mercoledì 24 luglio 2019

COSTO DELL’ENERGIA ELETTRICA - DATI RILEVABILI DA BOLLETTE - CONFRONTO CON ALTRI PAESI UE


COSTO DELL’ENERGIA ELETTRICA PER UTENZA DOMESTICA - DATI RILEVABILI DA BOLLETTE (ACEA-Roma) NEL PERIODO 1/4/2019 – 31/5/2019


La consapevolezza del costo raggiunto dall’energia elettrica in Italia, non sembra molto diffusa tra gli utenti del sistema elettrico nazionale, specie quelli di fascia sociale che godono della MAGGIOR TUTELA e di una POTENZA IMPEGNATA di 3 kW (Potenza disponibile generalmente 3,3 kW).
I dati seguenti sono rilevati da bolletta nella zona di Roma per forniture ACEA nella fascia di MAGGIOR TUTELA:
-          CONSUMO MEDIO MENSILE (UTENZA DOMESTICA) circa:     180 – 250 kWh
-          COSTO MEDIO UNITARIO DELLA MATERIA ENERGIA circa:    0,09 €/kWh
-          COSTO MEDIO UNITARIO IN BOLLETTA circa:                          0,20 €/kWh

INCIDENZA % DELLE VARIE COMPONENTI
              SUL COSTO MEDIO UNITARIO IN                 BOLLETTA (fatto pari a 100)
INCIDENZA IN €/kWh


MATERIA ENERGIA
43,62%
0,087
TRASPORTO E GESTIONE CONTATORE
21,89%
0,044
ONERI DI SISTEMA
22,72%
0,045
IMPOSTE E IVA
11,77%
0,024
Totale
100,00%
0,200


Per un opportuno confronto a livello europeo, si riportano qui di seguito due grafici estratti dal Rapporto presentato da Federmanager nel 2019 in occasione di un convegno sul Piano Integrato Nazionale per l’Energia e il Clima (PNIEC).



lunedì 17 giugno 2019

MICROSOFT MATHEMATICS ADD-IN e WIRIS CAS: Una faccenda di "Limiti"

MICROSOFT MATHEMATICS

Nel passaggio da Windows Vista (su cui girava Office 2010) a Windows 10 (su cui gira Office 365) sono scomparse alcune funzionalità e tra queste quella preziosa del pacchetto Microsoft Mathematics che può lavorare sia come calcolatrice stand-alone, sia come add-in nella versione di Word 2010 contenuta in  Office 2010.
Chi ha utilizzato Microsoft Mathematics sa bene che è un'applicazione di cui si può essere grati a Microsoft per averla messa a punto e soprattutto per averla diffusa senza onere alcuno per gli utilizzatori; in un foglio Word assolve al tempo stesso a funzioni di editor e di calcolo, nonché di grafica per funzioni di una o due variabili.
Sui social media si è sviluppato un acceso dibattito al riguardo, che talvolta è sfociato in implorazioni a Microsoft per ripristinare e adattare a Windows 10 e Office 365 questa importante applicazione usata da professori, studenti e appassionati di matematica.
Sui propri siti Microsoft avvisa chiaramente gli utenti che per far "girare correttamente" Microsoft Mathematics è necessario Office 2010 e in particolare Word 2010 per il quale costituisce add-in.
Ciononostante sui social media il dibattito continua imperterrito, senza sosta, aridamente, secondo esperienza, perché non porta frutto.
E' bastato riacquistare legalmente un Office 2010 da Amazon per 22 euro e installarlo nuovamente (su una directory differente da quella su cui si trova Office 365) per constatare che i due sistemi convivono tranquillamente e - magicamente - Microsoft Mathematics torna a funzionare non solo su Word 2010, ma anche nella nuova versione di Word contenuta in Office 365.

Sebbene nel nostro tempo di Rivoluzione Digitale sia necessario affidarsi ad un TUTOR di MATEMATICA, ci si chiede se una tale scelta sia priva di problemi oppure, aldilà del naturale controllo che può derivare solo dalla effettiva conoscenza delle procedure e strumenti che si utilizzano, quando questo viene a mancare, anche solo in parte, non possano insorgere inesattezze od errori, rispetto ad un calcolo manuale convenzionale che è sempre la ultima e vera pietra di paragone in ogni situazione dubbia per garantire sicurezza ed affidabilità.

Qui di seguito si riportano a titolo di esempio situazioni in cui questi TUTOR di MATEMATICA, sembrano inspiegabilmente fornire risultati dubbi, se non del tutto erronei, forse per motivi di sintassi nell'immissione delle istruzioni o per la scorretta (ma inconsapevole) manipolazione di dati, funzioni e procedure, o forse anche perché sebbene progettati per funzioni ad una sola variabile, non sono ancora del tutto idonei ad affrontare ogni caso di funzioni a due variabili.





PROBLEMATICA CON WIRIS CAS

Sebbene non vi sia fatta menzione alcuna nel manuale di istruzione di WIRIS sembra evidente dal seguente prospetto che:

A - dalle equazioni (1) fino a (5), come pure dalle equazioni (13) e (14), che la sintassi 
lim (x, y)0 f (x, y) significa che questo limite è calcolato sulla bisettrice del piano (x, y); ma se così fosse andrebbe emendato il manuale di istruzione;

B - dalle equazioni (6) e (7) fino a (10) la sintassi lim(x)0 lim(y)0 f(x,y) è valida per WIRIS così come è ora in caso di funzioni con due variabili, almeno fintantochè non si tratti di funzione frazionaria; nel qual caso la precedenza del calcolo secondo  xy non metta in luce indeterminazioni (vedasi equazioni (8) e (9) ).






CONCLUSIONI

In tali situazioni il controllo manuale si impone e può essere facilitato dalla ridondante disponibilità ed utilizzo di diversi TUTOR di MATEMATICA che agiscano uno come controllo sui risultati dell'altro attraverso la concordanza dei risultati stessi.









martedì 16 aprile 2019

Per Ricordare


Norcia – A seguito del terremoto è rimasta solo la facciata della chiesa sorta nel luogo in cui secondo tradizione è nato San Benedetto, patrono d’Europa. Ancora portiamo nella mente gli echi di questi eventi e .....

(Fonte Corriere della Sera)

......ora un nuovo disastro a Parigi - Notre Dame....

(Fonte Il Sole 24 Ore)

Dopo Norcia uno dei più alti simboli della cristianità è ancora colpito. La copertura cruciforme è andata distrutta e la guglia sovrastante è crollata.

C'è materia per riflettere e portarsi dentro, in un silenzio orante, tutto lo sbigottimento del tempo che viviamo.

https://www.corriere.it/english/19_aprile_11/benedict-xvi-the-church-and-the-scandal-of-sexual-abuse-8e40d438-5b9c-11e9-ba57-a3df5eacbd16.shtml

https://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2019-04-16/notre-dame-sistema-anticendio-rudimentale-uno-studio-italiano-l-allarme-inascoltato-083215.shtml?uuid=ABQOdUpB

domenica 31 marzo 2019

TEORIA ECONOMICA DEL VALORE : CHE COS'E' IL VALORE ECONOMICO OGGI?

In merito al tema del valore economico i vecchi libri di economia riportavano la teoria dell'Abate Galiani che attribuiva il valore economico di un bene o alla rarità (metalli preziosi, gioielli, etc.) oppure all'utilità. Proprio per la sua utilità e centralità nella vita umana - e non solo per aspetti riguardanti potere e territorialità - i fisiocratici francesi attribuivano grande valore alla terra, che presentava doti di "(ri-)producibilità" e quindi di apertura alla strada del concetto di rendita (funzionale all'aristocrazia terriera di quel tempo). Sebbene i classici (ed in primis A. Smith) avessero ben riconosciuto il lavoro,  i commerci e l'impresa (funzione organizzatrice dei fattori produttivi) come generatori di valore, occorre giungere alle teorie socialiste e soprattutto marxiste per assistere ad un tentativo di ricondurre in modo preponderante al solo lavoro la capacità di generare valore economico. La rivoluzione industriale e il conseguente taylorismo, sostenuti - secondo una visione weberiana da un' "etica protestante" (seppur preesistente in molti scritti cattolici ante Riforma) hanno fatto nascere il capitalismo occidentale che ha poi compiuto, pur con i limiti che solo oggi si vanno (ri-)scoprendo, il miracolo di liberare una buona parte dell'umanità dalla fame e dalla scarsità (naturalmente a spese delle risorse della Terra), ma lasciando sostanzialmente inalterate e talvolta peggiorando le condizioni di quella parte più povera di "umanità quasi dimenticata". Ma in tutto l'arco temporale della storia umana, la prerogativa di coniare moneta è stata prerogativa nobiliare riservata a re e reggenti di popoli e nazioni, che (man mano che il processo di democratizzazione della società proseguiva) la adottavano  nei confronti delle comunità che erano a loro sottoposte in virtù della forza, oppure del potere loro conferito per "volontà di dio" o per "volontà di dio e grazia della nazione", o infine per disposizione costituzionale come avviene nelle moderne repubbliche che per governare adottano un sistema democratico e di rappresentanza basato sul consenso dei governati. Con il sistema Gold Standard, sviluppatosi per far fronte ai commerci internazionali, le diverse autorità con potere di conio (emissione di carta moneta) dovevano dotarsi di opportune riserve auree in proporzione alla carta moneta che mettevano in circolazione. Con l'abbandono del sistema Gold Standard (che poneva l'oro come corrispettivo ultimo a garanzia di un qualunque ammontare di  carta moneta) l'avvento della visione keynesiana dell'economia - che pur riconosceva gran valore al lavoro e al pieno impiego dei fattori produttivi e delle forze del lavoro in particolare - il sistema aureo di garanzia ha sostanzialmente finito per essere  abbandonato. Quasi dimenticando l'effettiva interconnessione dei sistemi economici prodotta dai commerci internazionali, si è sviluppata nel tempo, tra le autorità monetarie (strettamente coincidenti con le autorità di governo territoriali) una sorta di guerra basata su due elementi fondamentali (pur non nuovi, ma sempre presenti nella storia economica fin dagli albori delle civiltà) : da un lato il debito e dall'altra l'inflazione. Questi due elementi, peraltro, come ci spiega bene la Teoria Monetaria Moderna sono interconnessi (vedasi https://roccomorelli.blogspot.com/2017/11/un-breve-cenno-sulla-teoria-monetaria.html), poiché il deficit di bilancio alla base del debito è ricchezza che le autorità monetarie mettono a disposizione delle comunità che ad esse sono sottoposte; mentre invece il surplus di bilancio (contrario del deficit) è ricchezza che dalle comunità viene ritirata attraverso la tassazione o l'inflazione che incide sul potere reale e non nominale di un determinato ammontare di carta moneta. Soltanto ai nostri giorni, attraverso la globalizzazione, il potere di conio (ossia quello di stampare carta moneta), o meglio il suo equivalente moderno, è passato "di fatto" - attraverso le cartolarizzazioni, la creazione dei cosiddetti "derivati", il gioco borsistico, i commerci internazionali, etc. - dalle mani dei governanti nelle mani delle banche e "dei mercati". Questi fenomeni e "strumenti innovativi" per la creazione di valore (dal nulla) in un sistema privo di garanzie (che in passato era offerto dal Gold Standard) hanno mostrato la loro capacità di innescare crisi generalizzate e si accompagnano ad una evidente perdita di capacità di governo e credibilità di quelle istituzioni ed autorità. Oggi c'è chi parla di un ritorno al Gold Standard seppur modificato rispetto al passato (vedasi  https://www.goldmoney.com/research/goldmoney-insights/the-return-to-a-gold-exchange-standard ).
Sembra ragionevole affermare che nella società moderna il valore e la ricchezza economica abbiano perso il loro significato originario ed abbiano assunto forme più "cartacee" e addirittura "evanescenti" (vedasi anche link in calce) esponendosi così a repentine variazioni determinate in particolare da crisi cicliche/strutturali che mettono a repentaglio non solo la produttività del capitale detenuto, ma addirittura la sua stessa esistenza. Tutto questo, associato alla globalizzazione, ha avuto ed ha tuttora l'effetto di far variare e spostare il baricentro del potere economico divenuto più esposto e mutevole rispetto al passato, associandolo ad una impredicibilità strutturale ed intrinseca che non favorisce condizioni di stabilità necessarie allo sviluppo. In tali mutevoli e impredicibili condizioni è ragionevole attendersi una ripresa della prevalenza associata alla Forza Militare rispetto a quella del Potere Economico?

http://www.ilsole24ore.com/art/finanza-e-mercati/2018-02-02/per-i-colossi-tech-42-miliardi-utili-tre-mesi-215251.shtml?uuid=AEd7bhtD

http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2013-04-11/riserve-valuta-cina-valgono-112000.shtml?uuid=Ab2nFEmH

http://www.ilsole24ore.com/art/finanza-e-mercati/2017-07-23/le-borse-ora-valgono-piu-pil-pianeta-quali-sono-rischi-160220.shtml?uuid=AEC0lr1B

La Rottamazione Umana tra I Valori Europei?

 Si riporta qui di seguito un estratto da "IL ROSSO E IL NERO - Settimanale di strategia - 28 marzo 2019". Non si ha la possibilità di verificare da fonti dirette l'autenticità dei contenuti, ma nemmeno quella di negarli. Pertanto, si riporta lo stralcio citato per invitare a riflettere se simili proposte possano far parte dei quei valori europei cui i paesi membri dell'unione dovrebbero guardare come riferimento. Come possono coesistere nei valori europei una autentica cultura e pratica rivolta alla difesa dell'inclusione sociale e al tempo stesso una “pericolosa e inaccettabile cultura dello scarto, come conseguenza della crisi antropologica che non pone più l’uomo al centro, ma ricerca piuttosto l’interesse economico, il potere e il consumo sfrenato”, come condanna aspramente la Chiesa Cattolica? La coesistenza di valori così antitetici nel mondo europeo favorisce processi di unificazione e di partecipazione al progetto europeo già in profonda crisi?
Quote
Si discute molto da alcune settimane, nei Paesi Bassi e in Belgio, della proposta di legge presentata dalla parlamentare della sinistra verde olandese Corinne Ellemeet di limitare le cure mediche per le persone che hanno superato i 70 anni. La proposta è appoggiata dall’associazione di geriatria clinica. 
   In Olanda si va in pensione a 67 anni e tre mesi e l’aspettativa di vita è di 81 anni. Il limite alle cure (niente bypass, dialisi, chirurgia) non ha la finalità di evitare le sofferenze e i disagi generati dagli interventi, ma di abbassare i costi della sanità pubblica. Anche ai  pazienti che chiedono di essere trattati verrebbe infatti tolta la facoltà di decidere, che verrebbe riservata ai medici. L’alternativa resterebbe a quel punto la sanità privata. Un recente sondaggio in Belgio, d’altra parte, ha riscontrato un grande consenso, in particolare nelle fiscalmente virtuose Fiandre, all’idea di limitare drasticamente le cure agli anziani in cambio di un taglio dei costi. 
   Olanda e Belgio sono da decenni all’avanguardia nell’eutanasia e ora aprono questo nuovo fronte. Lo si può vedere come un passo verso una cupa distopia alla Soylent Green, il grande film futuristico su una società disperata e decadente che incentiva il suicidio assistito e ricicla segretamente i corpi in cibo. In alternativa, si possono lodare il candore e il rigore tardocalvinista con cui viene affrontata una questione sociale ed economica straordinariamente scomoda, che altrove viene rimossa, gestita di nascosto o coperta da un pesante velo di ipocrisia. Non c’è infatti dubbio che in società che invecchiano demograficamente (e invecchiano dentro) e in un quadro di crisi fiscale (o di tabù fiscali, direbbero gli MMT) questi temi diverranno bollenti in un futuro molto prossimo. 
Unquote

sabato 2 febbraio 2019

Per una lettura critica del PNEC - PIANO NAZIONALE PER L'ENERGIA E IL CLIMA

In data 31/12/2018 è stata pubblicata la PROPOSTA DI PIANO NAZIONALE INTEGRATO PER L'ENERGIA E IL CLIMA da parte dei seguenti Ministeri Italiani :
- Ministero dello Sviluppo Economico;
- Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare
- Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti.
La versione integrale di questo importante documento è reperibile al seguente link:


Un autorevole commento (da parte del Prof. Clò) è disponibile al seguente link:


e anche sulla base delle posizioni del Prof. Clò si può evidenziare come in assenza di stabilità politica e soprattutto di continuità delle decisioni assunte dal Paese in materia di energia non ci possa essere Piano che tenga. Per comprenderlo basterebbe fare una analisi comparata tra precedente SEN e PNEC che si concentri sui cambiamenti intervenuti e sulle concrete realizzazioni e obiettivi raggiunti.

Un commento sul PNEC da parte di alcune importanti associazioni o istituzioni si può trovare ai seguenti link:





Va inoltre evidenziato che in data 30/1/2019 la FEDERMANAGER ha dato vita ad un incontro in cui ha preso parte il Sottosegretario al Ministero dello Sviluppo Economico On.le Crippa e altri esponenti istituzionali per dibattere - alla luce del PNEC - sul tema "Una strategia Energetica per l'Italia - Le vie per la decarbonizzazione e lo sviluppo economico e industriale dell'Italia". La FEDERMANAGER ha presentato per l'occasione un proprio ampio rapporto in collaborazione con l'AIEE - Associazione Italiana Economisti per l'Energia inclusivo di analisi, conclusioni e raccomandazioni. Nell'impostazione del lavoro non si può evitare di concordare, come si legge nell'introduzione di tale rapporto, che quando si parla di decarbonizzazione dei sistemi economici si discuta di qualcosa che ha dimensione mondiale e pertanto le problematiche globali richiedono soluzioni globali. Di certo si può anche ammettere che l'Europa, in questo caso, ha le carte in regola per assumere una leadership, in un contesto in cui Stato e Mercato saranno ancora una volta protagonisti sulla scena.
E' problematico, però, assumere valenza paritaria di queste due entità, poiché mentre lo Stato - pur in un ruolo neutrale e di garante - è essenzialmente orientato al bene della collettività, il Mercato è alla fin fine più orientato all'interesse privato che a quello collettivo. Per concludere, se è oggettivamente vero che tutto sembra suggerire come la piccola scala sia la giusta "dimensione" per l'Italia occorre collettivamente chiedersi se questo possa essere "un obiettivo" per il nostro Paese.

Nella consapevolezza dello sforzo (non solo di mediazione) compiuto dalle Istituzioni proponenti il PNEC - senza alcun intenzionale spirito da "bastian contrario"- ma al solo scopo di "allargare l'orizzonte" su quella che è una crisi energetica globale, si riporta qui di seguito un commento per una lettura critica del PNEC stesso, Tutto ciò proprio nella convinzione che i problemi che affliggono la società globale non possono essere traguardati in maniera parcellizzata, ma devono essere affrontati in sede politica sinergicamente e a tutto campo se si vuole avere la speranza di individuare qualche soluzione. La vecchia e dimenticata relazione tra consumi energetici e PIL è andata in crisi non solo per l'inadeguatezza del solo PIL a descrivere lo stato di una economia e del suo sviluppo, ma è andata in crisi anche perché l'interrelazione tra i diversi aspetti della società, dello sviluppo, dell'economia, della finanza, del mondo industriale, dell'ambiente e della demografia, dell'etica, e così via dicendo, vanno palesandosi man mano nelle loro complessità, verso cui solo un approccio integrale e totale può essere foriero di possibili soluzioni.

Estratto N°1 da PNEC per il Settore Elettrico
Estratto N°2 da PNEC per il Settore Elettrico
Estratto N°3 da PNEC per il Settore Elettrico



Per una lettura critica del PNEC

Il cambiamento climatico, l’improrogabilità della sostenibilità e del mutamento degli stili di vita, portati dall'eccessivo sfruttamento delle risorse planetarie e  dell’ecosistema, obbligano a pensare che i presupposti taciti o palesi, evidenti o inespressi, credibili o non credibili, del documento PNEC siano la CONVERSIONE ECOLOGICA e la CONVIVENZA dei Popoli; essi appaiono oggi due percorsi obbligati e problematici da intraprendere e da attuare in concreto, sebbene socialmente "dolorosi", aldilà delle edulcorazioni  quali ad es. “la decrescita felice”.
L’approccio europeo Energy Road Map 2030-2050, limitando l’uso dei combustibili fossili e rifiutando il nostro paese il ricorso al nucleare, ha stigmatizzato una situazione che vede il mondo europeo ridotto “alla canna del gas”, con un vecchio nucleare in via di obsolescenza senza che possa nascerne uno nuovo (basta ricordare il flop del progetto EPR), rendendo perciò indispensabile puntare al risparmio e all'efficienza energetica, nonché a quel poco di rinnovabili che in un ventennio si è riusciti a realizzare attraverso incentivi pubblici.
Tra tutto il plauso possibile per le rinnovabili, occorre ricordare, però, la realtà: da un lato diecimila megawatt di eolico installato - se va bene in termini di ventosità media annua e di velocità di spunto e “cut-off” - sono equivalenti in termini di producibilità a circa 1800 megawatt di carico di base continuativo e l’energia eolica prodotta necessita di una fine regolazione primaria e di una robusta rete rispetto alle variazioni di carico in assenza delle quali quell'energia prodotta è inservibile. Dall'altro lato, la tecnologia fotovoltaica basata sul silicio è essa stessa tecnologia energivora che pone limiti e vincoli alla sostenibilità. Lo sviluppo di tecnologie fotovoltaiche alternative – per es. film organici e concentratori - sebbene presentato sempre come promettente, tarda a concretizzarsi perché la ricerca langue. In ogni caso diecimila megawatt di punta di fotovoltaico equivalgono, in termini di producibilità a circa 3000 megawatt di carico di base continuativo e lo stesso fotovoltaico pone problemi ambientali sia per lo smaltimento dei pannelli a fine vita d’impianto, sia per gli eventuali sistemi di accumulo (specie batterie). Infine, fotovoltaico ed eolico consumano territorio e pongono problemi di paesaggio e non solo; particolarmente se orientati all'autoconsumo e al tempo stesso all'immissione in rete.
La crisi che viviamo è innanzitutto CRISI ENERGETICA. Ed è proprio questo il punto su cui riflettere, perché prima di imporre all'intera famiglia umana un cammino di decrescita di gravoso genere – pur se moralmente obbligato - occorrerebbe essere certi che non vi siano strade alternative. Senza alcuna acredine, come il PNEC possa farsi garante di questo non è per nulla chiaro.
Investigare strade alternative alla decrescita - magari lungo il cammino già intrapreso - è anch'esso obbligo morale per tutti.  Una tale investigazione, nel momento grave che l’umanità vive, presupporrebbe profusione di risorse per la ricerca energetica in modo del tutto straordinario, specie in considerazione delle crisi strutturali ricorrenti che producono disoccupazione intellettuale e giovanile; da cui è facile dedurre che i nostri potenziali ricercatori, laureati e disoccupati, oggi sono “a spasso”. Il PNEC dovrebbe tener conto  anche di questo.
Il MIT ha ripetutamente sottolineato che una transizione energetica senza il nucleare è impensabile e non sostenibile (vedasi ad esempio http://www.ansa.it/canale_scienza_tecnica/notizie/energia/2018/09/04/il-mit-rilancia-il-nucleare-indispensabile-per-abbattere-la-co2_145465b0-cb3e-4e77-b703-d3bd36be3ffe.html ). Ma, questa tecnologia è stata ritenuta dal Popolo Italiano improponibile ed impossibile in Italia, salvo importarla quando poi è necessaria (stesso dicasi per l'energia che con questa tecnologia si produce). L’UE, invece, nella sua Energy Road Map 2030-2050 auspica per tutti i paesi membri un discreto mix includente il nucleare (per una quota di 20-30%).
Si afferma nelle discussioni pubbliche che il PNEC sia fondato sulla concretezza e non vogliamo smentirlo, ma in nome di essa ci pare opportuno allargare lo sguardo su fatti che appaiono trascurati, primo tra tutti le opportunità che solo la ricerca scientifica e industriale può fornire all’Europa per superare le gravi crisi che si frappongono sul suo cammino, insieme ad una efficiente e oculata allocazione delle risorse limitate disponibili.
Per tutte le ragioni sopra elencate riproponiamo qui di seguito alcuni argomenti che sorgono spontaneamente e si impongono allo spirito critico di chi guarda disincantato ai problemi della società di oggi:
 a) Alcune istituzioni religiose, governi e popolazioni del nostro tempo sembrano continuare ad invocare l'urgenza di una transizione energetica, una moderazione e sobrietà delle abitudini consumistiche per l'intera comunità umana, la necessità di salvaguardare l’ambiente e le generazioni future, senza poter esigere allo stesso tempo un diverso e più serio impegno di tutte le Nazioni e Istituzioni a livello globale su temi dibattuti e irrisolti all'interno dello stesso mondo della ricerca scientifica. Basta guardare ad argomenti che non hanno ancora trovato risposte scientifiche adeguate e soddisfacenti: per es. le stesse controversie sul cambiamento climatico, lo sfruttamento geotermico (e.g. attraverso le “rocce calde secche”) e quello di correnti marine profonde, la possibilità di incapsulamento della CO2, la possibilità di sfruttamento della fusione calda e fredda, etc. Per non parlare di emissione neutronica che si misura in prossimità di materiali sottoposti a iper-compressione attribuita a “fantasiose” dislocazioni spazio-temporali, oppure di sfere luminose (forse plasmi) vaganti registrate e misurate in occasione di eventi sismici e forti temporali.
b) Se il momento che viviamo è veramente drammatico, e noi crediamo che lo sia, è moralmente ed economicamente conveniente destinare un ingente ed effettivo impegno economico a guerre e conflitti, impegno sottratto alla potenziale ricerca e allo sviluppo? Obiettivamente, si può continuare a “investire” in “sicurezza militare” o accumulare armamenti e strumenti di guerra e al tempo stesso pianificare e predicare la “decrescita felice”?
c) Una reale ricerca su armi non convenzionali (per es. tecnologie avanzate in grado di concentrare quantità impensabili di energia pulsante in microsecondi su faglie nella crosta terrestre e favorire eventi sismici in luoghi geografici predeterminati) se esiste veramente, da dove si alimenta? Quante risorse e quanto capitale umano ed economico-finanziario impegnano?
d) Quale è il contributo reale che il progetto ITER cui l’Italia partecipa (in costruzione a Cadarache - Francia) può dare dopo 50 anni di ricerca di base e tecnologica sulla fusione calda, dato che la densità dei plasmi sulla Terra  è comunque soggetta a limiti naturali per ragioni gravitazionali?
e) Quale è il contributo efficace che può dare una ricerca seria - sempre evitata e fuorviata - sulla fusione fredda, che secondo alcuni fisici è un effetto concreto, misurabile e ripetibile in assetti ancora indeterminati, non ancora realmente compresi e sfruttati per la produzione di energia?
Il mondo di oggi è oppresso da domande difficili e problemi demografici insolubili, da crisi e disuguaglianze, da conflitti e manipolazioni, dalla paura per il presente che stiamo vivendo e per il futuro che lasceremo ai nostri figli. Nessuno può permettersi di trascurare anche la più piccola possibilità di riaprire attraverso la ricerca (ad esempio grazie alla geotermia, al nucleare in caverna, alla fusione fredda, etc.) le PORTE DELLA SPERANZA per un futuro di PACE, SOSTENIBILITÀ e EQUITÀ per ogni essere umano, indipendentemente dall'etnia, dal paese di origine e dallo stato sociale.
D'altra parte, sono in gioco la presenza umana e la civiltà sulla Terra, così come la sopravvivenza dell'intero ambiente planetario che avremmo dovuto preservare e curare.
Il PNEC in nome della concretezza a cui intende ispirarsi può ignorare il contesto oggettivo e le domande più generali del tipo qui sopra poste?
Sta di fatto che non pochi scienziati sostengono che la FUSIONE FREDDA (processo che produce più energia di quanta ne consuma) è un fenomeno fisico vero e misurabile e non sono state fatte sufficienti ricerche per vedere quanto sia realmente sfruttabile per dare ENERGIA PRATICAMENTE GRATIS A TUTTI. Sarà mai possibile verificare questa eccezionale possibilità? Il PNEC dovrebbe prendere in seria considerazione tutto questo?  O forse abbiamo smesso di credere che il cammino della civiltà umana possa ancora proseguire come è sempre successo nella Storia e ci rimane solo la decrescita, il ritorno alla sobrietà e alla terra?
Particolarmente attraverso ciò che succede giornalmente nel Mediterraneo la demografia planetaria ci ricorda che ogni anno a 3 miliardi di poveri a livello di sussistenza (con qualche dollaro al giorno!) si aggiungono 80 milioni di ulteriori poveri, di cui le migrazioni ne possono assorbire 15-20 milioni. La metà di essi non ha garanzia di accesso all'acqua e all'energia. I poveri non hanno PNEC; sarebbe solo un piccolo esercizio burocratico nell'aspettativa di “cavarsela” meglio degli altri! Ma, alla lunga, se le condizioni di miriadi impoverite non saranno sostenibili, quelle stesse miriadi cercheranno la sostenibilità altrove e “andranno a prendersela con forza, reclamando la loro parte, perché anch'essi figli di Madre Terra”.

domenica 9 dicembre 2018

QUO VADIS POPULUS?


Il Magistero Petrino ai nostri giorni rammenta al mondo – non solo cattolico - che “I soldi non possono servire a fare altri soldi”, sottintendendo che non è la finanza che può creare ricchezza collettiva, ma l’intrapresa, il lavoro. Niente di diverso, in fondo, da ciò che l’etica calvinista ci andava ripetendo dai suoi primi albori e che Max Weber aveva magistralmente analizzato nel suo saggio su “L’Etica Protestante e Lo Spirito del Capitalismo”. Ma, lo storico spirito calvinista degli albori (quasi monacale) – che ha fatto grande l’America e con essa la civiltà occidentale - è ancora vivo, attivo e presente nel mondo di oggi? Oppure vi è stata una lenta e progressiva deriva da quei valori primordiali, che non sono mai stati assenti dall'insegnamento cristiano in generale?  
Spesso dimentichiamo i grandi contributi “premonitori” che la cultura nordamericana ha dato all'odierna civiltà occidentale, anche fornendo strumenti di analisi e di indagine della realtà sociale che stiamo vivendo nei nostri anni.
Tra i tanti esempi disponibili, anche noti al grande pubblico, nel suo capolavoro “Hidden Persuaders”, Vance Packard ci aveva fatto intravedere, tra gli anni ’50 e i ‘60, le tecniche psicosociali di marketing e persuasive di cui si sarebbe poi avvalso non soltanto il mondo commerciale, ma la “società dell’immagine” che allora si profilava all'orizzonte nel suo complesso. Avvalimento mirante non certo all'edificazione delle masse, bensì al loro profilo di “meri consumatori”.
Non di meno Marshall Mc Luan prevedendo gli sviluppi della tecnologia elettronica aveva previsto “Il villaggio globale” (vedasi ad esempio “Le Vie della Comunicazione”), ossia l’insieme delle peculiarità di comunicazione in tempo reale che caratterizza il mondo odierno e al tempo stesso quell’unità socio-virtuale ancora in itinere che ha innescato “la globalizzazione”. Insomma, un mondo in cui “il medium è il messaggio” si evidenziava ai tempi di Mc Luan per la radio e la televisione e ciò vale ancora oggi per il web, l’I.T., la telefonia multimediale e mobile. Quindi, eravamo stati resi edotti, preavvertiti, e oggi “il telefonino” è il “messaggio” per il mondo in cui viviamo. Nulla possiamo più fare senza il suo ricorso e soccorso: in banca, per gli acquisti, per orientarci e tornare a casa quando ci siamo smarriti, per far sentire la nostra vicinanza ad un amico o parente lontano, o persino a coloro colpiti da un lutto. Per contro, checché se ne dica, dobbiamo rinunciare alla nostra privacy: siamo costantemente geo-localizzati, ci “mettiamo in piazza” attraverso i social media, lasciamo costantemente traccia dei nostri gusti, delle nostre preferenze, dei nostri comportamenti, delle nostre amicizie, dei nostri valori, che possono essere “ricordati” da un mondo che dispone di “memoria” illimitata grazie alla tecnologia al silicio. E’ il mondo dei “Big Data” e della loro analisi. Per aggiunta si incomincia a parlare di una sindrome di rete e di "sleep texting" (invio di messaggi sconclusionati nel dormiveglia di cui al risveglio non si ricorda più nulla).  Si comprende in questo modo il potere dell’informazione e soprattutto della sua gestione che va profilandosi in modo molto problematico nel tempo in cui viviamo.
Sarà forse mai per tutto questo che quel Magistero sopra nominato ricorda ai suoi consacrati : “Non accada di guardare lo schermo del cellulare più degli occhi del fratello, o di fissarci sui nostri programmi più che nel Signore”?
Non lo sappiamo, possiamo solo arguire, ma sappiamo di certo che psicologi e sociologi sembrano concordare sul fatto che incontrarsi e spendere collettivamente nelle “grandi cattedrali”  del commercio mondiale: i grandi magazzini,  promuove – detto in chiave freudiana - l’Eros e rimuove il Thanatos, trovando così gratificazione e limite la nostra vita umana di tutti i giorni. Per esempio,
dinanzi ai superalcolici d'importazione schierati in raffinate confezioni nei grandi supermercati, fatti oggetto di dono in stagioni festive, i nostri tradizionali rosolio, marsala, malvasia, come pure vin santo e tozzetti, evocano ricordi nella mente dei vecchi che non vogliono rassegnarsi al mutamento dei tempi. Così, dinanzi alle dimenticate tradizioni il loro ricordo evoca formali riunioni casalinghe di anziane pettegole, oppure soddisfazione serale di un capofamiglia “con i baffi”, come pure conviviali momenti di incontro o folklore riesumato (per motivi commerciali) in ristoranti o trattorie locali.
Allo stesso modo l’evidente attecchimento tra la gente del “Montecarlo dei Poveri” sconforta; si tratta di quei giochi d’azzardo d’importazione che nulla hanno a che fare con le nostre tradizioni: corse, bingo, “Gratta e Vinci” et similia , cui molti pensionati, casalinghe e spesso “inoccupati” o gente non certo con una vita spensierata, volgono oggi i loro reiterati tentativi (e le loro già magre finanze) per migliorare attraverso la fortuna esistenze, perlopiù, tutt'altro che invidiabili. La tradizionale “passatella” con le carte da gioco - rito celebrato particolarmente dagli anziani, nelle osterie o nei bar sulle piazze principali o nei cantucci dei nostri paesini dinanzi ad un vassoio pieno di bicchieri di buon vino, o di birra con la gazzosa, per stabilire chi fosse “padrone” e chi “sotto” con diritto di bere e far bere anche gli amici o talvolta “nemici” partecipanti al gioco – sembra ormai solo un ricordo da canuti, tristemente e inesorabilmente rimpiazzato dalla visione di un “gioco solitario” che va celebrandosi nei bar, tabaccai, sale da gioco, grandi magazzini, da parte di gente, che a detta dei media, soffre spesso di assuefazione e difficoltà d’astinenza da questi nuovi “trastulli” portati dalla tecnologia informatica, dall’ “omogeneizzazione” in atto, in definitiva dalla ludica “civiltà contemporanea”.
E qui vengono in mente esortazioni apparentemente diverse e opposte che quel Magistero pur diffonde, ma che meritano attenzione. Da un lato si  dice: “non c’è avvenire senza…incontro tra anziani e giovani; non c’è crescita senza radici e non c’è fioritura senza germogli nuovi”; con gli anziani i giovani trovano «le radici del popolo» e «le radici della fede»; d'altro canto si raccomanda di evitare “il «misticismo isolato» e il «sentimentalismo devoto»; la «paralisi della normalità» e «la sterile retorica dei “bei tempi passati”», di non «farsi risucchiare in una vita asfittica, dove le lamentele, l’amarezza e le inevitabili delusioni hanno la meglio», perché è la nostalgia che uccide l’anima.
Resta in ogni caso in questo nostro tempo una sproporzionata frenesia del vivere che «induce a chiudere tante porte all'incontro», spesso per paura, mentre rimangono «sempre aperte le porte dei centri commerciali e le connessioni di rete».
E' ormai una domanda esistenziale: dove stiamo andando?