactors, including the so-called "intrinsically safe" and on which the long term hopes for the survival of a declining nuclear peaceful technology are placed;
4) the actual contribution that the ITER project (under construction in Cadarache - France) can give after 50 years of basic and technological research on hot fusion, given that the density of plasmas on the Earth (even with the expected effects of toroidal striction through powerful helicoidal electromagnetic fields) it is however subject to natural limits for gravitational effects in comparative terms compared to the stellar plasmas where the hot fusion actually takes place. (In practice: the required power densities do not seem to be reachable on Earth!).
5) the effective contribution that can give serious research - always avoided and misled - on cold fusion, which according to some physicists is a concrete, detectable and measurable effect, not yet really understood and exploited for the production of energy.
Today's world withered by crises and inequalities, by conflicts and manipulations, by fear for the present that we are living and for the future that we will leave to our children, can not afford - in a Christian and European perspective - to neglect even the smallest possibility to reopen (e.g. by cold fusion) the DOORS OF HOPE for a future of PEACE, SUSTAINABILITY and EQUITY for every human being, regardless of ethnicity, country of origin and social status.

On the other hand, human presence and civilization on Earth is at stake, as well as the survival of the entire planetary environment that we should have preserved and cared for, in harmony with a Christian spirit and with respect for the commands received from the Creator.

sabato 30 giugno 2018

IL RACCONTO DI MASSIMO : Una storia commovente di sofferenza e di fede che può suscitare speranza in chi l’ha perduta.



Massimo Castellani, a 67 anni è stato ricoverato per terapia neuro-riabilitativa presso l’INI di Grottaferrata (RM), nel corso del primo semestre 2018 e fino ai primi di luglio dello stesso anno, per un’ernia del disco che lo costringeva ancora una volta alla sedia a rotelle. Lo si poteva incontrare lungo i corridoi di questa struttura ospedaliera, dove si muoveva con la sua sedia a rotelle in maniera infaticabile, nel bar e nella cappellina, dove attendeva puntualmente alla S. Messa delle 18,30 per i malati, celebrata dal cappellano Don Gioacchino talvolta solo per Massimo, e dove egli si intratteneva a lungo nel corso della mattinata in un silenzio e in una atmosfera di pace che facilitava la contemplazione e la preghiera. Massimo si mostrava attivo e infaticabilmente impegnato nella fisioterapia, che come poteva continuava con i suoi metodi e per proprio conto aldilà del programma fisioterapico che lo riguardava e delle relative sedute ufficiali cui partecipava puntualmente. Il suo carattere aperto, gioviale e tenace favoriva il contatto con gli altri e l’instaurazione di un umano rapporto che facilmente sfociava nel racconto delle reciproche storie. E la storia di Massimo è davvero stupefacente, ricca di episodi che hanno apparentemente dell’inverosimile, tuttavia è storia vera, sia perché Massimo la racconta in spirito di amicizia e verità, sia perché sembra documentabile anche attraverso testimonianze di altre persone coinvolte. 
Nel 1992, a seguito di un incidente stradale (contro un camion) di cui conserva ancora le fotografie, Massimo rimase intrappolato nella sua macchina, accartocciata in maniera spaventosa; per estrarlo dalle lamiere si dovette lavorare per oltre quattro ore. A guardare le foto che Massimo ancora mostra ci si chiede immediatamente come si possa uscire vivi da un groviglio di lamiere contorte e pressate in quel modo in un pacchetto appiattito contro la strada.  Né uscì ancora vivo, ma con fratture esposte plurime su tutti gli arti e diverse parti del corpo che imposero, nell’ospedale di Anzio, un’operazione durata oltre 13 ore. Ricevette l’Estrema Unzione, anche grazie ad un sacerdote che si recava (sempre con “un quartino di vino”) a visitare il proprio padre ricoverato nello stesso ospedale in cui era ricoverato Massimo. Dopo una ulteriore complicata operazione al braccio (con placca e chiodi), il risveglio post-operatorio Massimo lo descrive come “un nido di vespe nello stomaco” a causa dell’anestesia accumulata anche nelle immediatamente precedenti operazioni. Il dolore che provava per un’operazione così complicata e un’anestesia così intensa sfociò in un’emorragia. Massimo ebbe a quel punto quella che sembra definibile una “esperienza extra corporea” e dall’alto dove si trovava (il suo spirito?) vide in basso i medici e lo staff che lo soccorrevano e si vide anche con i capelli insanguinati per il sangue presumibilmente sversato. Egli riferisce che la quantità di anestesia somministratagli non permetteva a quel momento ulteriori dosi e dovendo essere “intubato” i tagli alla gola per permetterlo dovettero essere eseguiti “a freddo” senza anestesia totale o locale. La rimozione dei tubi fu poi troppo veloce e provocò embolia con perdita di conoscenza che indusse i suoi cari a piangerlo morto. Eppure Massimo, proprio mentre i suoi erano riuniti nella mestizia del momento intorno al suo letto, si risveglia tra solenni risate che egli riferisce essere intrattenibili e di natura nervosa. Insomma, tra diverse sofferenze, seppure con placche e chiodi, con il tempo Massimo si rimise in piedi e tornò alla vita normale al punto che un giorno, mentre assisteva - a bordo strada con la sua bimba in braccio - ad una processione che passava lungo le strade di Anzio il parroco che lo aveva “unto”, e che era alla testa della processione,  riconoscendolo fermò la processione e si avvicinò a lui sollecitandolo a recarsi in chiesa per una confessione dei peccati commessi prima dell’incidente subito. A questo episodio Massimo, che lo considera un “segno”, attribuisce un grande significato, anche se può sembrare che sottovaluti la sua fede e non ne parli volentieri, ma forse soltanto perché vuole tenerla nel suo intimo in modo riservato e protetto.
Poco prima del 2001, a Massimo viene diagnosticato - per precedente trauma cranico subito - un astrocitoma benigno (tumore cerebrale) di 0,5 cm.; ma egli tra l’intervento operatorio immediato e  i controlli sistematici ogni 6 mesi sceglie quest’ultimi. Purtroppo a seguito di uno dei controlli successivi, nel 2001 viene operato (nel Policlinico Umberto I di Roma, dal Prof. Esposito) perché il tumore è evoluto in modo esponenziale in una dimensione di circa 8 x 5 cm. che induce i medici a ipotizzare il peggio e valutare una speranza media di vita di 3 mesi. I successivi esami istologici permettono, infatti, di appurare che si tratta di un glioblastoma di IV grado, che in base alle attuali conoscenze non lascerebbe scampo.
Prima dell'operazione, Massimo, da “sofferente di lungo corso” e forte dei suoi trascorsi, aveva incominciato a partecipare insieme a membri della sua famiglia a gruppi di preghiera, in special modo orientando la devozione verso S. Padre Pio da Pietralcina. Oggi Massimo, a 17 anni da quell’episodio, racconta ancora come sua sorella abbia avuto in sogno - proprio prima ancora dell'operazione - una visione di S.Padre Pio nel corso della quale ha ricevuto assicurazione sulla guarigione del fratello.
Tutto ciò per molti è solo frutto della “devozione popolare” associata a un gioco di statistica: per effetto dei grandi numeri di malati: qualche raro caso di guarigione inspiegabile può anche verificarsi. Per altri, invece, specie sofferenti, Massimo è divenuto un esempio e una speranza che “una Via c’è”!

Il 4 luglio 2018, Massimo - che avrebbe voluto una sua foto in piedi, su questo post - si aspettava di essere dimesso dall'INI per tornare a casa, tra i suoi. Oggi, 3 luglio, invece, una ennesima crisi lo costringe immobilizzato a letto.

Nell'auspicio che i media vogliano e possano parlare del suo caso "miracoloso", un caro abbraccio e un augurio di guarigione a Massimo, campione di fortezza e portatore di speranza per sé e per gli altri.

venerdì 2 febbraio 2018

2018 - Presentazione al tempio


  • il mondo che «insegue i piaceri e le voglie dell’io» 
  • il «misticismo isolato» e il «sentimentalismo devoto»
  • la «paralisi della normalità» e «la sterile retorica dei “bei tempi passati”»
  • fare «memoria» dell’incontro con il Signore, perché da quell’incontro «è nato il cammino di consacrazione»
  • con gli anziani i giovani trovano «le radici del popolo» e «le radici della fede»
  • non si può rinnovare l’incontro col Signore senza l’altro: mai lasciare indietro, mai fare scarti generazionali 
  • non c’è avvenire senza questo incontro tra anziani e giovani; non c’è crescita senza radici e non c’è fioritura senza germogli nuovi
  • frenesia del vivere che «induce a chiudere tante porte all’incontro», spesso per paura, mentre rimangono «sempre aperte le porte dei centri commerciali e le connessioni di rete»
  • «Non accada di guardare lo schermo del cellulare più degli occhi del fratello, o di fissarci sui nostri programmi più che nel Signore. Perché quando si mettono al centro i progetti, le tecniche e le strutture, la vita consacrata smette di attrarre e non comunica più; non fiorisce perché dimentica “quello che ha di sotterrato”, cioè le radici». 
  • «la vita consacrata libera l’affetto da ogni possesso
  • la vita consacrata sceglie l’obbedienza umile come libertà più grande»
  • avere il Signore «tra le mani» è infatti «l’antidoto al misticismo isolato e all’attivismo sfrenato»
  • «l’incontro reale con Gesù raddrizza sia i sentimentalisti devoti che i faccendieri frenetici»
  • «farsi risucchiare in una vita asfittica, dove le lamentele, l’amarezza e le inevitabili delusioni hanno la meglio»
  • nostalgia che uccide l’anima
  • viaggiare «controcorrente» nel mondo
  • «l’alba perenne della Chiesa»

Papa Francesco - messa in San Pietro per la Giornata mondiale della vita consacrata
Fonte: http://www.lastampa.it/2018/02/02/vaticaninsider/ita/vaticano/consacrati-andate-controcorrente-non-siate-mistici-isolati-o-faccendieri-frenetici-8Crhux1d67rChCwV9LDlqO/pagina.html

martedì 30 gennaio 2018

LO SPECCHIO DELL'ITALIA CHE CAMBIA: SE VUOI LAVORARE NON STUDIARE TROPPO!



SI POTREBBE BEN SOSTENERE CHE E' UN ATTO DI RESPONSABILITA' SOCIALE DELL'INDUSTRIA ITALIANA E CHE  "HANNO RAGIONE" VISTA LA SITUAZIONE DEL PAESE. INOLTRE, LO DICE ANCHE LA COSTITUZIONE : L'ITALIA E' UNA REPUBBLICA FONDATA SUL LAVORO, NON SULLO STUDIO.

UN MOMENTO EMBLEMATICO DELLA STORIA D'ITALIA DA NON DIMENTICARE. ALLE GIOVANI GENERAZIONI DI ITALIANI E' CHIARAMENTE POSTA INNANZI UN'ALTERNATIVA TRA SOPRAVVIVENZA E DIGNITA' DELL'ESSERE.