domenica 20 giugno 2021

TEOLOGIA DELLA LIBERAZIONE O DELLA SOTTOMISSIONE? UNA “CONTRADDIZIONE” CHE PUO’ SVIARE LA LETTURA DELLE SACRE SCRITTURE?

L’intero racconto biblico cristiano ci parla di un progetto di salvezza dell’Uomo caduto in peccato attraverso la disobbedienza dopo la  Creazione; progetto che si realizza attraverso l’azione salvifica di Cristo mediante la volontaria immolazione di se stesso sulla Croce e che si compie con l’avvento del Regno Messianico al ritorno di Cristo sulla Terra.

In una polarizzazione che dura da secoli, per alcuni si tratta di “favole”, “oppio dei popoli”, attraverso cui si esercita un dominio sull’Uomo e nella Società; per altri si tratta della Parola ispirata da Dio tra gli uomini per guidare gli Eletti e condurli alla salvezza eterna, ossia: un corpo immortale ed incorruttibile in quel Regno di Giusti da venire. Comunque ci si collochi tra questi due poli occorre riconoscere che in un processo circolare di interdipendenza si potrebbe dire che le Sacre Scritture e la Tradizione maturata sul racconto biblico guidano la Chiesa da oltre duemila anni, ma viceversa  la stessa Chiesa, facendosi depositaria e custode della Fede e della Tradizione nei secoli, guida l’analisi e l’interpretazione delle Sacre Scritture nel tempo, contestualizzandone e attualizzandone il senso. Il modo in cui leggerle, secondo la Chiesa, non è celato - sebbene si tratti di argomento molto dibattuto - e lo si può trovare in un documento della Pontificia Commissione Biblica dal titolo “L'interpretazione della Bibbia nella Chiesa”[1]. Qui di seguito, a fini illustrativi ed esplicativi degli interrogativi posti nel titolo, si cercherà di utilizzare - per quanto possibile - concetti e argomenti di tale importante documento onde evitare possibili fraintendimenti ed errori.

 

(Fonte dell' Immagine: Wikipedia)

·         Teologia della liberazione

Nella lettura biblica, la prospettiva di una  teologia della liberazione appare, tra le altre, intellettualmente attraente e auspicabile, ma è certamente – come viene chiarito nel citato documento - un movimento teologico complesso, consolidatosi verso gli inizi degli anni settanta, che non va indebitamente semplificato. Peraltro, nel suddetto documento, viene riconosciuto che il punto di partenza del movimento, oltre alle circostanze economiche, sociali e politiche dei paesi dell’America Latina, si trova in due grandi avvenimenti ecclesiali:

-          il Concilio Vaticano II, con la sua dichiarata volontà di aggiornamento e di orientazione del lavoro pastorale della Chiesa verso i bisogni del mondo attuale,

e

-          la II Conferenza Generale dell’Episcopato Latino-Americano a Medellin nel 1968, che ha applicato gli insegnamenti del Concilio ai bisogni dell’America Latina.

Ma, se da un lato si è trattato di un movimento teologico di successo - infatti si è propagato anche in altre parti del mondo (Africa, Asia, popolazione di colore degli Stati Uniti) - viene chiarito che è difficile discernere se esista “una” teologia della liberazione e definirne il metodo. Altrettanto difficile appare determinare in maniera adeguata il suo modo di leggere la Bibbia, sebbene sembra si possa dire che non adotta un metodo speciale, ma, partendo da punti di vista socio-culturali e politici propri, pratica una lettura biblica orientata in funzione dei bisogni del popolo, che cerca nella Bibbia il nutrimento per la propria fede e la propria vita. Insomma, si cerca una lettura che nasca dalla situazione vissuta dal popolo in circostanze di oppressione per cercarvi il nutrimento capace di  sostenerlo nelle sue lotte e nelle sue speranze, da cui scaturirà la prassi cristiana tendente alla trasformazione della società per mezzo della giustizia e dell’amore. Insomma, nella fede, la Scrittura si trasforma in fattore di dinamismo di liberazione integrale, dove i principi sono i seguenti:

i.              Dio è presente nella storia del suo popolo per salvarlo.

ii.            Egli è il Dio dei poveri, che non può tollerare l’oppressione né l’ingiustizia.

iii.      Questa è la ragione per cui l’esegesi non può essere neutra, ma deve schierarsi, al seguito di Dio, dalla parte dei poveri e impegnarsi nella lotta per la liberazione degli oppressi.

iv.         La partecipazione a questa lotta permette di far apparire dei significati che si scoprono solo quando i testi biblici vengono letti in un contesto di solidarietà effettiva con gli oppressi.

v.         Poiché la liberazione degli oppressi è un processo collettivo, la comunità dei poveri è il migliore destinatario per ricevere la Bibbia come parola di liberazione.

Inoltre, poiché i testi biblici sono stati scritti per comunità, la lettura della Bibbia è affidata in primo luogo proprio a comunità, specie dove  La Parola di Dio è pienamente attuale, grazie soprattutto alla capacità che possiedono alcuni “eventi fondatori” (l’uscita dall’Egitto, la passione e la risurrezione di Gesù) di suscitare nuove realizzazioni nel corso della storia.

Inutile in questa sede discutere e dare evidenza, a sostegno della teologia della liberazione, ricavandolo dal senso complessivo del racconto biblico e in particolare dei molti brani – specie, ma non solo, del Nuovo Testamento – che la motivano[2]; lo si dà per scontato! Sebbene, però, si riconosca che la teologia della liberazione comprende elementi il cui valore è indiscusso si sottolinea anche che  una lettura così orientata della Bibbia comporta certi rischi, particolarmente non prestando altrettanta attenzione ad altri testi della Bibbia stessa. Ed è proprio prestare attenzione anche altrove, ciò che si tenterà di fare qui di seguito, poiché se è riconosciuto che l’esegesi non può essere neutra, ci si deve però anche guardare affinché non sia unilaterale. Sotto la spinta di enormi problemi sociali, viene riconosciuto, che l’accento è stato talvolta messo di più su un’escatologia terrena, e talvolta a detrimento della dimensione escatologica trascendente della Scrittura; in definitiva, una svalutazione dei connotati profetici insiti nella Scrittura stessa.

 

·         La Prima Lettera di Pietro - Un codice di condotta cristiano[3] (1 Pietro 2:11-25)

Per rivolgere l’attenzione anche altrove ed evitare di guardare in modo unilaterale si propone, quindi, come esempio, il seguente brano della Prima Lettera di Pietro, nella forma familiare ad evangelici nordamericani, che in maniera auto evidente e non esclusiva, giustamente ravvedono in essa un codice di condotta cristiano.

 (11) Carissimi, vi supplico come compagni di soggiorno e residenti temporanei [su questa terra] di astenervi dalle concupiscenze carnali che stanno facendo guerra contro le vostre [stesse] vite. (12) Mantieni il tuo modo di vivere tra i gentili (cioè i non credenti) [moralmente] buono, in modo che sebbene vi calunniano come malfattori, quando guardano alle vostre buone opere (cioè vita e produzione) possano [ancora] dare gloria a Dio nel giorno della visitazione. (13) Sottomettetevi ad ogni autorità umana stabilita per amore del Signore, sia che si tratti di un re, come sovrano, (14) o di [altri] dirigenti, come inviati tramite Lui allo scopo di riprendere i malvagi ma per lodare quelli che fanno del bene. (15) Questa è infatti la volontà di Dio, cioè che voi mettiate a tacere l'ignoranza degli stolti operando il bene, (16) come uomini liberi, ma non usando la vostra libertà come un mantello per il male, ma come servi di Dio. (17) Rispetta tutti, ama la fratellanza [dei credenti], temi Dio, onora il re. (18) I servi si sottomettano con tutto il rispetto ai loro padroni, non solo a coloro che sono buoni e ragionevoli, ma anche a coloro che sono ingiusti. (19) Perché questo è piacevole [agli occhi di Dio], [cioè] se per [mantenere una coscienza pulita] verso Dio qualcuno sopporta le afflizioni quando ingiustamente [sottoposto] alla sofferenza. (20) Ma quale gloria [è la tua] se sopporti la punizione per aver peccato? Ma se sopporti la sofferenza per aver fatto il bene, questo è gradito a Dio. (21) Perché è proprio a questo scopo per cui sei stato chiamato (cioè la partecipazione alle sofferenze di Cristo); perché anche Cristo è morto per te, lasciandoti un esempio perché tu possa seguire le sue orme: (22) «Non commise peccato, né si trovò inganno nella sua bocca» (Is 53,9b). (23) Non ha ricambiato la calunnia quando è stato calunniato, non ha minacciato quando ha sofferto, ma si è affidato a Colui che giustamente giudica. (24) Egli stesso portò i nostri peccati nel suo corpo sul legno, affinché, essendo morti ai peccati, potessimo vivere alla giustizia. Per la sua ferita sei stato guarito. (25) Perché un tempo eravate come pecore smarrite, ma voi ora siete tornati al Pastore e Sorvegliante delle vostre vite.     (1 Pietro 2:11-25)

E’ evidente ad ogni lettore, anche senza alcuna preparazione teologica, che il tema dominante nel brano sopra riportato è quello  della sottomissione e dell’obbedienza; sia che si tratti di un re, come sovrano, o che si tratti di un padrone, come pure di ogni altra autorità umana stabilita. E si badi bene che sottomissione e obbedienza sono dovute non solo verso coloro (in autorità) che sono buoni e ragionevoli, giusti, ma anche verso coloro che sono ingiusti. Si! Perché ciò va fatto per amore del Signore, affinché attraverso le sofferenze che ne derivano ciascun “chiamato” possa partecipare alle sofferenze di Cristo, tanto più quanto più si marcerà verso tempi escatologici e verso la Grande Tribolazione. In definitiva, la chiamata è sopportazione della sofferenza per aver fatto il bene; questo è gradito a Dio! Cristo non ha ricambiato la calunnia quando è stato calunniato, non ha minacciato quando ha sofferto, ma si è affidato a Colui che giustamente giudica.

E’ altrettanto evidente ad ogni lettore lo stridore di senso che sembra nascere tra la teologia della liberazione e il brano della Prima Lettera di Pietro su riportato. Non si tratta di un unico caso e non si potrebbe ignorarlo, perché vi sono numerosi altri esempi, anche in scritti vetero-testamentari che possono essere intesi in contrasto con una tale teologia. Si veda, per citarne uno, ad esempio il Salmo 2:

 

Perché le genti sono in tumulto

e i popoli cospirano invano?

Chiedimi e ti darò in eredità le genti

e in tuo dominio le terre più lontane.

Insorgono i re della terra

e i prìncipi congiurano insieme

contro il Signore e il suo consacrato:

Le spezzerai con scettro di ferro,

come vaso di argilla le frantumerai”.

“Spezziamo le loro catene,

gettiamo via da noi il loro giogo!”.

E ora siate saggi, o sovrani;

lasciatevi correggere, o giudici della terra;

Ride colui che sta nei cieli,

il Signore si fa beffe di loro.

servite il Signore con timore

e rallegratevi con tremore.

Egli parla nella sua ira,

li spaventa con la sua collera:

Imparate la disciplina,

perché non si adiri e voi perdiate la via:

“Io stesso ho stabilito il mio sovrano

sul Sion, mia santa montagna”.

in un attimo divampa la sua ira.

Voglio annunciare il decreto del Signore.

Egli mi ha detto: “Tu sei mio figlio,

io oggi ti ho generato.

Beato chi in lui si rifugia.

Piuttosto occorre spiegare questa che appare essere una contraddizione ed impedire che essa sia motivo di sviamento e contrapposizione, specie tra Cristiani. A tale riguardo si propone una riflessione, nel seguito, su un passo della Seconda lettera di Pietro.

 

·         La proposta di alcuni Interrogativi “Angelici”[4]

La Seconda Lettera di Pietro, 2 Pt 2.10 -11, nella versione Bibbia CEI 2008 che letteralmente traduce dal Greco (in Italiano):

10 ......Temerari, arroganti, non temono d’insultare “gli esseri gloriosi decaduti”, 11mentre gli angeli, a loro superiori per forza e potenza, non portano davanti al Signore alcun giudizio offensivo contro di loro.12

Altre versioni moderne, invece, indicano manifestazioni della gloria”.

Interpellati al riguardo, gli Evangelici nord-americani rispondono che la parola greca chiave qui è doxa al plurale, quindi "glorie" è una traduzione abbastanza letterale, ma in termini di interpretazione la traduzione italiana soprariportata è esattamente corretta: questa è una critica agli gnostici[5] che pensavano di lanciare incantesimi, in effetti, contro gli angeli caduti. Ecco un collegamento dove si spiega questo in dettaglio. (vedasi il link: https://ichthys.com/mail-Preaching-to-the-Spirits.htm#reviling%20angelic%20beings ).  

Dunque ciò che valeva allora contro gli Gnostici, ossia la colpa di non temere d’insultare gli esseri gloriosi decaduti, che pur restano una manifestazione della gloria, non vale anche per noi oggi nei confronti della nostra temerarietà e talvolta insulto verso  ogni autorità umana stabilita?

Su una tale linea di pensiero si trova assolutamente ragione di sostenere che i contenuti delle Lettere (2 Pietro 2: 10-11) e (Giuda 1: 8-10) siano strettamente correlati, in particolare perché (Giuda 1:9) fornisce l'esempio di Michele che si astiene dal rendere un "giudizio blasfemo" contro il diavolo. Ma, è ancor più notevole che Cristo stesso con la sua potenza abbia accettato di essere tentato e di rifiutare qualsiasi offerta mondana pur mantenendo il massimo rispetto per colui che gli si opponeva. Il Progetto di Salvezza doveva progredire e compiersi nella purezza degli atti e dei pensieri!

Ad un primo momento può sembrare che anche tutta questa ulteriore riflessione sia rivolta a sottolineare il valore della sottomissione e dell’obbedienza, in contrasto con la teologia della liberazione, ma in realtà essa vuole tendere a riscoprire la dimensione escatologica e profetica che soggiace alle Sacre Scritture.

In definitiva, “gli esseri gloriosi decaduti”, come pure ogni autorità umana stabilita, giusta o ingiusta che essa sia, sono “personificate” manifestazioni della gloria, nei confronti delle quali sembra essere sospeso il giudizio, cosi come per tutta l’umanità, sino ai tempi escatologici; ossia sino all’avvento del Regno Messianico che si manifesterà appunto dopo il Giudizio da parte dell’Unico che può giudicare con rettitudine e giustizia. Ci si chiede: e sino ad allora? Varrà in maniera analogica: “Nessuno tocchi Caino”?

 

       Alcune considerazioni conclusive

Certo è che il già citato documento[6] della Sacra Congregazione Per La Dottrina Della Fede “ISTRUZIONE SU ALCUNI ASPETTI DELLA «TEOLOGIA DELLA LIBERAZIONE», nelle sue conclusioni indica esplicitamente :

“Noi confessiamo che il Regno di Dio, cominciato quaggiù nella Chiesa di Cristo, “non è di questo mondo”, “la cui figura passa”; e che la sua vera crescita non può essere confusa con il progresso della civiltà, della scienza e della tecnica umane, ma consiste nel conoscere sempre più profondamente le imperscrutabili ricchezze di Cristo, nello sperare sempre più fortemente i beni eterni, nel rispondere sempre più ardentemente all'amore di Dio, e nel dispensare sempre più abbondantemente la grazia e la santità tra gli uomini. Ma è questo stesso amore che porta la Chiesa a preoccuparsi costantemente del vero bene temporale degli uomini. Mentre non cessa di ricordare ai suoi figli che essi "non hanno quaggiù stabile dimora", essa li spinge anche a contribuire - ciascuno secondo la propria vocazione e i propri mezzi - al bene della loro città terrena, a promuovere la giustizia, la pace e la fratellanza tra gli uomini, a prodigare il loro aiuto ai propri fratelli, soprattutto ai più poveri e ai più bisognosi. L'intensa sollecitudine della Chiesa, sposa di Cristo, per le necessità degli uomini, per le loro gioie e le loro speranze, i loro sforzi e i loro travagli, non è quindi altra cosa che il suo grande desiderio di esser loro presente per illuminarli con la luce di Cristo e adunarli tutti in lui, unico loro salvatore. Tale sollecitudine non può mai significare che la Chiesa conformi se stessa alle cose di questo mondo, o che diminuisca l'ardore dell'attesa del suo Signore e del regno eterno".

Se così è, come si crede, allora sembra quasi che quando si parla di teologia della liberazione occorra pensare ad essa come ad un obiettivo proiettato nella dimensione escatologica e quindi che, pur evolvendo progressivamente, si compirà solo con l’Avvento del Regno Messianico.

Parallelamente ed indissolubilmente, come “metodologia da seguire”, invece, sembra quasi che per raggiungere quell’obiettivo proiettato nella dimensione escatologica si possa e si debba parlare della necessità di adozione di un codice di condotta cristiano, che include quello proposto nei due brani delle Lettere di Pietro; ma non solo, affinché non possa essere esclusa la Legge, ivi comprese quella Antica o delle autorità umane, per “dare a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio” (Matteo 22,21 - Marco 12,17 - Luca 20,25).

In definitiva, schematizzando in termini pseudo-operativi: 

OBIETTIVO STRATEGICO: LIBERAZIONE

METODO TATTICO PER GIUNGERE ALL'OBIETTIVO: SOTTOMISSIONE

Si vede così come, condotti da un simile orientamento nella lettura delle Sacre Scritture, gli eventuali aspetti controversi che si possono incontrare, simili a quelli sopra illustrati, possono trovare adeguata sistemazione logica e perdendo così quell'apparente stridore di "contraddizione" viene ridato senso ad una ricerca razionale che alle Scritture si riferisse per orientarsi nel proprio cammino in questo mondo.

Evidentemente, l'accettazione di una simile interpretazione, specie se non avallata da un'alta autorità morale che abbia lo status richiesto per farlo,  non sarebbe frutto della sola "razionalità" e questo consentirebbe a a coloro che quell'autorità rifiutano di sostenere che le contraddizioni restano irrisolte in quanto frutto di personale interpretazione. In definitiva: un problema di coscienza personale da risolvere personalmente.

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…and they have no need of lamplight or sunlight, for  God will shed light upon them, and they will rule as kings forever and ever. [Revelation 22,5]

 



[2] Chi volesse approfondire al riguardo : Fondamenti biblici; La voce del Magistero; Una nuova ermeneutica; può riferirsi al seguente documento della Sacra Congregazione Per La Dottrina Della Fede “ISTRUZIONE SU ALCUNI ASPETTI DELLA «TEOLOGIA DELLA LIBERAZIONE»: https://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/documents/rc_con_cfaith_doc_19840806_theology-liberation_it.html

[3] Si fa uso qui del testo disponibile on-line su ichthys.com da parte del Dr. Robert D. Luginbill – vedasi https://ichthys.com/Pet34.htm

[4] Così chiamati perché formulati senza alcuna presunzione di verità, ma al solo scopo di illustrare un’idea, nella speranza che qualcuno in autorità dia il suo assenso o dissenso su quanto qui esposto e possa pertanto intervenire una “correzione”.

[5] Lo gnosticismo era essenzialmente un sistema di "saggezza segreta" che dava molto peso all'identificazione di esseri angelici o quasi angelici per nome e funzione, e che "mitizzava" la Bibbia e altra letteratura in un sistema molto complesso di pseudo-spiritualità e salvezza mediante le opere. (Vedasi  anche il link: https://ichthys.com/mail-Preaching-to-the-Spirits.htm#reviling%20angelic%20beings )

3 commenti:

  1. Vedi anche https://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/documents/rc_con_cfaith_doc_19840806_theology-liberation_it.html

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  2. Articolo molto interessante. Vorrei sottolineare il fatto che nel Vangelo è detto al ricco di donare beni al povero, ma non è mai detto al povero di appropriarsi dei beni del ricco. La teologia della liberazione ha senza dubbio aspetti su cui riflettere, purtroppo essa è stata distorta e strumentalizzata da movimenti marxisti o assimilati

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    1. Grazie Presidente, ma anche l'A.T. e la legge mosaica dicono qualcosa al riguardo; per esempio non solo sull'appropriarsi indebitamente, ma addirittura sul non desiderare la roba altrui.

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