venerdì 5 dicembre 2025

La fuga dei giovani laureati dall'Italia vista attraverso il WEB e i sistemi di AI: ....WHAT IF....?

 Un post su "X" reperibile al link https://x.com/Gitro77/status/1996852800911745397?s=20 mette in evidenza quanto segue:

630mila giovani sono stati costretti a espatriare tra il 2011 e il 2024 in cerca di un lavoro stabile e salari dignitosi. La metà circa erano laureati (42,1%). Si tratta di una "fuga di capitali" (solo considerando quanto famiglie e Stato hanno speso per formarli) di 159,5 miliardi di euro (il 7,5% del PIL). Tenendo conto che solo 1 italiano su 3 circa si registra all'AIRE, questi numeri andrebbero moltiplicati per 3. Si lamentano della denatalità e ci dicono che serve importare lavoratori (mano d'opera a basso costo), ma la verità e che stanno cacciando dall'Italia il nostro futuro. Un suicido sociale prima che economico che spiega in buona parte il declino del Paese.

Una verifica di veridicità eseguita, da Grok su piattaforma "X", evedenzia quanto segue:

Il post cita un rapporto del CNEL del dicembre 2025 che documenta 630.000 italiani di età compresa tra 18 e 34 anni emigrati tra il 2011 e il 2024, pari al 7% di tale fascia demografica, di cui il 42,1% laureato e con una perdita economica stimata di 159,5 miliardi di euro per investimenti mancati nell'istruzione, pari al 7,5% del PIL italiano.

Il post sostiene che questa "fuga di capitali" sia sottovalutata di un fattore tre a causa dei bassi tassi di iscrizione all'AIRE, inquadrando l'emigrazione come un "suicidio sociale" motivato dalle politiche che aggrava il declino dell'Italia, tra lamentele sui bassi tassi di natalità e richieste di manodopera immigrata a basso salario.

Le risposte degli utenti (di "X") rafforzano la critica, attribuendo l'esodo a sistemi inaffidabili, migliori opportunità all'estero e fallimenti politici come quelli dei governi di centro-sinistra, mentre una risposta satirica sottolinea l'ironia dell'esportazione di giovani istruiti per arricchire altre nazioni.

Alla richiesta di cosa si potrebbe fare per arginare la fuga di giovani laureati dall'Italia ecco la (difficile) ricetta suggerita da questo sistema di AI (Grok):

Per arginare la fuga di giovani laureati, adottare un approccio multifattoriale basato su incentivi economici, riforme strutturali e investimenti a lungo termine, ispirato a modelli di successo come quelli di Paesi nordici o Singapore. Ecco i passi principali che da implementare per chi  fosse in posizione decisionale:
  1. Riforme del mercato del lavoro e salariali: Aumentare i salari minimi per ruoli qualificati, specialmente nei settori STEM, innovazione e ricerca, per renderli competitivi con l'estero (ad esempio, puntando a un +20-30% nei primi 5 anni attraverso sgravi fiscali per le imprese che assumono under-35). Ridurre la precarietà con contratti stabili incentivati e un "bonus rientro" fiscale per chi torna dall'estero, come un'esenzione IRPEF del 50% per i primi 3 anni.
  2. Investimenti in istruzione e R&D: Triplicare i fondi pubblici per università e centri di ricerca (mirando al 3% del PIL in R&D entro 2030), creando partnership pubblico-private con aziende tech globali per hub innovativi in città come Milano o Roma. Offrire borse di studio legate a obblighi di permanenza post-laurea, simili al modello svizzero.
  3. Riduzione della burocrazia e miglioramento della qualità della vita: Semplificare le procedure per startup e imprese (un "one-stop shop" digitale per permessi e finanziamenti), e investire in housing accessibile per giovani (es. affitti calmierati e mutui agevolati). Potenziare servizi pubblici come trasporti, sanità e asili per contrastare il basso tasso di natalità, rendendo l'Italia più attraente per famiglie.
  4. Politiche di attrazione e ritenzione: Lanciare campagne internazionali per attirare talenti stranieri (visti facilitati per skilled workers), ma con focus su integrazione e scambio, per creare un ecosistema dinamico che trattenga anche gli italiani. Monitorare l'impatto con un osservatorio nazionale annuale, aggiustando le politiche basate su dati.
Queste misure richiedono un commitment politico trasversale e potrebbero costare inizialmente, ma genererebbero ritorni economici superiori alla perdita attuale, trasformando la "fuga" in un circolo virtuoso.


Quali ostacoli concreti (economici, finanziari, politici, sociali, sindacali, etc.) incontrerebbe l'Italia per attuare le politiche  suggerite?

Ecco un’analisi realistica e dettagliata degli ostacoli concreti che renderebbero molto difficile (non impossibile, ma estremamente complicata) l’attuazione delle politiche proposte, suddivisi per categoria.

Categoria

Ostacolo concreto

Impatto reale (2025-2026)

Finanziario / Debito pubblico

L’Italia ha un debito/PIL al 140-145% e deficit 2025 previsto al 3,5-4%. Qualsiasi aumento strutturale di spesa (triplicare R&D, sgravi fiscali under-35, bonus rientro, housing pubblico) farebbe scattare immediatamente: - Procedura di infrazione UE - Aumento dello spread BTP-Bund (già successo nel 2022-2023) - Declassamento rating da parte delle agenzie

Altissimo. Senza copertura credibile, i mercati finanziari bloccherebbero tutto in poche settimane.

Vincoli europei (Patto di Stabilità riformato 2024)

Dal 2025 l’Italia deve ridurre il deficit strutturale di almeno 0,5% del PIL l’anno e il debito di 1% l’anno (regola dell’1/20). Ogni euro di sgravio o spesa nuova richiede un corrispondente taglio altrove o aumento tasse.

Quasi insormontabile senza riforme di spesa molto dolorose (pensioni, sanità, enti locali).

Resistenza sindacale

CGIL-CISL-UIL si opporrebbero ferocemente a: - Contratti più flessibili per i giovani (anche se incentivati) - Riduzione protezioni articolo 18 per nuovi assunti - Aumento età pensionabile per finanziare sgravi under-35

Scioperi generali, blocco delle riforme del lavoro (vedi Jobs Act 2015, che era molto più blando).

Lobby delle categorie protette

Pensionati (oltre 16 milioni), dipendenti pubblici (3,5 milioni), ordini professionali, piccole imprese artigiane: ogni euro dato ai giovani laureati verrebbe percepito come tolto a loro.

Blocco parlamentare: la maggioranza dei seggi è eletta in circoscrizioni con elettorato anziano/mediano.

Frammentazione politica

Nessun governo dal 2011 a oggi è durato più di 2-3 anni. Qualsiasi piano decennale (triplicare R&D, bonus rientro, housing) verrebbe smantellato al cambio di maggioranza.

Impossibile avere continuità (esempio: Reddito di Cittadinanza 2019 → smantellato 2023-2025).

Burocrazia e capacità amministrativa

- 8.000 comuni, 20 regioni, 107 province → qualsiasi misura nazionale (one-stop shop, mutui agevolati) richiede accordi con migliaia di enti. - Assorbimento fondi PNRR già al 30-40% sotto target per incapacità amministrativa.

La misura arriva sul territorio con 3-5 anni di ritardo o viene distorta.

Resistenza delle imprese (soprattutto PMI)

Confindustria e Confapi si oppongono a: - Aumento salari minimi qualificati (costo del lavoro già alto) - Obbligo di contratti stabili per under-35 Preferiscono delocalizzare o assumere immigrati low-cost.

Blocco delle assunzioni qualificate; aumento lavoro nero/grigio.

Cultura e “invidia sociale”

Forte resistenza all’idea di “privilegiare” i laureati (“perché dare sgravi solo a loro e non ai diplomati/periti?”). Si è visto con il “Bonus 110%” (favoriva chi aveva casa) o con i dottorati di ricerca.

Difficile consenso popolare; i media populisti alimenterebbero la narrazione “i raccomandati laureati”.

Costi immediati vs benefici di lungo periodo

- Triplicare R&D al 3% PIL = +35-40 miliardi/anno - Sgravi under-35 + bonus rientro = altri 15-20 miliardi/anno I benefici (maggiore crescita) arrivano dopo 8-15 anni; nessun politico è disposto a pagare il costo politico immediato.

Il governo che inizia viene punito elettoralmente; il successivo smantella tutto.

Concorrenza interna tra territori

Nord (Lombardia, Emilia) già attrae laureati italiani; Sud chiede risorse per “livellare” e non per meritocrazia. Qualsiasi politica nazionale “pro-giovani qualificati” concentrata su poli di eccellenza verrebbe accusata di “abbandonare il Sud”.

Rinegoziazione infinita delle risorse, diluizione delle misure.

Sintesi brutale (ma realistica):

Nel contesto italiano 2025-2030, una strategia seria e aggressiva per fermare la fuga dei cervelli è politicamente quasi impossibile senza una combinazione rarissima di:

  • Supermaggioranza stabile per 10 anni (improbabile)
  • Deroga temporanea ai vincoli UE (improbabile dopo l’era Draghi)
  • Tagli drastici a spesa previdenziale/sanitaria (elettoralmente suicida)

 

L’unico scenario in cui qualcosa di simile è successo in Europa recente è stato l’Irlanda 1995-2005 (Celtic Tiger): ma lì il debito era al 25% del PIL, c’era un governo stabile per 15 anni e l’UE regalava fondi strutturali. L’Italia non ha nessuna di queste condizioni.Quindi la versione realistica 2025-2030 è: qualche misura simbolica (tax credit R&D potenziato, “rientro dei cervelli” già esistente ma con pochissimi beneficiari, qualche hub tecnologico finanziato col PNRR) e il trend emigratorio che continua (probabilmente 50-70 mila giovani l’anno ancora per un decennio).

L'analisi potrebbe andare avanti,  ma solo per concludere che:

Pur volendo davvero, con gli strumenti e la politica attuali, si può fare poco o niente di decisivo.


Il treno grosso è già partito, e l’Italia lo sta guardando andare via dalla banchina da 15 anni.

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