martedì 30 maggio 2017

L'ESPERIENZA DELLA CASSA DEL MEZZOGIORNO: L'ESIGENZA DI DISCERNIMENTO PER UNA VERITA' STORICA

UN ESTRATTO DA :
On line il Quaderno monografico SVIMEZ numero 50 "Il Mezzogiorno nella storia economica d'Italia. Una questione aperta" 
http://win.svimez.info/alert_acs/acs1.html
il ritardo del Sud non è un destino cinico e baro della storia, ma dipende piuttosto da precise scelte politiche, compiute o mancate. 
Con il recupero dell’Archivio della Cassa del Mezzogiorno si rende disponibile un prezioso materiale storico e si forniscono efficaci strumenti di ricerca per una più approfondita riflessione sullo storia, per molti aspetti controversa, della Cassa. Controversa perché il ruolo della Cassa è stato a lungo sminuito o negato da una vulgata, e anche da una letteratura, che la presentava come il simbolo dell’assistenzialismo più retrivo o, nei casi migliori, come un esempio di inefficienza e di sprechi. Un ruolo che, invece, si sta ampiamente rivalutando alla luce degli studi fondati sulle nuove fonti rese disponibili dalla Banca Mondiale e dall’Archivio storico della Cassa stessa. 
Non a caso, il citato volume curato dalla SVIMEZ nell’ambito del progetto ASET, si apre proprio con l’importante riflessione retrospettiva che nel 1981 l’ex Presidente della Cassa, Gabriele Pescatore, dedicò a quella esperienza, su quel quarto di secolo del più intenso sviluppo del Sud e della più alta convergenza tra Nord e Mezzogiorno. 
L’esperienza della Cassa di Pescatore, dal momento della costituzione fino alla metà degli anni Settanta, si iscrive, infatti, nella fase magica dello sviluppo italiano ed ebbe una funzione cruciale per efficacia e capacità realizzativa, nel venticinquennio in cui il Sud, per la prima volta nella storia unitaria, contribuì in misura decisiva alla crescita dell’intero Paese e a realizzare il “miracolo economico”. 
Miracolo al quale, parimenti alla Cassa, contribuì anche l’altro grande braccio dell’intervento pubblico che fu il sistema delle imprese a partecipazione statale, IRI ed ENI in testa. Ma la Cassa, con la sua natura peculiare dal punto di vista istituzionale, seppe via via conquistarsi un ruolo centrale, divenendo l’elemento del più ampio complesso di iniziative pubbliche che prese il nome di «intervento straordinario» nel Mezzogiorno. Al successo della prima Cassa diede una forte spinta la natura tecnico – ingegneristica dello strumento, che la mise al riparo da quella deriva politico burocratica che nella fase successiva l’ha snaturata. 
Non a caso, tra il ’50 e il ’74, il Pil meridionale crebbe più che nei precedenti 90 anni unitari. Grazie alla Cassa si affermò un sistema che fu baluardo di un’azione programmata affidata per la sua realizzazione a presidi di personale tecnico di prim’ordine. In definitiva, la Cassa fu un’agenzia esemplare per tutta la fase della presidenza Pescatore e quell’esperienza può essere oggi riconsiderata proprio perché il tema dello sviluppo - e quindi del persistente dualismo -, come problema fondamentale dell’Italia, torni ad avere piena cittadinanza, se si vuole veramente governare l’uscita dalla lunga fase recessiva degli ultimi anni. Partendo proprio dall’assunto che, come negli anni ’50, il Sud è un ingrediente fondamentale della costruzione di un Paese che voglia avere un ruolo in Europa.


TUTTO CIO' ACCADE MENTRE ORGANI DI STAMPA ANNUNCIANO UN PROSSIMO REFERENDUM SULL'AUTONOMIA DELLA REGIONE LOMBARDIA.
http://www.lastampa.it/2017/05/29/italia/politica/maroni-firma-il-decreto-il-ottobre-referendum-per-lautonomia-della-lombardia-njX5zUljq1x45AI0JxGStN/pagina.html

Oh mia patria si bella e perduta!

venerdì 26 maggio 2017

TRATTATO sull’APOCALISSE di Isaac Newton : Interrogativi sulla natura della LUCE e della TRINITA’

Sin dai primi rudimenti di catechismo e lungo tutto il percorso di crescita di un cristiano viene spesso sottolineato il “valore profetico” delle Sacre Scritture e chi si avvicina ad esse ha anche modo di ritrovare fatti, episodi,  rispondenze, analisi che tendono a confermare questo tipo di ermeneutica, al punto di percepire il nesso di continuità, quel filo rosso, quel grande piano salvifico che presenta la tradizione cristiana e sottende la storia dal momento della creazione  sino all’instaurazione del regno messianico. Si tratta di un messaggio sottile, acuto, ma universale, che tutti possono comprendere e che non è nascosto, ma anzi destinato ai “piccoli” che, nella fede, potranno comprenderlo proprio mentre sarà occultato ai “grandi”. Tutto ciò non toglie, però, che punto oscuro di tutta la catena sequenziale che presentano i Libri del Canone è  e resta l’Ultimo Libro.
Il Libro dell’Apocalisse, ultimo libro del Nuovo Testamento, è veramente un Libro difficile. Un lettore semplice, senza alcuna preparazione teologica, rischia di “perdersi” alla ricerca di un senso sfuggente e che oscilla tra una generica, mera e rigida interpretazione letterale, d’impronta millenarista sulla fine dei tempi, e tante possibili interpretazioni allegoriche, che non si riesce a decidere quanto possano escludere oppure integrare il significato letterale che se ne può cogliere in senso stretto. Viene anche il dubbio se un libro di tali contenuti possa essere destinato a quegli umili di cuore e poveri di spirito esaltati nel Discorso della Montagna o non sia invece destinato, sebbene non in maniera esclusiva, a particolari componenti  oppure agli stessi Pastori del Gregge.
Chi ha ricevuto una formazione tecnico-scientifica e si ponga il problema di comprendere il Libro dell’Apocalisse non può far a meno di far ricorso, alla fine, anche al Trattato sull’Apocalisse di Isaac Newton. Quest’opera del grande scienziato e teologo inglese conduce inevitabilmente ad una interpretazione posta alla base di una storica disputa, ancora oggi presente in una parte del mondo protestante, che vede nell’Apocalisse la caduta della Grande Meretrice identificata con la Chiesa di Roma.
L’argomento di questa breve nota non vuole, comunque, entrare nel merito di questa difficilissima questione, da sempre dibattuta a partire dal momento in cui il cristianesimo riformato si è disperso in tanti rivoli, quanto porre l’accento su una singolare e netta posizione dello scienziato che si scopre nel corso del citato trattato: la negazione della natura trinitaria attribuita al Dio cristiano dal concilio di Nicea; elemento esso stesso di condanna e caduta, secondo Newton, della Chiesa di Roma.
Affascina, però, pensare che proprio Newton che propendeva per una teoria corpuscolare della luce, in contrapposizione con Huygens, che invece propendeva per una teoria ondulatoria, non abbia potuto compiacersi dei risultati cui è giunto, molto dopo, De Broglie nella sua teoria duale della luce, mettendo  praticamente d’accordo le due diverse impostazioni che sembravano contrapposte. La luce, infatti, come è accertato dalla Fisica moderna, in alcuni fenomeni mostra il suo aspetto corpuscolare,  mentre in altri quello ondulatorio. Ma, in entrambi i casi, la luce si manifesta come fenomeno energetico o comunque ad esso riconducibile. Nel caso in cui  emerge l’aspetto corpuscolare della luce entrano in gioco le masse, le velocità delle particelle in interazione; mentre, invece, quando emerge l’aspetto ondulatorio entrano in gioco la frequenza della luce e la costante di Planck. In ogni caso tutte e due le manifestazioni sono riconducibili a energia che si manifesta nell’uno e nell’altro modo.
Oggi in scritti di teologia (vedi ad esempio Michael Mireau (1998) - God the Creator : Developing a Trinitarian Understanding of Creation) si sostiene che lo Spirito (amore che esprime il legame trinitario) è il potere unitivo all’interno della creazione e lo spazio in cui le creature restano distinte una dall’altra; si parla, in maniera esplicita ma analogica, del lavoro dello Spirito come campo di forza che tutto permea e che mantiene ogni parte dell’intera creazione in uno stato di mutua interazione per condurla verso i propri fini. Tutto questo appare molto convincente nella sfera macro della realtà, ma appena si giunge al livello micro, la natura della luce riaffiora e allora ci si domanda se non sia lecita anche qui una esplicita analogia esplicativa della natura trinitaria. La particella di luce, il suo relativo pacchetto di onde e l’energia che essi esprimono, non possono ben rappresentare una triade di un’unica natura (energetica) pur restando tre distinte entità intimamente connesse?
Newton -  che taluni, per tracciarne ed enfatizzarne i tratti, hanno esageratamente paragonato ad un teologo che incidentalmente si occupava di fisica – se fosse vissuto ai nostri tempi si sarebbe certamente occupato di questi argomenti e chissà se le sue argomentazioni intorno alla Trinità non sarebbero mutate?