venerdì 4 febbraio 2022

VECCHI APPUNTI SU UN’ECONOMIA CHE APPARE "DIMENTICATA" (Soprattutto dalle sedicenti "Sinistre"!), OSSIA MARX IN BREVE (per chi ancora desiderasse conoscerlo; almeno per sommi capi!)

MARX ATTRAVERSO LA TEORIA DELLO SVILUPPO CAPITALISTICO SECONDO  
P. SWEEZY

(Vedi: LA TEORIA DELLO SVILUPPO CAPITALISTICO – Paul M. Sweezy e altri  - discussione del pensiero economico marxiano a cura di Claudio Napoleoni – Universale scientifica Boringhieri – Volume doppio – Ed. giugno 1976)


 CAP.1° - CONCETTI INTRODUTTIVI 

1. METODO 

 Il metodo seguito da Marx nella sua analisi può essere così riassunto:


 

                        

METODO
SCIENTIFICO


ASTRAZIONE:


cioè distinzione dell’essenziale  dal non essenziale.


        

DEDUZIONE:

 

ricavare le leggi dopo l’operazione di astrazione.



VERIFICA:

 

ciò significa che le leggi ricavate ad un certo grado di astrazione non sono valide in generale, ma soltanto dopo una verifica nella pratica.




2.  SCOPO

Per Marx l’utilizzazione di un tale metodo nello studio e nella analisi critica dell’Economia Politica è legato allo scopo di volere mettere a nudo la legge di movimento della società moderna . Ciò secondo Marx è possibile solo attraverso lo studio dell’Economia Politica in quanto essa rappresenta l’anatomia della nostra società.

 

3.  MATERIALISMO STORICO

Può essere riassunto nei suoi concetti fondamentali dal seguente schema:


Quando gli individui entrano in contraddizione con i rapporti di produzione, cambia la struttura economica di base e quindi crolla la sovrastruttura.

Marx prese da Hegel l’idea che la storia  si muove sotto lo sviluppo di forze contrastanti , le quali per Marx stesso erano da ricercarsi nel modo di produrre.

Da queste idee sullo sviluppo della storia prese il via il concetto di Lotta di Classe quale difesa della parte dominante dei diritti acquisiti contro la parte dominata.

NOTA BENE: Marx come Hegel concepisce il processo storico come un continuo evolversi che non ha né finalità né punto di arresto. I sistemi sociali sono come gli individui, compiono il loro ciclo vitale e tramontano quando  da forme di sviluppo le forze di produzione si  convertono in loro ceppi.

 

 4.  CONCETTO DI CAPITALE

Secondo Marx il Capitale è lavoro umano accumulato, ovvero plusvalore accumulato nelle mani del capitalista: il potere che tutto domina nel mondo borghese.

Il concetto di capitale esiste in quanto esiste una società che va sempre più strutturandosi in due classi fondamentali: capitalisti e proletari. Ecco come Marx ha individuato la relazione fondamentale della società moderna: essa è quella esistente tra capitalisti e proletari e non come pensava Ricardo tra industriali e proprietari terrieri.

 

5.  MONDO CAPITALISTICO

Il mondo capitalistico della produzione è quello caratterizzato dalla relazione economica fondamentale : capitalista → proletario. Marx è giunto a questa relazione attraverso un elevato grado di astrazione, quindi le leggi che elabora sono valide solo come linee di tendenza e non come leggi universali con carattere di predizione.

Nel suddetto rapporto fondamentale noi vediamo che si ritrova la legge di scambio del proletariato che vende la propria forza-lavoro al capitalista in cambio di mezzi di sussistenza. Quindi il rapporto fondamentale capitalista → proletario porta, sul mercato, necessariamente la legge di scambio. Siccome, però, ogni cosa soggetta a scambio è detta merce, Marx inizia la sua analisi dalle merci.

  

CAP.2° - ASPETTO QUALITATIVO DELLA TEORIA DEL VALORE


      1.  MERCE E SCAMBIO

Merce è tutto ciò che è destinato allo scambio piuttosto che al consumo del produttore. Lo studio delle merci si risolve nello studio del rapporto di scambio.

Per Adam Smith lo scambio deriva dal fatto che la produzione è impostata sulla divisione del lavoro al fine di aumentarne l’efficienza. Marx, pur non negando le relazioni esistenti fra divisione del lavoro e scambio, afferma che produrre secondo gli schemi della divisione del lavoro è un modo capitalistico di produrre (per aumentare l’efficienza), ma non è l’unico modo in cui la produzione può attuarsi. Inoltre egli mette in rilievo che esistono due aspetti dello scambio:

         i.            I. Un aspetto quantitativo: che indica secondo quali rapporti le merci si scambiano;

       ii.           II.  Un aspetto qualitativo: che indica quali rapporti sociali esistano dietro il processo di scambio.

 

2.     2.  VALORE D’USO

Il valore d’uso è quel valore che un oggetto ha per il proprio consumatore, ovvero è la capacità di una merce di soddisfare un bisogno. Esso quindi implica un rapporto tra individuo e oggetto. Secondo Marx, però, l’economia deve comporsi di rapporti tra individui, quindi egli trascura il valore d’uso che è invece alla base delle moderne teorie economiche.


3.     3.  VALORE DI SCAMBIO

Esso è l’elemento caratterizzante di una merce in quanto definisce che essa deve essere scambiata con un’altra  e in quali proporzioni. Ma dov’è in questo il rapporto sociale? Per Marx il rapporto sociale sta nel fatto che i produttori di merci producono giungere allo scambio, ma in tali condizioni essi, consapevolmente o meno, lavorano gli uni per gli altri. Questo carattere sociale del valore di scambio emerge appunto nell’atto di scambio.


4.    4.  CONFRONTO TRA VALORE D’USO E VALORE DI SCAMBIO

Come valore d’uso, una merce è un aspetto universale dell’esistenza umana, presente in ogni forma di società. Come valore di scambio , una merce è un elemento di una determinata forma storica di una società, che ha che ha due fondamentali caratteristiche distributive:

         i.            I. Sviluppata divisione del lavoro;

       ii.         II. Produzione privata.

In un tale ordinamento e soltanto in esso, il lavoro dei produttori ha per fine le merci, ossia, trascurando l’aspetto universale delle merci (utilità) i valori.  Marx chiama alfine le merci = valori .


5.     5.  CARATTERE FETICISTICO DELLE MERCI

I prodotti del lavoro dell’uomo hanno la capacità di presentarsi nel mondo capitalistico come entità a sé stanti, capaci di entrare in rapporto tra loro e con il genere umano. Questo è chiamato da Marx feticismo delle merci. E’ attraverso il carattere feticistico delle merci che esse diventano nello scambio, portatrici di rapporti sociali, anche se la maggior parte di coloro che vivono nel mondo capitalistico lo considerano soltanto come un rapporto tra cose.


6.     6.  LAVORO E VALORE

Secondo Marx, dietro le merci si nasconde la vera natura del valore, cioè il lavoro. Vediamo come Marx giunge a questa idea, le cui fondamenta furono gettate da Smith e da Ricardo. Egli considera il lavoro sotto due aspetti differenti:

         i.            Il lavoro utile :  che è quello che crea il valore di uso delle merci. Astraendo però da questo valore d’uso la merce continua ad avere un valore. Perché? Secondo Marx perché essa rappresenta lavoro umano generalizzato e materializzato, chiamato lavoro astratto.

       ii.            Il lavoro astratto : si può quindi dire che esso rappresenti un’erogazione continua di capacità e di impegno fisico e psichico.

Un esempio:

Se un sarto fa un vestito, egli esplica del lavoro utile in quanto produce un bene che soddisfa un bisogno, ma il suo impegno fisico e psichico nel fare il vestito altro non è che lavoro astratto.

Astraendo dal lavoro utile si riduce il lavoro ad un comune denominatore: il lavoro astratto. In una società capitalistica vista la continua mobilità nel mondo del lavoro, si ritiene dimostrato che non è il lavoro particolare che conta (lavoro utile), quanto la capacità lavorativa (lavoro astratto). Se ora si fa la somma dei singoli lavori astratti si giunge ad un risultato che è la capacità lavorativa totale di una società e quindi la sua capacità di produrre ricchezza. Detto ciò emergono le seguenti definizioni:

-          MERCE: concretizzazione di una parte del lavoro umano;

-          VALORE DI UNA MERCE : è la quantità di lavoro socialmente necessario in essa concretizzato per produrla.

N.B. : Tutto ciò è vero solo in una società con forte divisione del lavoro e caratterizzata da scambi, quindi è valido in un mondo capitalistico.

 

CAP.3° - ASPETTO QUANTITATIVO DELLA TEORIA DEL VALORE

Prima formulazione di una legge:

         i.            Sul mercato le merci si scambiano in proporzione tale che sia uguale la quantità di lavoro socialmente necessario in esse contenute.

       ii.            Il lavoro più complicato può essere sempre riducibile ad una quantità maggiore di lavoro semplice.

      iii.            In quali condizioni è valida questa legge di prima formulazione?

Essa è valida in una produzione mercantile semplice quando esiste un regime di concorrenza perfetta e quindi attraverso aggiustamenti successivi si giunge ad una situazione di equilibrio di domanda e offerta. In tali condizioni il prezzo di mercato delle merci coincide con il loro valore e quindi con il lavoro socialmente necessario in esse contenuto.

     iv.            La quantità dei bisogni sociali di un prodotto (domanda) determina la quantità di lavoro sociale da impiegare nella sua produzione.

Per Marx i bisogni sociali (ossia la domanda) è determinata dal livello di reddito e quindi dal modo in cui il reddito è distribuito tra le varie classi .

Conclusione:

La legge del valore è una legge dell’equilibrio generale in quanto determina:

a.       i rapporti in cui si scambiano le merci;

b.      le quantità in cui ciascuna merce + prodotta;

c.       la distribuzione del lavoro sociale nei vari settori produttivi.

Essa ammette che in una società mercantile semplice, anche non essendoci pianificazione (cioè determinazione a priori  di a. , b. , c. , di cui sopra) viene a crearsi una situazione di equilibrio. La legge del valore, quindi, perde il suo significato in un sistema in cui l’attività di produzione e distribuzione è pianificata.


1.  CAPITALISMO E MERCANTILISMO

In una società mercantilistica semplice le merci sono prodotte per lo scambio. Questo avviene anche in una società capitalistica. Mentre, però, nella prima i singoli produttori e consumatori sono i proprietari dei mezzi di produzione, nella seconda i mezzi di produzione sono di proprietà di una classe, mentre la forza lavoro è proprietà di un’altra classe.

Quindi l’elemento caratterizzante del capitalismo è il fatto che ci sono i capitalisti da una parte, nelle cui mani sono accentrati i mezzi di produzione e lavoratori dall’altra che detengono la forza lavoro.

 

2.  PLUSVALORE

In una società mercantilistica semplice il produttore di una merce (M) si presenta con essa sul mercato convertendola in denaro (D) con il quale acquista altra merce (M) differente dalla prima allo scopo di soddisfare i suoi bisogni. Il ciclo che si stabilisce è :

MDM’

La merce M è differente dalla merce M’ in quanto si tiene in considerazione solo il valore d’uso.

In una società capitalistica, invece, il produttore si presenta sul mercato con denaro (D) e acquista merci (cioè fattori produttivi: materie prime, impianti e forza lavoro) con le quali svolge un processo produttivo, producendo altre merci (M) che converte sul mercato con altra moneta (D). In questo caso il ciclo è:

DMD

E lo scopo non è certo il valore d’uso del denaro in quanto il D prima di M è uguale al D dopo di M. L’unico movente che può indurre il capitalista a instaurare questo ciclo è che l’ultimo termine D sia maggiore del primo D. Il ciclo è dunque:

DMD’

In cui :

D’>D

La differenza :

D’- D

è chiamata plusvalore.

A questo punto Marx cerca di spiegarsi le origini del plusvalore con questo ragionamento:

nel processo produttivo c’è una combinazione di tre elementi, materie prime, macchinari, forza lavoro da cui nasce un aumento del valore delle merci. Ma le materie prime non hanno nessuna capacità di espandere il proprio valore. Esse trasferiscono inalterato il loro valore al prodotto. Allo stesso modo agiscono i macchinari, anche se non si esauriscono in un solo ciclo come le materie prime. Quindi l’unico elemento che può aver determinato un aumento di valore durante il processo è: la forza lavoro .

Secondo Marx il capitalista acquista forza lavoro in cambio di salario (che è il valore necessario a produrre forza lavoro), ma la utilizza nel processo produttivo per un tempo superiore a quello necessario a ripagare il salario stesso. Da qui nasce la distinzione tra:

-           lavoro necessario , che è il tempo di lavoro durante il quale il lavoratore produce valore per il suo salario;

-          plus-lavoro, che è il tempo di lavoro durante il quale il lavoratore produce plusvalore che il capitalista intasca.

Ne segue la definizione di salario.


 3.  SALARIO

Il salario è il valore necessario a produrre la forza lavoro e quindi far vivere, nascere e perpetuare il lavoratore stesso nelle normali condizioni di vita corrispondenti all’epoca in cui egli vive.


CAP.4° - ESPRESSIONE ANALITICA DELLA TEORIA DEL VALORE

Appurata qual’è la fonte del plusvalore , si può esprimere in termini quantitativi il valore di una merce:

VALORE TOTALE = c + v + s

dove:

c = capitale “fisso”, cioè spese per deprezzamento macchine e materie prime (evidentemente in ipotesi di quantità di produzione costante);

v = capitale variabile, speso per la forza lavoro

s = plusvalore.

 

      1.       RAPPORTI DERIVANTI DALLA LEGGE ANALITICA DEL VALORE

1.1   Saggio di Plusvalore

s’ = s/v

esso indica in qual misura entrano in combinazione lavoro necessario e plusvalore. In sostanza lo si può identificare con il saggio di sfruttamento in una società non capitalistica. Esso può aumentare per:

         i.           Per un aumento della giornata lavorativa

 

                                       

                 (plusvalore assoluto)

       ii.           Per una riduzione del salario reale

 

      iii.        Per un aumento della produttività del lavoro (per esempio introducendo macchinario automatico)

                 (plusvalore relativo)

 

 

 1.2   Composizione organica del capitale

q = c / (c + v)

indica in quale misura il capitale fisso e la forza lavoro entrano in combinazione nel processo produttivo. Tanto maggiore è la composizione organica, tanto maggiore è il capitale fisso impiegato.        

1.3   Saggio di profitto

p = s / (c + v)

è l’elemento fondamentale per il capitalista. Esso è formulato sotto l’ipotesi semplificativa di un identico periodo di rotazione dei capitali.  Si dimostra che è funzione del saggio di plusvalore e della composizione organica del capitale:

p = s’ (1 - q)

è tanto più elevato quanto più elevato è il saggio di plusvalore e tanto più bassa è la composizione organica del capitale. Ciò significa che con l’introduzione delle macchine, aumentando la composizione organica del capitale, dovrebbe diminuire il saggio di profitto. In realtà questa diminuzione si dimostra solo che è una tendenza, in quanto l’introduzione delle macchine porta anche un aumento della produttività che fa aumentare il saggio di plusvalore s’.

 

2.       VALIDITA’ DELLE IPOTESI NELLA LEGGE DEL VALORE

Nell’applicare la legge del valore al mondo capitalistico, Marx fa le seguenti ipotesi:

         i.            Uguaglianza nel saggio di plusvalore;

       ii.            Uguaglianza nel saggio di profitto;

      iii.            Uguaglianza nella composizione organica del capitale.

Le prime due ipotesi trovano un riscontro nella realtà, in quanto essendoci una mobilità del capitale verso settori a saggi di profitto e plusvalore più elevati, e del lavoro verso settori a salari più elevati, c’è la tendenza verso una situazione di equilibrio. Tutti gli scostamenti da questa situazione dipendono da problemi di ordine pratico.

Per quanto riguarda invece l’ipotesi della eguale composizione organica del capitale c’è da dire che essa è valida all’interno di un singolo settore produttivo, ma non per tutto il sistema, composto da settori produttivi di merci totalmente differenti e quindi richiedenti una diversa composizione organica del capitale.

Questa differenza potrebbe invalidare le due ipotesi precedenti in quanto con differenti composizioni organiche del capitale si giunge a differenti saggi di profitto e di plusvalore. Se ne potrebbe dedurre che tutta la legge del valore non è valida per il mondo capitalistico. In realtà la terza ipotesi è una astrazione delle condizioni reali. Una volta giunti a delle conclusioni, dopo aver fatto questa astrazione, si può vedere in quale misura le condizioni reali  influiscono sulle conclusioni. Marx arriva a dire che tali influenze sono trascurabili e quindi la legge del valore è valida per il mondo capitalistico.

 

CAP.5° - RIPRODUZIONE SEMPLICE e ACCUMULAZIONE

    

      1.  RIPRODUZIONE SEMPLICE

La riproduzione semplice caratterizza un sistema capitalistico che conserva indefinitivamente la stessa grandezza e le stesse proporzioni tra le varie parti. Affinché tali condizioni si realizzino:

                                 i.            I capitalisti devono ogni anno consumare e reintegrare tutto il capitale costante.

                               ii.            I capitalisti devono spendere in consumi tutto il plusvalore acquisito.

                              iii.            I lavoratori devono spendere in consumi tutto il salario acquisito.

La condizione fondamentale per il sussistere della riproduzione semplice è che il valore del capitale costante impiegato nella produzione dei beni di consumo sia uguale al valore delle merci consumate dai capitalisti e dai lavoratori impegnati nella produzione dei beni di produzione:

c2 = v1 + s1

dove:

c2 = capitale costante nel settore beni di consumo;

v1 = capitale variabile nel settore beni di produzione;

s1 = plusvalore nel settore beni di produzione.

 

Per una dimostrazione considerare l’attività produttiva divisa in due settori:

1° Settore: produzione mezzi di produzione                      c1 + v1 + s1 = w1

2° Settore: produzione beni di consumo                             c2 + v2 + s2  = w2

ma il capitale costante prodotto deve essere interamente consumato.

 

2    2.  ACCUMULAZIONE

Il sistema di riproduzione semplice ci dice che i capitalisti ricavano di anno in anno lo stesso reddito e lo consumano fino all’ultimo centesimo. Questo fa astrazione da ciò che è l’incentivo fondamentale per il capitalista: la sua costante preoccupazione di espandere il proprio capitale. Il capitalista soddisfa questa sua esigenza convertendo una quota, per lo più cospicua, del plusvalore in capitale addizionale. Il capitale così aumentato dà modo di appropriarsi di plusvalore (ancora maggiore) che a sua volta si converte in capitale addizionale e così di seguito. Questo processo è detto da Marx: processo di accumulazione del capitale ; esso costituisce la forza motrice dello sviluppo capitalistico. C’è anche un ulteriore fattore: impiegando dati tecnici più progrediti, il capitale accresce la possibilità di accumulazione.

 Ma, l’accumulazione implica un’espansione della produzione  e quindi un aumento della domanda di forza lavoro.   Ora, quando la domanda di una merce cresce, anche il suo prezzo aumenta e ciò porta una deviazione del prezzo dal valore e attraverso un allargamento dell’offerta il prezzo cadrà, ritornando uguale al valore e rendendo normali i profitti. Ma, la forza lavoro non è una merce ordinaria e in regime capitalista il meccanismo equilibratore della offerta e della domanda non esiste nel settore della forza lavoro. Allora, che cosa è che mantiene in atto l’accumulazione, da un lato,  e i salari a basso livello, dall’altro lato, quando  invece l’accumulazione  stessa dovrebbe portare ad un aumento  e salari tali che essa scompaia?

La soluzione data da Marx si impernia sul concetto di “esercito industriale di riserva”.     

 

3.   ESERCITO INDUSTRIALE DI RISERVA (E.I.R.)

L’ E.I.R. può essere spiegato attraverso il seguente schema:


Distinguere due fasi :

UNA FASE DI PROSPERITA’ :  in cui vengono attinti lavoratori dall’ E.I.R. esercitando una    compressione sulle richieste di aumenti salariali che deriverebbero da situazioni di scarsità  manodopera;

UNA FASE DI CRISI: in cui l’ E.I.R. si ingrossa.

 

      1.       CADUTA TENDENZIALE DEL SAGGIO DI PROFITTO

Il capitalismo porta all’accumulazione, l’accumulazione porta all’aumento di domanda di forza lavoro; l’aumento di domanda di forza lavoro porta ad un aumento dei salari; per frenare l’aumento dei salari viene creato un esercito di riserva di forze lavorative, specialmente attraverso l’introduzione di macchine; l’introduzione di macchine porta ad un aumento della composizione organica del capitale; l’aumento della composizione organica del capitale porta al declino del profitto:

p = s’ (1 - q)

come detto precedentemente.

 

      1.1   Critica fondamentale

L’introduzione di macchine, se da un lato conduce alla caduta del saggio di profitto, dall’altra porta ad un aumento della produttività e quindi del saggio di plusvalore, che tende a far rialzare il saggio di profitto stesso.

Marx stesso, comunque, aveva elencato una serie di motivi che controbilanciano la caduta del saggio di profitto, per cui egli stesso afferma che quest’ultima è solo una tendenza.

 

      1.2   Cause e Forze Contrastanti la caduta tendenziale del saggio di profitto

Occorre distinguere tra :

       -          Cause contrastanti : sono insite nel processo produttivo e quindi maturali;

       -          Forze contrastanti :  sono causate volontariamente contro o a favore del processo produttivo.

 

 

 

Cause contrastanti

DIMINUISCONO IL SAGGIO DI PROFITTO

p = s’ (1 - q)

 

 

AUMENTANO IL SAGGIO DI PROFITTO

Aumento dell’intensità dello sfruttamento

Depressione dei salari al di sotto dei loro valori

Eccedenza relativa della popolazione

Commercio estero

 

 

Forze contrastanti

DEPRIMONO IL SAGGIO DI PROFITTO

I Sindacati Operai

L’azione dello Stato diretta ad avvantaggiare il lavoro

 

AUMENTANO IL SAGGIO DI PROFITTO

Le organizzazioni dei datori di lavoro

L’esportazione di capitali

I monopoli

I dazi doganali

 

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NOTE DI SINTESI SU  “IL MANIFESTO DEL PARTITO COMUNISTA”

Il Manifesto del Partito Comunista è strutturato in quattro capitoli:

1.       CAP.1°:                                PROLETARI E BORGHESI

2.       CAP.2°:                                COMUNISTI E PROLETARI

3.       CAP.3°:                                LETTERATURA SOCIALISTA E COMUNISTA

4.       CAP.4°:                                ATTEGGIAMENTO DEI COMUNISTI DI FRONTE AI VARI PARTITI DI OPPOSIZIONE

Notevoli sono anche le prefazioni alle varie edizioni del Manifesto. In esse Marx rivede qualche punto delle dottrine esposte, aggiornandole man mano ai tempi più moderni. In un punto particolarmente interessante Marx stesso invita a non dare molto peso alle tesi rivoluzionarie nonostante, ripetendo, come aveva già fatto nel Manifesto, che l’applicazione di quelle dottrine varia di paese in paese per quanto riguarda modi, tempi e forme.

CAP.1° - PROLETARI E BORGHESI

Tutto il capitolo è praticamente dedicato alla spiegazione della concezione materialistica della storia. Tutta la storia, secondo Marx, è la storia delle lotte di classe. Così come l’età feudale ha visto di fronte feudalesimo e borghesia, così l’età moderna va sempre più delineando la costituzione di due classi sociali in antitesi: la borghesia e il proletariato. Queste due classi verranno naturalmente in conflitto e chi ne uscirà vittorioso sarà naturalmente il proletariato. La borghesia, infatti, porta in sé i germi della sua stessa distruzione. Infatti, essa per sussistere ha bisogno di una continua rivoluzione degli strumenti di produzione e quindi dei rapporti sociali. Ciò porta alle crisi frequenti e alla continua proletarizzazione di strati sempre più vasti della popolazione. Ne conseguirà che il potere economico rimarrà accentrato nelle mani di sempre più poche persone. Questa è la legge che Marx chiama: legge di impoverimento crescente del proletariato e che porterà alla rivoluzione dell’attuale ordine sociale.

Secondo Marx la borghesia ha avuto la sua funzione storica come ogni altra classe ad essa preceduta, ma l’ha avuta soprattutto perché:

a)      All’isolamento locale del medioevo ha sostituito il traffico universale.

b)      Ha instaurato la legge dello sfruttamento palese, senza veli e senza illusioni religiose o paternalismi.

c)       Ha messo su sistemi di produzione che richiedono la loro continua innovazione per essere efficienti da un punto di vista borghese.

d)      Proletarizzando masse sempre più elevate di lavoratori fa cadere nel proletariato anche coloro una volta appartenenti alla piccola borghesia o borghesia fornendo dei potenti strumenti di educazione al proletariato stesso.

Tutto ciò in un primo momento porterà a crisi di dimensioni sempre superiori, durante le quali verranno distrutte non solo grandi quantità di beni, ma anche forze produttive vere e proprie. Alla fine, però, non esiteranno più mezzi per rimediarvi e sarà il trionfo del proletariato.

Ad un certo momento Marx fa cenno alle moderne teorie dell’imperialismo; cioè al fatto che il sistema borghese troverà un grosso polmone per attenuare le sue crisi nei paesi ancora industrializzati, ma ciò ovviamente non può che rallentare di poco la fine del sistema. In ultima analisi, tanto più la borghesia diviene una élite, tanto più viene proletarizzata la massa e quindi impoverita (relativamente). I proletari organizzandosi e subendo un continuo processo di educazione, conquisteranno il potere ed i mezzi di produzione.

Secondo Marx, infatti, è proprio la proprietà privata dei mezzi di produzione che permette alla borghesia di mantenere i suoi privilegi attraverso le sovrastrutture politiche, giuridiche e sociali, che sono l’espressione dello Stato Borghese, ovvero di quello stato che difende gli attuali metodi di produzione.

 

CAP.2° - PROLETARI E COMUNISTI

Dimostrato che nell’attuale società va piano piano formandosi l’antagonismo borghesia-proletariato (CAP.1°), nel CAP.2° si cerca di dimostrare che tra proletariato e comunismo esiste lo stesso rapporto di interessi. Perciò si afferma che non v’è distinzione tra comunismo e altri partiti proletari, se non per i due seguenti fatti:

                    i.            Il movimento comunista è internazionale;

                   ii.            Esso anteporrà sempre gli interessi del movimento in generale al particolare.

Si  continua poi con la seguente distinzione per quanto riguarda l’abolizione della proprietà privata:

                 iii.            I comunisti non vogliono abolire la proprietà che deriva dal proprio lavoro.

                 iv.            I comunisti invece vogliono abolire la proprietà privata dei mezzi di produzione, in quanto è essa che permette lo sfruttamento dell’altrui lavoro e la creazione di nuovo capitale da utilizzare come ulteriore mezzo di sfruttamento. D’altronde questa proprietà è ora concentrata e la sua abolizione porterebbe un eventuale danno solo ad una minoranza.

Come per l’abolizione della proprietà, così anche per i concetti di famiglia, educazione, donna, morale , religione, si cerca di spiegare che per essi si tratta dell’abolizione dei loro concetti in senso borghese. Ma, ovviamente, essi sono concetti che si sono formati in un certo mondo sociale, corrispondente a quello produttivo che l’ha determinato, cioè quello borghese e quindi non vengono aboliti, ma solo sostituiti con nuovi concetti corrispondenti al nuovo modo di produrre, cioè quello comunista. In altre parole: ad ogni forma di produzione corrisponde una sovrastruttura sociale, giuridica, politica, che cambia al cambiare del processo produttivo. E’ a questo punto che si parla di materialismo storico.

Parlando (alla fine del CAP.II)  del modo e dei mezzi per realizzare il comunismo, si afferma che variano da paese a paese ed è a questo punto che nella prefazione del 1872 viene indicato di non dare pese alle proposte rivoluzionarie.

CAP.3° - LETTERATURA SOCIALISTA E COMUNISTA

Identificati gli interessi del proletariato nel comunismo, si procede ad un’illustrazione delle varie dottrine socialiste e comuniste, rifacendosi soprattutto alle loro origini storiche.

1.       Socialismo Reazionario

a.       Il socialismo feudale: nacque dalla reazione della aristocrazia inglese e francese alla borghesia. Essa si scagliava contro la borghesia, tradendosi  però quando le rimprovera la creazione non di un proletariato qualunque, ma di un proletariato rivoluzionario.

b.      Il socialismo piccolo-borghese: è tipico delle società sviluppate. Fondatore ne è Sismondi. Esso ha dato un notevole contributo critico all’analisi del mondo capitalistico della produzione, ma nello stesso tempo ricerca i vecchi concetti di famiglia, di nazionalità, di costumi.

c.       Il socialismo Tedesco o “vero” socialismo: Prese spunto dalla letteratura francese che cercava di risolvere i problemi dell’uomo pratico, ma in Germania, attraverso un ampolloso linguaggio, rimase sempre e soltanto socialismo a livello ideale e adatto ad un uomo che esiste solo nel mondo della filosofia.

 

2.        Socialismo Conservatore

Cerca di mantenere le basi dell’attuale società senza accettare i motivi che la portano alla dissoluzione e che invece sono insiti in se stessa. E’ la forma di socialismo più disposta verso il riformismo di carattere economico e amministrativo, ma quella più contraria ai sistemi rivoluzionari. Marx ne conclude che essi  vorrebbero migliorare le condizioni di vita del proletariato per assicurare l’esistenza della società borghese. (Vedi Proudhon).

 

3.       Socialismo e Comunismo Critico-Utopistico

Questo socialismo di cui fanno parte S. Simon, Own, Fourier, è critico in quanto attacca la società borghese alle sue fondamenta facendo un’analisi molto accurata, ma rinuncia all’azione affidandosi invece all’elemento educativo del proletariato, cioè ad una scienza sociale.  Il risultato è, secondo Marx, la costruzione di sistemi utopistici e quindi mai aderenti alla realtà. In fondo si riconosce che l’importanza di questo socialismo sta in ragione inversa dello sviluppo storico. Tanto più si va verso la proletarizzazione, tanto meno questi sistemi acquistano importanza.

 

CAP.4° - ATTEGGIAMENTO DEI COMUNISTI DIFRONTE AI VARI PARTITI D’OPPOSIZIONE

Riassumendo in tre punti ed uno schema di guida all’obiettivo:

1.       I comunisti appoggiano tutti i moti rivoluzionari contro le condizioni sociali e politiche esistenti.

2.       I comunisti lavorano all’intesa dei partiti democratici.

3.       I comunisti dichiarano che il loro scopo non può essere raggiunto che con la caduta violenta di tutte le istituzioni.

L’obiettivo è la trasformazione della Società Borghese in Stato Proletario, inteso come Amministrazione della Produzione di Beni.


sabato 22 gennaio 2022

In breve: Disarmo per non Disarmare.

Come noto, tutti gli impianti nucleari per usi pacifici (ossia non-militari), prevalentemente centrali nucleari, che fortunatamente si continuano a utilizzare in tutto il mondo, producono nel combustibile irraggiato anche plutonio  (Pu), insieme agli altri elementi di fissione. Il ritrattamento del combustibile, esausto a fine ciclo,  separa il plutonio e questi altri elementi di fissione dall’uranio ancora riutilizzabile. Quindi l’inventory (inventario) globale di Pu è destinato ad aumentare nel tempo sino a quando non si riutilizza nel MOX, una sorta di particolare “miscela” di combustibile per produrre energia elettrica per via nucleare, o utilizzando il Pu direttamente in altri reattori che oggi ancora non esistono in modo diffuso, se non sperimentale, e che solo la ricerca potrà mettere a punto. Nel frattempo il Pu prodotto, altamente fissile, è immediatamente disponibile per scopi militari. Per cui, aldilà del disarmo in termini di numero di ordigni, la potenzialità distruttiva nucleare sulla Terra è destinata ad aumentare continuamente. Da qui se ne può dedurre che un vero disarmo non deve solo badare a ridurre il numero di ordigni, ma soprattutto la potenzialità distruttiva totale disponibile, ovunque ubicata. La Cina o altri, che viaggiassero a tappeto con il nucleare per la produzione di energia elettrica, non ci renderebbe più sicuri, ma senza il nucleare non c'è ancora oggi alternativa che tenga; purtroppo o per fortuna, a seconda di come la si pensa! Disarmo e “conversione nucleare” (ossia, trasformazione del fissile militare in combustibile per reattori), non dovrebbe prima di tutto significare ricerca per ridurre gli inventory di plutonio attraverso il suo uso per fini pacifici e non militari? Ed in questo campo chi è all’avanguardia, se non ad Est?
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Questa figura qui sopra, che si trova a pag 144 del documento (un po' datato) reperibile al seguente link https://www.sipri.org/sites/default/files/files/books/SIPRI97AlBeWa/SIPRI97AlBeWa.pdf , conferma in toto quanto sopra, evidenziando una tendenza di lungo periodo appena trascorso. Perciò, in base al”trend” citato, si può affermare che fino a quando non si troverà, aldilà del MOX, un utilizzo pacifico del plutonio, attraverso una seria “Ricerca Nucleare”, non solo non utilizziamo tutta l'energia nucleare disponibile per migliorare le condizioni di vita dei popoli della Terra, ma li esponiamo, questi popoli, ad un aumento serio del rischio sicurezza ( militare o semplicemente incidentale) e ad un possibile serio danno ambientale. Questo può essere anche motivo di avversione di molti verso il nucleare in generale, indistintamente (per fini militari o pacifici). Si finisce, però, così per buttare l'acqua sporca con tutto il bambino, sviluppando irrazionali posizioni antinucleari. Si può ritenere, quindi, che parlare di Conversione Nucleare solo per HEU bomb grade (uranio arricchito per ordigni) sia parlarne in modo molto parziale e limitativo, perché - tenuto conto dei rischi connessi alla semplice detenzione del plutonio (morte immediata o cancro e avvelenamento con 0,5 - 0,25 microgrammi inalati/ingeriti) - sembra prioritario diminuire gli inventory di plutonio, piuttosto che solo diluire HEU per fini pacifici, per andare poi a sbandierare un "disarmo che non c'è"; perché conteggiato sul numero di ordigni smantellati, piuttosto che su la capacità distruttiva (in Megatons) effettivamente eliminata. In un ambito dove il numero di ordigni diminuiscono, ma aumenta la loro specifica capacità distruttiva, è evidente che il disarmo è facile, quanto inutile; anzi offensivo, poiché ridicolizza l'umana intelligenza, che bene fa a definirlo "un disarmo per non disarmare" veramente.
Potrà sembrare contraddittorio ai più, ma la verità è sempre stata e resta tuttora una sola: per perseguire i veri scopi del disarmo occorre avere consapevolezza che l'unica via pacifica per liberarsi del potenziale distruttivo delle bombe nucleari e del materiale fissile in generale è poterlo "bruciare" in reattori nucleari per produrre energia elettrica e calore per il teleriscaldamento. Ciò è vero anche nella prospettiva della fusione nucleare, tutt'altro che prossima, in alternativa alla fissione. A meno di velleità per conservare la potenza nucleare disponibile al fine di difendersi contro i grandi asteroidi o un ipotetico pericolo alieno; o più verosimilmente per un progetto egemonico mondiale.

mercoledì 29 dicembre 2021

SPECULARE SU TSUNAMI CON OCCHI PROFANI

Una significativa descrizione divulgativa degli tsunami la si può trovare sul sito della Tulane University al link:http://www.tulane.edu/~sanelson/Natural_Disasters/tsunami.htm, ma anche sul sito del nostro INGV. Usando proprio i dati che INGV riporta sul proprio sito web è stato condotto l'esercizio che segue per cercare di ricostruire attraverso i dati - mediante operazioni di best-fitting, facili da eseguire mediante Excel - le relazioni che legano insieme velocità di propagazione di un'onda marina prodotta da uno tsunami, la sua lunghezza d'onda e la  profondità delle acque.

I dati utilizzati per il best-fitting sono quelli qui sotto riportati in tabella, con la relativa simbologia e unità di misura. I risultati sono essenzialmente i seguenti:

- la velocità è direttamente proporzionale alla lunghezza d'onda;

- la velocità è direttamente proporzionale alla radice quadrata della profondità;

- la lunghezza d'onda è direttamente proporzionale alla radice quadrata della profondità.

Naturalmente, lungo il percorso, come si vede dal grafico dell' INGV, un'onda sui fondali meno profondi rallenta e innalza il proprio fronte d'onda.



sabato 18 settembre 2021

Trade-off between CO2 Increase and Planet Greening ---- Trade-off (compromesso di scambio) tra Aumento della CO2 e Rinverdimento del Pianeta

Trade-off between CO2 Increase and Planet Greening


This seems to be an established fact! - (Source NASA) -The CO2  makes the planet greener and reduces the desertification of an area of 700,000 square kilometers (like France and Germany together) - (Source NASA) - The question is : can we talk about CO2 as an element of trade-off between global warming and desertification?

The greening seems to be caused by CO2 for 70% and observed through monitoring in 30 years of our time. One also wonders if the remaining 30% includes anthropogenic factors, given that many of the most densely populated areas are the greener ones. While it may be true that man chooses the greenest areas to live in, it could also be true that man with his presence greenens (or contributes to greening) the areas in which he lives. Finally, greening (and CO2) contributes to improving agricultural production.

From the figure it can be seen that the hottest belt on the planet (see hatch in blue), except for the Saharan desert, is generally the greenest one and the Saharan desert area itself appears rather an "anomalous" part, which, however, would be said to be destined to a progressive recovery.

Source: https://wattsupwiththat.com/2021/02/25/nasa-vegetation-index-globe-continues-rapid-greening-trend-sahara-alone-shrinks-700000-sq-km/



Trade-off (compromesso di scambio) tra Aumento della CO2 e Rinverdimento del Pianeta

Sembra si tratti di un fatto accertato! -(Fonte NASA) - La CO2 rinverdisce il pianeta e riduce la desertificazione di un'area di 700000 Kmq (come Francia e Germania insieme). La domanda è: si può parlare della CO2 come elemento di trade-off tra riscaldamento globale e desertificazione?

Il rinverdimento sembra causato dalla CO2 per il 70% e constatato attraverso monitoraggio in 30 anni del nostro tempo. Ci si chiede anche se il restante 30% includa fattori antropici, visto peraltro che molte delle aree più intensamente popolate sono quelle più verdi. Se da un lato può essere vero che l'uomo sceglie le aree più verdi per abitarci, potrebbe essere vero anche che l'uomo con la sua presenza rinverdisce (o contribuisce a rinverdire) le zone in cui abita. Infine, il rinverdimento (e la CO2) contribuisce a migliorare le produzioni agricole.

Dalla figura si nota che la fascia più calda del pianeta (vedi tratteggio in blu), salvo il deserto sahariano, è quella generalmente più verde e la stessa zona desertica sahariana appare piuttosto una parte "anomala", che però si direbbe destinata ad un progressivo recupero.

giovedì 9 settembre 2021

PANDEMIA E LOCKDOWN FUNZIONALI ALLA TRANSIZIONE ENERGETICA?

 In molti lo hanno ipotizzato e ne hanno scritto. Ma, a giudicare da ciò che fa intravedere ENEA, se fosse vero quel legame funzionale, sarebbe meglio cambiar strada subito! I sostenitori della decrescita felice, qualora pensassero che essa può essere imposta "autocraticamente" o in modo "nascosto" hanno trovato l'ennesima riprova che senza il "consenso" informato e ragionato in tutti i suoi aspetti, la DECRESCITA è obiettivo chimerico! Meditate Gente ... Meditate!


Vedasi ai link :


LA TENTAZIONE DEI GOVERNI: IMPORRE NUOVI LOCKDOWN E COSI' CONGELARE I CONSUMI - Vedi:


Una piccola NOTA per "Discussione" e qualche "Interrogativo":

L'energia che ci viene dal Sole, che sfruttiamo con il fotovoltaico, l'eolico, le biomasse, etc., entra nel sistema terrestre sotto forma di radiazione (visibile e non visibile, a diverse frequenze) e viene riemessa sotto forma di radiazione infrarossa, ceduta allo spazio molto freddo (sottozero) circostante il pianeta. Ma, se le emissioni di gas serra aumentano, anche gli impedimenti alla cessione di calore allo spazio freddo circostante aumentano e così aumenta la temperatura terrestre e quindi il riscaldamento globale.
Le giuste preoccupazioni per l'ambiente, però, non si risolvono con l'imperio o gli imperialismi! Tantomeno si risolvono con estremismi e negazionismi.  
L'energia utilizzabile sulla Terra, istante per istante, non nello spazio profondo (che è a temperature prossime allo zero assoluto, salvo nelle vicinanze di astri), ha un limite finito, oltre il quale rappresenterebbe sovraccarico per il riscaldamento globale; perché tutta l'energia che proviene dall'interno del sistema terrestre (radiazioni del nucleo, combustibili fossili, o anche altro di origine nucleare, antropica e non), alla fine è destinata a trasformarsi inevitabilmente in calore (quindi radiazione infrarossa da smaltire). Nella confusione creata ad arte a sostegno di campagne mediatiche per l'emergenza climatica, sembra che tutti si siano dimenticati dell'esistenza di questo limite fisico, finito e reale dell'energia istantanea (potenza) che può essere "installata" e utilizzata entro il sistema terrestre, foss'anche proveniente dalla fusione nucleare che ancora non è tecnologicamente disponibile. Il sistema terrestre non può sopportare consumi energetici illimitati; lo spazio profondo si (o quasi)! 
Perché, allora, anziché ragionare in termini di imperio e imperialismi, non proviamo a calcolarlo questo limite tutto "terrestre" e a diffonderlo , divulgarlo "scientificamente,"senza trucchi e senza inganni? Scienza e conoscenza implicano Verità; non mezze verità giustificate dai buoni propositi a giudizio di una élite che "pretende" di vedere più lontano tra i mortali. Dunque, Verità nella formulazione delle ipotesi e nella presentazione dei risultati! Ma, abbiamo avuto, specie in questo periodo di pandemia, buoni esempi al riguardo, allorquando in nome della Scienza si sono trovate sempre almeno due "verità" opposte, se non più? Solo l'evidenza sperimentale può rendere la Scienza tale? O si può ragionevolmente giungere ad essa per altra via (per es. teorico-matematica e iterativa)?
Solo a titolo di esempio potremmo porre la questione seguente e assumere che una delle componenti di tale limite sia quella "Demografica" (umana, tralasciando momentaneamente quella animale, oltre alla  componente "Astrofisica", "Geologica", etc.) . Se è vero che ogni persona, in media, una volta in vita, dissipa una energia corrispondente a 80 Watt, ciò significa che 7,5 miliardi di persone equivalgono a una potenza installata di circa 600 mila Megawatt? (600 Gigawatt) Che porzione rappresenta questa potenza rispetto al limite massimo sostenibile dal sistema terrestre? Si può calcolare un tale limite?
I disastrosi orientamenti, metodi adottati e sistemi di gestione delle informazioni su problemi di una così grande rilevanza (vedasi pandemia), insieme ad imperio ed imperialismi, hanno sinora prodotto soltanto che il popolo più numeroso sulla Terra, ossia quello Cinese, che aveva saggiamente posto un vincolo alla propria crescita demografica (1 solo figlio per famiglia), ha oggi mutato quel vincolo in termini fortemente peggiorativi (3 figli per famiglia). Quasi che ad un imperialismo della forza (occidentale) si oppone un imperialismo della demografia (orientale). Ora immaginiamo che lo stile di vita medio, riconosciuto oggettivamente "dignitoso", sia quello di avere una potenza elettrica pro-capite installata e disponibile di soli 500 Watt per persona, che si aggiungono agli 80 di cui sopra. Ciò porterebbe i 600000 Megawatt sopracitati a 4,35 Milioni di Megawatt (= 4350 Gigawatt). Si tratta di valori sostenibili se sommati a quelli delle altre componenti citate da calcolare? C'è un "consenso" sulla quantità di energia che è necessaria per uno sviluppo umano dignitoso e al tempo stesso sostenibile? Ad esempio talvolta  si ipotizza (vedi https://www.statista.com/statistics/859178/projected-world-electricity-generation-capacity-by-energy-source/ ) che al 2050 vi sarà una potenza elettrica installata (per usi umani) e funzionante pari a 14000 Gigawatt (oggi siamo alla metà con le fossili) che si sommerà a quella "Demografica" di allora; dati che peraltro lasciano pensare ad una potenza elettrica pro-capite installata e disponibile di 1400 Watt piuttosto che di 500, se pensiamo che al 2050 la popolazione mondiale è prevista essere intorno ai 10 miliardi.
L'ennesima riprova che senza il "consenso" informato e ragionato in tutti i suoi aspetti, la DECRESCITA è obiettivo chimerico! Meditate Gente ... Meditate! Tentare di raggiungerla con gli strumenti tradizionali della "forza" o dell'inganno, significherebbe la fine della Pace e forse non solo di quella precaria di cui "l'equilibrio del terrore atomico" ci ha fatto vivere sino ad oggi, nel bene e nel male! Oltretutto, poi, chi garantirebbe che un tale scenario energetico globale, inserito  nel più vasto contesto delle altre componenti ("Astrofisica", "Geologica", etc.) fornisce un affidabile quadro di SOSTENIBILITA'? Criterio che deve includere principi di cura e salvaguardia dell'ambiente, ma senza ignorare, anzi coniugando insieme ad essi le esigenze di vita dell'umana specie sulla Terra.