mercoledì 21 settembre 2016

Pistis Sophia : una "scoperta"

La seguente presentazione dell’Edizione nella Biblioteca Adelphi si trova in rete  ed è reperibile al link

http://www.adelphi.it/libro/9788845914997

Pur non appartenendo alla cosiddetta Biblioteca di Nag Hammadi, vastissimo e celeberrimo corpus di manoscritti trovati nel 1945, Pistis Sophia è uno dei testi fondamentali del pensiero gnostico. Anch’essa di area egizia, scritta nel II secolo, l’opera dispiega infatti un sistema cosmogonico e cosmologico che ha pochi eguali per forza visionaria e complessità teologica. All’apice di questo universo vi è un Dio «ineffabile, infinito, inaccessibile» dal quale emana ogni cosa. Sotto di lui si aprono le tre regioni intermedie: quella del «tesoro della luce», celato dietro tre porte vegliate da nove custodi; quella «di destra», con sei grandi principi incaricati di estrarre la luce dagli eoni delle regioni sottostanti e ricondurla al «tesoro»; e quella «di mezzo», dove la vergine luce giudica le anime degne di risalita e quelle condannate all’eterno tormento. Ancora più in basso, ecco appunto «il mondo degli eoni», il nostro mondo dove si consuma il drammatico scontro tra la materia e la luce, a sua volta comprendente la regione «di sinistra» (con gli arconti), quella «degli uomini» e il caos.
Episodio centrale e precipitato simbolico di questa dimensione tragica dell’Essere è proprio il destino di Pistis Sophia. Collocata nel penultimo gradino del sistema – nel dodicesimo eone –, Sophia è desiderosa di tornare nella luce del Padre. Ma nella sua ingenuità commette l’errore di confondere tale luce suprema con quella dell’arconte più malvagio, l’Arrogante, e così viene da questi trascinata nel tredicesimo e ultimo eone, il punto infimo dell’universo. Per riscattarsi dovrà seguire, come tutti gli uomini, il Cristo, che solo può risvegliare chi è caduto sotto il potere degli arconti, decisi a far dimenticare a ogni creatura la sua origine divina.

COMMENTO

Avvicinandosi ai testi gnostici con sincero spirito di ricerca, occorrerebbe veramente invocare la “comprensione” della Verità  e, in caso di errore, la “correzione” di Colui che “Unico” può concederlo.
Lo scritto può apparire profondamente cristiano, al punto di non comprendere se mai  esso possa essere considerato “eretico”, come è avvenuto per la Gnosi nel corso dei secoli a partire dall’avvento del Cristianesimo, che “spacco” letteralmente il mondo ebraico già naturalmente diviso.
Si ritrovano nel testo i concetti:
  • -           dell’universalità della Salvezza specie nelle parole del Cristo alle incomprensioni di Andrea (vedasi “Perdono e perdonerò”).
  • -          dell’Unità e l’Unicità dell’Ineffabile - nonostante le copiose  membra – e quindi l’Unicità del Corpo Divino.
  • -          dell’Onore a ciascuno secondo l’onore assegnato nell’ambito di un unico corpo con più membra.

La caduta di Sophia, però, appare determinata dall’aspirazione a raggiungere una luce più alta della posizione in cui era stata collocata; in definitiva un’aspirazione che può essere considerata come “mossa dalla superbia”; sentimento che è contrario ai sentimenti di umiltà con cui andava accettata la posizione ad essa assegnata dall’Alto.
Il tentativo di raggiungere quella “Luce” l’ha, invece, portata più in basso, dove è caduta nella trappola degli Arconti e delle loro angherie.
La liberazione avviene, dopo un lungo e sentito pentimento e molte peripezie, ad opera del Primo Mistero, che interviene a portare la Giustizia, intesa come “Ripristino dell’Ordine Iniziale”; ripristino dell'ordine che comunque non avviene immediatamente, ma solo dopo diverse fasi intermedie, in ogni caso condite da contrizione e sincero rammarico, da parte di Sophia, accompagnato a lodi per la Misericordia mostrata nei suoi confronti.

Il tutto si realizza in un contesto di di fortificazione della Fede e nel riconoscimento dei meriti della Divina Misericordia.

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