UN UNIVERSO COSCIENTE E METASTABILE, FORSE OLOGRAFICO, SUSCETTIBILE DI COLLASSARE, DUNQUE?

 (Libere congetture sulla scia delle discipline STOQ)


Introduzione

La Scienza del nostro tempo, terminata un’epoca di frontale contrapposizione con la Fede, appare oggi in dialogo con le altre discipline, particolarmente Filosofia e Teologia; e sembra che la sua visuale sul mondo “evolva”, si allarghi; e costringa ad evolvere e ad allargare la visuale di chi la professa!

Di tanto in tanto, forse sotto la spinta della prospettiva non ancora concreta di disporre di computer quantistici, si ha notizia da ambienti scientifici che il nostro universo si possa ipotizzare come un universo olografico (virtuale) pluridimensionale, risultato da una proiezione olografica di una matrice bidimensionale[1]. Inutile sottolineare  che le ipotesi restano ipotesi sino a quando in esse non si riveli qualche contenuto di realtà suffragata da risultati provenienti dalla sperimentazione. Per quel che è dato sapere tali risultati non sono ancora disponibili in maniera “certa”, per non parlare delle energie presumibilmente “incalcolabili”, sottostanti implicitamente ad un universo tutt’altro che finito e limitato, come pure ad una sua eventuale modellazione. Ciononostante autorevoli indizi, in questo caso, porterebbero a dire: un indizio è un indizio; due indizi sono un sospetto; tre indizi possono essere una prova!

La fisica teorica – è innegabile! -  attraverso gli sviluppi della matematica e della tecnologia informatica, ha riscosso grandi successi e ci ha abituato a teorie “provate matematicamente” (anche attraverso modellazione computerizzata) li dove la sperimentazione vera e propria non è possibile o ancora non è stato possibile intraprenderla.

In qualche forum web (di orientamento cristiano) interessato a discutere “Domande e Teorie sull’Universo”[2], si chiede addirittura se può l'universo essere stato generato da una formula matematica e se si possa dare una risposta scientifica senza incorrere nella metafisica e nella filosofia. Questo a testimonianza del grande interesse che riscuotono tali argomenti in un contesto di “Dialogo tra Scienza e Fede”[3], che è finalità precipua delle discipline cosiddette STOQ (Science, Theology and the Ontological Quest) per le quali sono ormai presenti consolidati insegnamenti in diverse Università, non solo Pontificie.

Pensando alla Teoria della Relatività e alle conoscenze di Calcolo Tensoriale, Geometria Differenziale, Topologia, Teoria dei Campi, etc., che essa richiede per essere utilizzata scientificamente (ossia una vita dedicata a questi studi), si può ragionevolmente congetturare che oggi sia quantomeno “prematuro ed incauto” affermare che l’Universo nella sua totalità possa essere esprimibile (ancor prima di essere simulabile o generabile!) con una formula matematica. Infatti, non solo sarebbe necessaria una potenza di calcolo ancora forse “indisponibile” per generare una sorta di ologramma universale, alla stregua di come i nostri personal computer  generano l’ambiente ed i personaggi dei giochi tipo Stronghold Crusader sulla base del software che si acquista al supermercato; ma occorrerebbe anche – plausibilmente, oltre dati certi e completi di un universo non ancora del tutto conosciuto -  una matematica talmente complessa, che si può presumere ancora da mettere a punto, studiare, apprendere ed applicare attraverso computer (quantistici?) con memoria, potenza di calcolo ed energia richiesta  “incalcolabili” attualmente.


Un Universo Cosciente?

La riflessione che segue ha preso spunto da due interessanti estratti di articoli: uno di New Scientist presente su twitter ed un altro di Scientific American. Il primo, del 4/5/2020, porta il  titolo «Is the Universe Conscious? It seems impossible until you do the maths»[4]


Fig. 1

In pratica ci si chiede se l'universo sia cosciente e si afferma al tempo stesso che ciò  sembra impossibile finché non si facciano i conti. Il che lascerebbe sin qui presupporre che i conti siano stati fatti e che un risultato sia stato trovato, grazie all’evoluzione delle scienze matematiche che, attraverso strumenti computazionali sempre più complessi e potenti, consentono ormai modellazioni in grado di dare inaspettati contributi conoscitivi. Però, procedendo nella lettura dell’estratto, fino alla fine, con un po’ di “suspense”, non si rileva nulla di importante da commentare, tranne la parte in grassetto nel pezzo qui appresso riprodotto e di cui la seguente ne rappresenta una traduzione in italiano:

«La questione di come il cervello dia origine all'esperienza soggettiva è la più difficile di tutte. I matematici pensano di poter aiutare, ma i loro primi tentativi hanno portato ad alcune conclusioni strabilianti.

LORO lo chiamano "efficacia irragionevole della matematica". Il fisico Eugene Wigner ha coniato la frase negli anni '60 per racchiudere il curioso fatto che semplicemente manipolando i numeri possiamo descrivere e prevedere tutti i tipi di fenomeni naturali con sorprendente chiarezza, dai movimenti dei pianeti e lo strano comportamento delle particelle fondamentali alle conseguenze di una collisione tra due buchi neri distanti miliardi di anni luce. Ora, alcuni si chiedono se la matematica possa avere successo dove tutto il resto ha fallito, svelando qualunque cosa ci permetta di contemplare le leggi della natura in primo luogo.

È una grande domanda. La questione di come la materia dia origine all'esperienza vissuta è uno dei problemi più fastidiosi che conosciamo. E abbastanza sicuro, il primo modello matematico di coscienza sviluppato ha generato un enorme dibattito sul fatto che possa dirci qualcosa di sensato. Ma mentre i matematici lavorano per affinare ed estendere i loro strumenti per scrutare nel profondo di noi stessi, stanno affrontando alcune conclusioni strabilianti.

Non da ultimo, ciò che stanno scoprendo sembra suggerire che se vogliamo ottenere una descrizione precisa della coscienza, potremmo dover abbandonare le nostre intuizioni e accettare che tutti i tipi di materia inanimata potrebbero essere coscienti, forse anche l'universo nel suo insieme. "Questo potrebbe essere l'inizio di una rivoluzione scientifica", afferma Johannes Kleiner, matematico presso il Centro di filosofia matematica di Monaco in Germania.

Se è così, è passato molto tempo. I filosofi hanno meditato sulla natura della coscienza per un paio di migliaia di anni, in gran parte inutilmente. Poi, mezzo secolo fa, furono coinvolti i biologi. Essi …»

Già da tempo, in ambito fisico e cosmologico, il principio antropico[5], anche attraverso il concetto di fine-tuning connaturato alle costanti universali, ha messo in evidenza che le osservazioni scientifiche sono soggette ai vincoli dovuti alla nostra esistenza di “osservatori”, cercando così di spiegare, sulla base di tale concetto, le attuali caratteristiche dell'Universo come funzionali a poter ospitare degli “osservatori”. Variazioni estremamente piccole dei valori delle costanti fisiche dell’universo in cui abitiamo non avrebbero potuto consentire l’abitabilità e quindi la presenza di “osservatori”. E’ conseguenziale dedurne che l’attribuzione dei valori alle costanti universali appare essere una complessa operazione di “sintonia fine” che riafferma l’esistenza di un progetto in tutta la creazione, come d’altronde lasciano presupporre antiche tradizioni religiose ed in particolare le scritture giudaico-cristiane.

Lo scenario di un universo cosciente, che le suddette ricerche presentate da New Scientist sembrano prospettare, è certamente rivoluzionario perché riguardano una conoscenza che pare essere di valore esistenziale ed ultimativo; perché riguardano la più profonda comprensione dell’universo e presumibilmente il ruolo dell’uomo in esso. Ed è proprio a questi aspetti che sembra si possa agganciare il secondo articolo presentato da Scientific American di cui si parlerà più oltre.

Tra i commenti all’estratto dal primo articolo, discussi qui appresso, due interrogativi immediatamente sorti nel corso della lettura (e posti all’editore) sono i seguenti[6] e se ne discuterà successivamente:

a.       Sant'Anselmo sosteneva che Dio è ciò che non si può immaginare più grande. Il vostro modello è finito e limitato o è infinito?

b.      Spinoza ha chiesto: Se Dio è tutto, il nostro amore per Dio è l'amore di Dio per Se stesso? (Senza essere Spinoza, si chiede ...) C'è una differenza tra le micro porzioni di coscienza della Creazione e la coscienza del Creatore? Le micro porzioni non fanno parte del Tutto?

Non si è avuta la possibilità di leggere l’intero articolo, bensì solo l’estratto, ma certo è che, chissà se per gettare il cuore oltre l’ostacolo,  sembra si affermi di aver approntato modelli matematici indicanti che l’intero universo appare un sistema autocosciente. Se così fosse e fossimo veramente in presenza di un universo cosciente, come potrebbe non essere consequenziale che l’attributo dell’essere cosciente non si estenda alla più infima particella di materia/energia che compone l’universo? Comunque, ciò di cui quell’articolo citato tratta, non è in termini di “ricerca” una novità in assoluto, perché il grande fisico britannico Roger Penrose, maestro di Stephen Hawking, in alcuni suoi articoli di Cosmologia[7] aveva già avanzato e discusso argomenti  a sostegno del fatto che la coscienza potesse essere messa in relazione anche con la dislocazione spazio-temporale di materia/energia. Inoltre, egli con altri, ha posto una serie di importanti interrogativi, qui di seguito tradotti dall’Inglese (riportati in breve e parzialmente), che andrebbero considerati da chiunque volesse indagare questi problemi su base scientifica:

«La coscienza è un caso epifenomenico di questo particolare universo? O il concetto stesso di universo dipende dalla sua presenza? La coscienza percepisce semplicemente la realtà o la realtà dipende da essa? La coscienza è emersa semplicemente come effetto dell'evoluzione? O era, in un certo senso, sempre "là fuori" nel mondo?»

Nell’ipotesi di Coscienza Universale, prescindendo per un momento dal panteismo[8] che in questa vi si può vedere implicito, può nascere l’idea che il vuoto quantomeccanico e l’universo materiale ivi  immerso, o quantomeno che lo permea in ogni sua parte, richiami direttamente la questione ontologica Anselmina per tutto il creato:

«O Signore, tu non solo sei ciò di cui non si può pensare nulla di più grande, ma sei più grande di tutto quanto si possa pensare».

Questa apparente meta-concezione panteistica diventa poi propria in Spinoza, e per certi versi ritenuta “sacrilega”, allorquando si giunge a pensare che “ se dio è tutto, allora il nostro amore per dio non è altro che l’amore di dio per se stesso”. In definitiva, la stretta relazione tra Universo e suo Creatore giunge a farli coincidere in una visione tale che si pone in antitesi con la concezione di un dio che trascende la realtà fisica sensibile, di un dio persona, onnisciente, onnipotente, onnipresente. Così, si ritorna a riaffermare la valenza  dell’Inconoscibile, dell’Innominabile, dell’Imperscrutabile; di Colui del quale non si può conoscere ciò che è, ma solo ciò che non è. Nonostante il problema non sia così risolto e non si trovino soluzioni razionalmente appaganti, c’è sempre una ragione in più per continuare ad interrogarsi, anche nel caso in cui il problema non avesse risposte in sé. Interrogarsi, con umiltà, in modo sincero e senza preconcetti, è la via per la ricerca della Verità e per l’evoluzione esistenziale.

Anselmo stesso diceva “credo ut intelligam - intelligo ut credam”(credo per capire e capisco per credere) in un processo circolare che produce conoscenza in maniera asintotica. Ossia, la conoscenza può continuare ad aumentare sino ad approssimarsi sempre più alla Verità, ma senza mai poter dare certezza di averla colta e raggiunta. Questa sembra essere di fatto la condizione umana.

Inoltre, nel caso della modellazione di cui sopra, presentata da New Scientist, per esempio, ci si chiede (non avendo potuto studiare l’intero lavoro) quale architettura di universo abbiano adottato, non solo morfologicamente su scala globale e locale, ma anche in termini di omogeneità ed isotropia, elementi questi essenziali per il vigente modello standard del big-bang. Ed ammesso che abbiano fatto ricorso alla formulazione di ipotesi per costruire il loro modello, i risultati che si ottengono, come ben sappiamo, sono validi solo se quelle ipotesi sono verificate sperimentalmente; in quanto, li dove le ipotesi  formulate non si verificassero realmente i risultati della teoria non potrebbero essere presi per scientificamente veri. La negazione di una ipotesi alla base di una teoria la “falsifica”(tanto per usare un termine “popperiano” odierno).

Allora, se  non sappiamo ancora oggi se l’universo è finito e limitato, o infinito e limitato, oppure se è infinito ed illimitato; se non sappiamo se è veramente isotropo ed omogeneo e  su quale scala; se non sappiamo quale architettura abbia (iper-sferica, toroidale, spongina[9], etc.);  come possiamo aver fiducia scientifica in un risultato di una modellazione matematica che avesse formulato solo ipotesi su tali aspetti, ancora difficilmente verificabili con certezza? E’ pur vero che la Matematica e la Fisica, da Feynman in poi, hanno trovato strumenti e metodi per trattare gli infiniti, ma come sono stati trattati in questo caso e sotto quali ipotesi già verificate o assunte come vere? Ed infine, per modellare adeguatamente un universo infinito su grande scala (salvo introduzione nel modello di possibili e ulteriori ipotesi e approssimazioni) non è necessario tanta memoria ed energia, forse illimitata, oltre che un tempo di calcolo molto lungo, ......presumibilmente.....illimitato?

Ulteriori osservazioni riguardano alcuni interrogativi su una sorta di estensibilità di quanto trovato con i primi risultati del modello: un universo cosciente complessivamente e in tutte le sue parti costituenti non è forse un universo che identifica quella Coscienza come Persona, dotata quindi di volontà, personalità ed intelligenza e quindi Senziente complessivamente e nelle sue varie parti? Infine, vi è un valore additivo delle caratteristiche particolari per comporre quelle globali oppure no; la coscienza (e quindi l’intelligenza, etc.) delle varie parti risiede in esse stesse,  ove non siano solo mero riflesso (per es. s’immagini una sorta di speciale Wi-Fi) per cui la Coscienza globale e collettiva consente alle varie parti (meri Suoi “sensori”) di accedere a Sé per conoscerLa  e utilizzarLa  secondo la Sua Volontà?

E’ evidente come e quanto siano implicati in questi discorsi problemi di determinismo e libero arbitrio, di libertà reale, non apparente o di soggezione ad un potere supremo, ad una volontà dai limiti incontenibili e che supera ogni altra volontà che possa esistere.

D’altro canto, Kurt Gödel, uno tra i più grandi matematici di tutti i tempi, attraverso i suoi teoremi d’incompletezza, ha dimostrato che "per ogni teoria affine", cioè per qualsiasi teoria formalizzata (per es.  quanto l'aritmetica elementare), questa  stessa teoria risulta incompleta; ossia, Gödel ha mostrato che vi sono  delle realtà vere ma non dimostrabili; in sostanza, non si possono dare risposte certe a tutte le domande perché vi sono domande le cui risposte non sono decidibili. Ciò non significa che non ci si debbano porre domande; anzi, sappiamo come non solo il Tomismo, ma tutta la Scolastica, abbia aperto la porta della razionalità umana alla conoscenza che trascende il mondo fisico, alla metafisica. Forse, dovremmo, invece, riconoscere i limiti, più che della “Scienza”, della “Conoscenza Umana”, che sono insiti nella nostra natura  in interazione  con il Creato. Limiti che ci riconducono alla nostra finitezza di “creature” affinché – come sostiene un vecchio professore – l’Umiltà e il Dubbio convivano in chi ha la pretesa di Ricercare la Verità, affinché egli sia sempre pronto, all’occorrenza delle circostanze, “a chinare il capo e piegare le ginocchia”, piuttosto che nutrire “Certezze” che si possano trasformare presto in arroganza e sicumera.

In alternativa, in assenza di una Coscienza che trascenda la realtà esistente, ma che faccia parte del mondo, ossia dell’universo stesso,  non vi può che essere un processo di de-ellenizzazione del pensiero giudaico-cristiano ben descritto dal Papa Emerito J. Ratzinger nel suo discorso di Ratisbona[10], secondo le tre tendenze (onde) che portano ciascuna a ben individuate conseguenze su cui occorre ancora riflettere.

Infine, può valer la pena soffermarsi su alcune considerazioni[11] di Fred Alan Wolf, un fisico nordamericano molto popolare e soprannominato dai suoi seguaci “Dr. Quantum”:

-          «L'intera domanda è: "Che cos'è la coscienza?" La coscienza sembra essere un processo in cui un ambiente viene definito e in cui un osservatore di quell'ambiente viene definito contemporaneamente. Quell'azione, che può non richiedere pensiero, ma che nondimeno sembra richiedere un qualche tipo di consapevolezza, sembra provocare una scissione tra soggetto e oggetto tra l'Esterno-lì e l'Interno-qui, o tra il Sé e il Non-sé. La coscienza sembra richiedere questo processo di essere in grado di riferirsi a se stessi come un'entità o qualcosa che è separato dal mondo esterno. Sembra che il sogno sia il luogo in cui si impara a diventare consapevoli e separare un là fuori da un dentro. Il sogno è un laboratorio del sé. È il modo in cui un'entità viene definita a se stessa. È un processo di autoreferenziazione e il processo di autoreferenziazione sembra essere assolutamente necessario affinché avvenga qualsiasi tipo di coscienza.

-          L'universo è fatto di materia e la materia che interagisce con la materia crea tutti i diversi fenomeni fisici che possono essere osservati. La vita e la coscienza sono in definitiva fenomeni fisici che possono essere osservati. Quindi tutto ciò che è associato alla vita deve essere associato a oggetti materiali che sbattono insieme, interagendo. Pertanto, deve essere che lo stato di sogno e tutta la consapevolezza cosciente devono essere qualcosa che sorge dall'interazione della materia. Quindi si trae la conclusione che la materia sogna. Questa è la conclusione logica del punto di vista materialistico.

-          E non mi interessa tanto il riduzionismo quanto la base su cui poggia il riduzionismo: la base è la materia. Non credo più che la materia possa essere la base del mondo. La materia stessa deve essere una qualità secondaria. Deve esserci una qualità più primordiale prima della materia. Nello stesso senso che deve esserci un ordine implicito, come direbbe il fisico David Bohm, al di fuori del quale la coscienza e la consapevolezza sorge, si direbbe anche che deve esserci un ordine, che non è direttamente percepibile, dal quale sorgono materia, spazio e tempo. Sappiamo o diciamo che abbiamo prove sperimentali che c'è stato un Big Bang, che l'universo è stato creato da un punto. La teoria si basa su due o tre bit di prove molto forti. Non significa necessariamente che questo sia assolutamente quello che è successo, ma è ciò in cui crediamo in base alle prove. Quindi l'universo è nato dal nulla. E non solo è venuto all'esistenza, ma anche tutta la materia, lo spazio e il tempo sono venuti all'esistenza simultaneamente. Dalla teoria della relatività generale, non puoi avere la materia che sorge nello spazio e nel tempo. La materia non è sorta nello spazio e nel tempo, non potrebbe. È arrivata con lo spazio e il tempo. Quindi la materia non può essere fondamentale e la nostra filosofia materialistica è difettosa, semplicemente perché non prende in considerazione il concetto elementare del Big Bang. Deve esserci qualcosa di più fondamentale della materia stessa.»

Detto ciò sull’estratto del primo articolo sopracitato e preso a riferimento, si può passare ad esaminare come ad esso siano strettamente connessi, o comunque come si possano connettere,  i contenuti dell’estratto relativo al  secondo articolo.

 

Un Universo Metastabile, quindi Collassabile?

Calderon de la Barca nella sua famosa opera "La Vita è Sogno"[12] «sottende interrogativi dalla valenza cosmica: cos'è la realtà? È il sogno finzione e la veglia realtà? O è l'inverso? Se la vita che viviamo non fosse che una rappresentazione in cui recitiamo una parte?»[13]. L'ipotesi che il mondo possa essere intriso di finzione, o essere esso stesso una finzione, non è nuova ed è corretto sostenere che si ripresenti da secoli ripetutamente in diverse epoche e  culture. Ai nostri giorni un secondo estratto di un articolo, di Scientific American in questo caso, pone l’interrogativo se possiamo forzare l’universo a collassare, articolo qui preso a riferimento[14] nonostante il titolo possa sembrare astruso o addirittura risibile. In tale articolo si sostiene anche che quando ci sono diverse idee sulla natura della realtà, si fanno avanti ipotesi, in cui la variante più complicata di questi concetti è l'ipotesi della “simulazione”; ovvero sino a ipotizzare che esistiamo all'interno di una realtà virtuale piuttosto che in una realtà fisica. Tant’è vero che, ai nostri giorni, una simile ipotesi è stata considerata anche per il Covid-19. Ma in tal caso, anziché salutarla come idea per una seria ricerca insieme  alle altre, è stata bollata come "negazionismo", secondo il metro vigente del “politicamente corretto”. Riflettendo su questo ci si interroga se possiamo oggi veramente parlare di  libero pensiero nella “civiltà” che viviamo. Logicamente, in questo caso del Covid-19, l'accusa di negazionismo viene giustificata dalla possibilità del male che un simile pensiero può ingenerare nella società durante il frangente della pandemia, che ci affligge globalmente. Ma, se così è, siamo proprio certi, per esempio, che la negazione dell’esistenza di un “Essere Supremo”, liberamente professata e alimentata da tanti, non produca parimenti effetti negativi, e quindi male, sulla nostra società? Per esempio uno sviamento dai valori e comportamenti tipici degli insegnamenti impartiti dalla propria cultura di appartenenza? Nel nostro tempo, in cui si abbattono senza distinzione alcuni miti, statue, simboli, legende, credenze consolidate e verità stesse, già l’espressione di un simile concetto può esporre- secondo il Mondo - al “peccato di bigottismo”, che sebbene non sanzionato dalle norme espone certamente all’ostracismo di coloro che la pensano diversamente. Eppure l’Umanità e la Scienza da essa sviluppata è sempre progredita quando idee, che al primo impatto potevano sembrare assurde, sono poi state sottoposte al vaglio accurato e al “setaccio” a maglia fine che caratterizza il metodo scientifico, anch’esso in crisi di identità, non soltanto per i limiti mostrati attraverso i media nelle recenti vicende Covid-19. Ma torniamo all’argomento principale che ha suscitato queste riflessioni.

L’estratto del secondo articolo preso qui a riferimento e presentato da Scientific American, porta il titolo  «Could We Force the Universe to Crash?»[15] (Potremmo forzare l'universo a collassare?) e come sottotitolo  «If we’re all living in a simulation, as some have suggested, it would be a good, albeit risky, way to find out for sure» (Se viviamo tutti in una simulazione, come alcuni hanno suggerito, ci sarebbe un buon modo, anche se rischioso, per scoprirlo con certezza).

Per comodità di analisi si riporta qui di seguito la traduzione dell’estratto evidenziando in grassetto i passaggi più rilevanti dei contenuti esposti:

« Questi sono i giorni dei sogni febbrili, indotti da un vero virus o dallo stress al rallentatore di un mondo alle prese con una pandemia. Un tipo di sogno in particolare che so di aver avuto e ha a che fare con la scoperta che questo era tutto, beh, un sogno. Tranne che, quando mi sveglio davvero, ricordo che ci sono idee sulla natura della realtà che vanno oltre anche questo. La variante più complicata di questi concetti è l'ipotesi di simulazione, ovvero che esistiamo molto più probabilmente all'interno di una realtà virtuale che in una realtà fisica.

L'affermazione che il mondo è una finzione non è nuova; sta spuntando da migliaia di anni in diverse culture, dalla Cina all'antica Grecia, sostenuta da pensatori come Descartes con il suo dualismo mente-corpo. Ma questa versione più recente, basata sul calcolo - o almeno sulla ricostruzione artificiale - è esplosa intorno al 2003 con la pubblicazione di un articolo intitolato "Stai vivendo in una simulazione al computer?" dal filosofo Nick Bostrom. In sostanza Bostrom sostiene che se qualche civiltà estremamente avanzata sviluppasse la capacità di eseguire "simulazioni di antenati" (per conoscere il proprio passato), le entità ancestrali simulate sarebbero probabilmente di gran lunga superiori alle entità senzienti effettive nell'universo. Con un piccolo gesto probabilistico della mano è quindi possibile sostenere che molto probabilmente siamo simulati.

Tutto ciò è molto divertente se hai bevuto qualche birra o hai trascorso troppe ore a rannicchiarti sotto le lenzuola. Ma mentre potresti amare o odiare questa ipotesi, il semplice fatto è che prima di giudicarla dovremmo davvero applicare i criteri che usiamo per valutare qualsiasi ipotesi, e il primo passo in quel processo è chiedere se può essere valutata in modo ragionevole .

Curiosamente, l'ipotesi della simulazione potrebbe essere verificabile, in determinate ipotesi. Ad esempio, potremmo supporre che una simulazione abbia i suoi limiti. La più ovvia, estrapolando dallo stato attuale del calcolo digitale, è semplicemente che una simulazione dovrà fare approssimazioni per risparmiare sulla memorizzazione delle informazioni e sui costi generali di calcolo. In altre parole: avrebbe dei limiti in termini di accuratezza e precisione.

Un modo in cui questi limiti potrebbero manifestarsi è nella discretizzazione del mondo, forse manifestandosi in barriere di risoluzione spaziale e temporale. Anche se pensiamo che ci siano dei limiti assoluti in ciò che costituisce piccole distanze o intervalli di tempo significativi - la scala di Planck e il tempo di Planck - ciò ha a che fare con i limiti della nostra attuale comprensione della fisica piuttosto che con il tipo di limiti di risoluzione sul tuo pixel schermo. Tuttavia, ricerche recenti suggeriscono che il vero limite di intervalli di tempo significativi potrebbe essere ordini di grandezza più grandi del tradizionale tempo di Planck (che a sua volta è di 10 -43 secondi). Forse i futuri esperimenti di fisica potrebbero rivelare un'inaspettata voluminosità nel tempo e nello spazio.

Ma il test più accurato dell'ipotesi sarebbe quello di mandare in crash il sistema che esegue la nostra simulazione. Naturalmente, sembra un po' sconsiderato, ma se siamo comunque tutti entità virtuali, è davvero importante? Presumibilmente un rapido riavvio e ripristino potrebbe riportarci online come se nulla fosse successo, ma forse saremmo in grado di dirlo, o almeno di avere qualche microsecondo di trionfo appena prima che tutto si spenga.

La domanda è: come si fa a far accadere una simulazione della realtà dal suo interno? La strategia più ovvia sarebbe quella di provare a causare l'equivalente di un overflow dello stack, chiedendo più spazio nella memoria attiva di un programma di quanto sia disponibile, creando un processo ricorsivo all'infinito, o almeno eccessivamente. E il modo per farlo sarebbe costruire le nostre realtà simulate, progettate in modo che all'interno di quei mondi virtuali ci siano entità che creano la loro versione di una realtà simulata, che a sua volta fa lo stesso, e così via fino alla tana del coniglio . Se tutto questo avesse funzionato, l'universo come lo conosciamo potrebbe schiantarsi, rivelandosi come un miraggio proprio quando siamo scomparsi dall'esistenza.

Si potrebbe obiettare che qualsiasi specie in grado di simulare una realtà (probabilmente simile alla sua) anticiperebbe sicuramente questa eventualità e incorporerebbe alcune misure di salvaguardia per impedire che accada. Ad esempio, potremmo scoprire che è stranamente e inspiegabilmente impossibile creare dei nostri universi simulati, indipendentemente dalla potenza dei nostri sistemi computazionali, siano essi computer quantistici generalizzati o altro. Questo di per sé potrebbe essere un segno che esistiamo già all'interno di una simulazione. Ovviamente, anche i programmatori originali avrebbero potuto anticipare quello scenario e trovare un modo per ingannarci, forse semplicemente trasmettendoci informazioni da altre simulazioni invece di lasciarci eseguire le nostre

La lettura di un simile pezzo, certamente ansiogena per lettori molto  interessati ma sensibili, può sembrare sulle prime battute, più che la descrizione di un esperimento di fisica,  la pianificazione di un evento escatologico che annulli le nostre esistenze, ignare dell’ “oggettiva” realtà virtuale in cui ci troviamo ad essere; realtà – o meglio virtualità -  destinata anch’essa a svanire insieme a noi e al nostro universo. Tutta la descrizione, e soprattutto il possibile rapido riavvio e ripristino per riportarci online come se nulla fosse successo, sembrano strettamente connessi a quei “cieli nuovi e Terra nuova”[16] di cui ci parla la Rivelazione, nell’ultimo Libro del Nuovo Testamento.

L’aggancio tra l’attuale civiltà umana e quella del futuro, dei cui componenti saremmo gli antenati, è del tutto esplicito e passa anch’esso attraverso simulazioni computerizzate tese alla nostra “virtuale ricostruzione ed individuazione”.

Per quanto ipotesi di lavoro come quelle descritte sopra possano sembrare risibili, immaginifiche e del tutto congetturali, sarebbe erroneo assumere atteggiamenti di ostracismo o addirittura di avversione nei loro confronti. Detta in termini calcistici: se è vero che non si può correre dietro ad ogni “palla”, è altrettanto vero che tanto più sono le “palle” che si prendono in seria considerazione e dietro cui si corre per valutarle e lavorarci con impegno, tanto più si ha probabilità di andare in rete e vincere la partita.

Eppure tutta la Scienza, come la conosciamo - per esempio la teoria newtoniana della gravitazione e quella corpuscolare della luce - si è sviluppata assumendo la realtà fisica che percepiamo come “oggettiva”, nonostante dubbi di carattere prevalentemente filosofico fossero emersi. Ma, chi potrebbe negare il successo teorico e sperimentale di tale teoria e gli avanzamenti di conoscenza che essa ha prodotto per l’umanità?

Poi, con le Teorie della Relatività, la teoria newtoniana della gravitazione si è rivelata un’utile approssimazione, valida solo per velocità estremamente basse e lontane dalla velocità della luce. Cosi, lo spazio ed il tempo sono stati riuniti in un “unicum” spaziotemporale; la materia (massa), attraverso la costanza della velocità della luce, è divenuta equivalente ad una determinata quantità di energia (proporzionale alla massa e al quadrato della velocità della luce). Inoltre, il movimento stesso tra due punti, anche se di “minima azione” (quello naturale, che avviene sempre con  la minima energia, ossia non “pilotato” né “alimentato”) ha perso la teorica “linearità” della traiettoria,  perché la presenza di materia/energia incurva lo spazio, tanto più, quanto più è la quantità di materia/energia presente. Cosicché, il movimento da un punto all’altro di uno spazio  avviene su curve geodetiche di quello spazio. In definitiva come si usa dire: in presenza di materia tutto avviene come se la materia dicesse allo spazio come incurvarsi e lo spazio dicesse alla materia come muoversi in esso. Con la Relatività, le stesse misure dello spazio e del tempo hanno perso il loro valore apparentemente assoluto e si sono rivelate caratteristiche tipiche di un sistema in movimento a seconda della sua velocità, comportando così problemi di dilatazione o contrazione, con  conseguente impatto sul concetto di contemporaneità di due eventi. L’immediatezza dell’azione a distanza della teoria newtoniana della gravitazione ha trovato così la sua pietra d’inciampo  nella costanza della velocità della luce.

In uno  spazio-tempo costituito da 3 coordinate spaziali e una temporale, con il quale può essere descritto un universo come il nostro, ogni punto che gli appartiene è caratterizzato dai quattro valori delle coordinate di quel punto. In tal modo la “storia” e le “caratteristiche” di ogni punto (particella), oppure onda, sono trattabili matematicamente e probabilisticamente secondo le leggi della Relatività e della Meccanica Quantistica, la quale afferma il dualismo onda-particella. In particolare un fotone, ossia un quanto elementare di luce, appare comportarsi come una particella in alcuni fenomeni (per es. in fenomeni di “impatto”) e invece in altri appare comportarsi come onda (per es. in fenomeni di interferenza), senza però che in uno stesso esperimento possa mostrare contemporaneamente i due aspetti. Nel mondo atomico e sub-atomico, tipici nello studio della Meccanica Quantistica, anche le altre particelle, come ad esempio l’elettrone – carica elettrica elementare – vengono associati ad una funzione d’onda. Ossia ad una funzione matematica in cui un certo valore al quadrato in un determinato punto dello spazio-tempo, esprime la massima probabilità di trovare quell’elettrone in quel punto, visto che non si può sapere al tempo stesso la velocità e la posizione di quell’elettrone a causa dell’interferenza che provoca l’osservazione fisica (osservatore + apparato sperimentale) a scale atomiche e sub-atomiche. Ogni qualvolta l’osservazione sperimentale avviene e si giunge ad un risultato di localizzazione della particella in esame nello spazio-tempo, si dice che si è verificato il “collasso della funzione d’onda”. Si rende così “oggettivo” attraverso l’esperimento lo stato della particella. Dove questo stato può assumere due soli valori in cui l’uno esclude l’altro, per esempio “reale” o “virtuale”, l’esperimento (ricercatore + apparato)  forza la funzione d’onda a collassare e a svelare lo stato del sistema soggetto a esperimento. Ma, all’origine della moderna visione” olistica” della realtà, avvalorata dalla Meccanica Quantistica, ossia considerare connessa e interdipendente ogni parte della realtà ove l’interazione avviene a velocità superluminali, trova giustificazione nei cosiddetti fenomeni di “entanglement”. Si tratta di un «legame di natura fondamentale esistente fra particelle costituenti un sistema quantistico (dall’inglese to entangle «impigliare, intricare»). È anche detto, talvolta, correlazione quantistica. In base a esso, lo stato quantico di ogni costituente il sistema dipende istantaneamente dallo stato degli altri costituenti. Tale legame, implicito nella funzione d’onda del sistema, si mantiene anche quando le particelle sono a distanze molto grandi, e ha conseguenze sorprendenti e non intuitive, sperimentalmente verificate. Infatti, è una conseguenza diretta dei principi della meccanica quantistica che la misurazione (intesa in senso quantistico) delle proprietà di una particella influenzi anche quelle dell’altra».[17]

Alcuni scienziati servendosi della Meccanica Quantistica, sono giunti a estrapolare l’esistenza della funzione d’onda e a proporre non solo una funzione d’onda universale[18] (per es. Everett) ma anche che un qualunque oggetto nello spazio-tempo di un universo come il nostro possa essere caratterizzato da una sua propria funzione d’onda. Secondo tale approccio, non avendo altre informazioni sulla modellazione effettuata, sulla base di ciò e di quanto indicato sopra, possiamo solo immaginare per un modello di universo - di caratteristiche predefinite e simulato su un computer - che esso possa essere composto da una serie di oggetti caratterizzati ciascuno dalla propria funzione d’onda in modo tale che sia nota anche la funzione d’onda dell’universo stesso. Inoltre, si può ritenere, per esempio, che ciascuna delle parti componenti possa assumere due diversi stati:  “reale” o “virtuale”, ossia: esistente o non esistente. E’ ragionevole presumere che con una modellazione che segue un tale schema si possa simulare un esperimento e forzare in tal modo il collasso delle funzioni d’onda, quelle particolari e quella complessiva, e giungere a conoscere lo stato del sistema ad esperimento (collasso) avvenuto, nonché le probabilità associate. E’ comunque evidente che in questa configurazione, come pure in altre similari, la volontà di determinare l’esperimento, e quindi il collasso della funzione d’onda, è espressa al difuori dell’universo simulato dall’operatore che conduce la simulazione. Pertanto, non si può parlare propriamente né di coscienza dell’universo né di coscienza delle singole parti costituenti. Piuttosto, in caso si potesse stabilire una relazione tra le caratteristiche delle parti costituenti e quella complessiva dell’universo simulato, e se ciò valesse anche per le funzioni d’onda, si potrebbero condurre esperimenti del tipo “What If” simulando il comportamento del tutto al variare del comportamento delle singole parti costituenti e viceversa. Un overflow di memoria complessivo in corrispondenza di un overflow che si determini in maniera volontaria o accidentale in modo generalizzato nelle singole parti, sembra - nella configurazione sopra descritta - una conseguenza inevitabile, ma non si potrebbe pretendere che questa sia presa come una particolare “scoperta”. In definitiva, ci si interroga qui  sul nesso tra coscienza e volontà . In pratica, si può parlare di coscienza se ad essa non si accompagna la volontà, ossia l’intenzionalità e la possibilità di un libero arbitrio nelle scelte?

Immaginare una simulazione nei termini appena descritti, con molta probabilità può non corrispondere alla modellazione di cui parla il secondo articolo. Ciononostante è stato un esercizio per mettere in evidenza che per innescare un collasso in una generica modellazione è necessaria un “innesco” interno o esterno al sistema modellato, prodotto da una intenzionalità e dalla libertà di poter esercitare quell’intenzione.

In realtà la Scienza, con la scoperta del Bosone di Higgs al CERN di Ginevra nel 2012 - particella che conferisce massa e nota anche come “particella di Dio” - , si è realmente posta la domanda su quanto sia di per sé stabile il nostro universo. Una prima risposta è contenuta nel quadro sinottico seguente da fonte INFN[19] (vedi Fig. 2).

«I dati sperimentali mostrano che la massa del bosone di Higgs è circa 125 GeV, cioè quanto un intero nucleo di cesio. Recenti calcoli teorici hanno messo in luce una sorprendente coincidenza. Se il modello standard fosse valido anche a distanze ben più piccole di quelle finora esplorate, una massa del bosone di Higgs di circa 125 GeV corrisponderebbe esattamente al minimo valore necessario per evitare che il nostro universo termini la sua esistenza collassando in un enorme grumo massiccio. In altre parole, la massa del bosone di Higgs ha proprio il valore giusto per mantenerci in bilico sull’orlo di un’apocalisse cosmica: viviamo cioè in quello che si chiama un universo metastabile. Secondo alcuni fisici teorici, questa singolare coincidenza potrebbe essere la manifestazione dell’esistenza di una moltitudine di universi paralleli, il cosiddetto multiverso (contrapposto cioè all’universo). Ognuno di questi universi paralleli è caratterizzato da costanti fisiche diverse e dunque alcune proprietà del nostro universo potrebbero essere il risultato di una selezione probabilistica. In altre parole, la massa del bosone di Higgs di 125 GeV ci sembra una strana coincidenza solo perché siamo in grado di osservare un solo universo. Un universo metastabile potrebbe invece essere di gran lunga statisticamente favorito all’interno del multiverso. Oppure, nel multiverso potrebbe essere raro trovare un universo che permette le caratteristiche necessarie alla vita e quindi, per motivi statistici, quelle caratteristiche sono soddisfatte nel nostro universo solo marginalmente. Così si spiegherebbe perché la massa del bosone di Higgs è prossima a quel valore critico oltre al quale il nostro universo è condannato a una catastrofica transizione di fase.»[20]

Fig. 2

In definitiva, trascurando che naturalmente il nostro universo potrebbe essere destinato ad un passaggio di fase,  potrebbe anche apparire che basterebbe poco, solo un piccolo “aiutìno” per far in modo che possa collassare in ogni caso (virtuale o reale che esso sia). Magari orientando le coscienze!

Dato il contesto, però, a meno che non si identifichi la figura del Creatore, e quindi della Coscienza globale, con qualche Demiurgo di cui parla l’Antica Gnosi, o con il Ribelle oppositore  di cui parla l’Angelologia, l’idea che questo “aiutìno” possa venire proprio “da lassù” andrebbe logicamente esclusa, visto che il vero Creatore è Sommo Bene ed incapace di voler il male degli uomini. Egli infatti potrebbe far collassare l’Universo solo in tempi  escatologici e quindi per sradicare definitivamente la Morte entrata nel mondo con Adamo, al fine di concedere, agli uomini che hanno creduto per Fede, la Grazia della Salvezza e della Risurrezione in un corpo incorruttibile ed immortale.

Che l’ “aiutìno”, contro la volontà del Creatore invece, possa nascere “da quaggiù”, da una complessiva e monolitica unione delle volontà da parte delle coscienze individuali presenti nelle parti costituenti, è anch’essa una ipotesi logicamente escludibile, in quanto significherebbe che il Creatore ha perduto la Sua onnipotenza e la sua onniscienza , quindi il controllo del creato; cosa che contraddice i presupposti della Sua Divinità, anche li dove assunta per ipotesi e non per dogma di fede. Ciò è vero, però, a meno che Egli non recepisca in tempi escatologici le invocazioni di aiuto sollevate intenzionalmente – a causa della Grande Tribolazione - da parte di tutta l’Umanità credente, per realizzare, attraverso la fine dei tempi, quel piano di salvezza facente parte della promessa e del Credo cristiano, ma che affonda le radici nell’antico universalismo ebraico.


Alcuni rilievi conclusivi

Supponiamo che la paventata de-ellenizzazione del pensiero giudaico-cristiano non si realizzi spontaneamente, in concreto, nel nostro tempo, secondo le linee del Discorso di Ratisbona. In tal caso, se mettiamo da parte la malafede e i retro-pensieri dobbiamo ammettere che non v’è ragione logica o oggettiva per cui l’ipotesi di un universo virtuale (o anche virtuale e cosciente) possa escludere l’esistenza di un Dio che trascende la nostra attuale realtà, sia essa conforme al Modello Standard del Big Bang o a quello di una proiezione tridimensionale[21] di una matrice olografica bidimensionale, o altro ancora.

Non si vuole trattare qui di una prospettiva umana che esclude Dio, e quindi di quel «...transumanesimo (o transumanismo, a volte abbreviato con >H o H+ o H-plus),... movimento culturale che sostiene l'uso delle scoperte scientifiche e tecnologiche per aumentare le capacità fisiche e cognitive e migliorare quegli aspetti della condizione umana che sono considerati indesiderabili, come la malattia e l'invecchiamento, in vista anche di una possibile trasformazione post umana»[22], di cui si ipotizza faccia parte una visione di quasi-immortalità avulsa dalla tradizione giudaico-cristiana. Si tratta solo di: Ricerca della Verità, e come sosteneva suor Teresa Benedetta della Croce (al secolo: Edith Stein, proclamata santa da Giovanni Paolo II nel 1998): «chiunque cerca la verità cerca Dio, senza saperlo»[23].

Questo moto e senso del “cercare” possiamo considerarlo certamente vero per gli sforzi compiuti sinora dalla Scienza per darci una possibile comprensione della “realtà” e delle leggi che la governano, come pure per quegli sforzi che restano da compiere per “unificare” Relatività e Meccanica Quantistica o per individuare le vie di una Nuova Fisica. Non possiamo invece evitare di considerarlo vero anche per quella parte che troppo spesso è stata liquidata (e talvolta “bollata”) frettolosamente perché “scomoda” o difficilmente integrabile o persino “eretica”, poiché anche qui, ammessa e non concessa la fallacia degli sforzi, si è sempre trattato – ove non in mala fede - di sincera investigazione umana nei confronti dei misteri sottesi dalla nostra “realtà”, dal nostro Mondo.

Solo per citare alcuni esempi:

Almeno in via ipotetica e tutta da indagare ancora,  si potrebbe assumere che l’accertamento attraverso modellazione matematica computerizzata della possibilità che l’universo in cui viviamo sia di tipo virtuale (olografico) e al tempo stesso sia dotato di una coscienza globale, peraltro in relazione con le coscienze parziali delle parti che lo costituiscono, implicherebbe di dover riconsiderare con rinnovata e diversa attenzione sia il pensiero Teilhardiano, sia tutta la Fisica di F.J. Tipler senza velleità di frettolosa liquidazione; in particolare la “Fisica dell’Immortalità”[24], la “Fisica del Cristianesimo”[25] , la sua “Teoria del Punto Omega” (con un “Dio” che dal futuro governa teleologicamente il passato per condurlo a Sé) e molti dei suoi saggi tra cui “Deus Ex Silico”[26]. In definitiva, secondo Tipler, se l’universo fosse davvero virtuale, la prospettiva di vita eterna potrebbe essere semplicemente una emulazione di più alto livello nel Punto Omega, e: «al Punto Omega spetterà la scelta di usare o no il  proprio potere per effettuare tali simulazioni. In questo modo l'eschaton si schiuderà a noi secondo il meccanismo fisico della risurrezione individuale: «saremo emulati nei calcolatori del futuro remoto» e ci sarà identità personale tra l'essere umano originale e quello risuscitato nell'emulazione poiché la simulazione dei tratti essenziali della personalità sarà sufficientemente accurata da poterla identificare con la persona originale.»[27] Le stesse sensazioni, personalità e atteggiamenti sarebbero emulati con esattezza, come pure la stessa corporeità.

Alla stessa stregua si dovrebbe riconsiderare la teoria olistica della realtà di David Bohm[28] – uno dei più insigni scienziati quantistici - implicante che tutti gli esseri viventi, come d’altronde tutte le particelle esistenti nell’universo, sono collegati insieme; come pure lo erano al momento del Big-Bang, in una sorta di rete connettiva in permanente evoluzione, che nel momento in cui viene parzialmente  osservata (collasso della funzione d’onda) diviene quella parte dell’Universo che noi osserviamo  nello spazio-tempo in cui ci troviamo ad esistere. L’idea dell'universo olografico, come pure quella che la realtà solida non esiste, vengono oggi fatte risalire allo stesso Bohm, il quale sembra fosse convinto che: «Siamo pura coscienza che fa esperienza in un corpo: siamo percettori, siamo consapevolezza. Non siamo oggetti. Non abbiamo solidità. Siamo senza confini. Nonostante la sua apparente solidità, l'Universo è un fantasma, un ologramma gigantesco e splendidamente dettagliato. Le particelle subatomiche restano in contatto, indipendentemente dalla distanza che le separa e la loro separazione è un’ illusione».

E’ solo cosi che il principe Sigismondo, in “La Vita è Sogno”, maturato dalle dure esperienze della sua propria esistenza e uscito dalla sua turrita prigione può convenire che: «Ma, sia realtà o sogno, una sola cosa importa: agire bene...»[29].

 



[1] Per un approfondimento si veda, ad esempio, il capitolo “Universo Olografico” nel libro dell’Ing. Marco Miserocchi - “Favola di un  universo - Appunti di cosmologia moderna” sulla base del quale l’Autore ha tenuto i suoi corsi di cosmologia presso il Circolo Astrofili di Piacenza in diversi anni passati.

[3] Dialogo avviato formalmente a Roma, nel 2000 sotto il Pontificato di Giovanni Paolo II.

[5] Vedasi ad esempio in J.D.Barrow – F.J. Tipler – Il Principio Antropico ( 1986) - Adephi Editore – Edizione 2002

[6] Essi, peraltro, sono stati oggetto di una segnalazione via twitter a New Scientist

[8] Che pure è in se stesso un problema altamente meritevole di maggiore e più estensiva indagine.

[9] Modellata con una struttura come una spugna, o se si vuole anche tipo groviera, a causa della presenza di buchi neri supermassivi in nuclei galattici attivi (AGN) che plasmano cavità e singolarità nello spazio-tempo (per es. wormholes).

[11] Estratto da “Common Ground Interview - The Dreaming Universe” reperibile sul web.

[12] CALDERÓN DE LA BARCA(Madrid 1600-81), La vita è sogno, Torino, Einaudi, 1980.

[16] Apocalisse - 21:1 Poi vidi un nuovo cielo e una nuova terra, perché il primo cielo e la prima terra erano passati, e il mare non c'era più.

[21] Vedi nota (2)

[29] Vedi nota (13)

3 commenti:

  1. Una bella visione, piu che affabulatrice, di Giuliana Conforto su alcune moderne scoperte scientifiche:
    https://www.byoblu.com/2020/08/30/i-segreti-delluniverso-giuliana-conforto-speakerscorner/

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  2. PROBABILITA' 50% ?
    https://www.scientificamerican.com/article/do-we-live-in-a-simulation-chances-are-about-50-50/?utm_source=newsletter&utm_medium=email&utm_campaign=today-in-science&utm_content=link&utm_term=2020-10-13_featured-this-week&spMailingID=69013691&spUserID=NDQzNzc2MzYwNzE2S0&spJobID=1981521816&spReportId=MTk4MTUyMTgxNgS2

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  3. https://www.scientificamerican.com/article/the-universe-is-not-locally-real-and-the-physics-nobel-prize-winners-proved-it/

    The Universe Is Not Locally Real, and the Physics Nobel Prize Winners Proved It.
    Elegant experiments with entangled light have laid bare a profound mystery at the heart of reality

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