mercoledì 6 gennaio 2016

QUALCHE BREVE RIFLESSIONE SUL SETTORE DELL’ENERGIA ELETTRICA IN ITALIA

Il personale dell'Enel è passato da 120 mila unità prima della liberalizzazione a 30 mila unità oggi, trasformando la seconda utility elettrica mondiale in una impresa elettrica di retroguardia, in controtendenza con i processi industriali di integrazione che prendono piede o permangono altrove. Un potenziale dividendo rilevante per le casse dello stato è oggi frazionato in mille rivoli privati. L'attesa caduta dei prezzi dell'energia elettrica per effetto della liberalizzazione non è mai avvenuta e si prospetta una crescita di oneri di sistema che farà piuttosto innalzare i prezzi.

L'impegno profuso sul settore delle rinnovabili (ben oltre 11 miliardi) è ricaduto esclusivamente all'estero senza possibilità d'utilizzo per una crescita economica ed industriale del paese attraverso una ricaduta locale.

Nell’ultimo ventennio, le regole di dispacciamento che per motivi ambientali hanno dato priorità alle fonti rinnovabili; insieme agli incentivi pubblici per la loro costruzione – che si aggirano nell’intorno del 75% del costo totale di realizzazione -  hanno fatto degli impianti fotovoltaici e di quelli eolici una nuova fonte di business per l’impiego del capitale. Infatti, essi sono capaci di generare, oggi, rendimenti valutati dal 6 al 9%, mentre i tassi normali d’interesse che remunerano il capitale sfiorano lo zero o valori negativi nel breve periodo. Ciò accade, peraltro, proprio mentre la sovra-capacità (56 mila megawatt alla punta contro oltre 120 mila disponibili) venutasi a creare nel sistema elettrico nazionale pone ( l’Enel principalmente) in condizione di dover dismettere almeno 23 impianti di tipo convenzionale che sfruttano combustibili fossili. Nella chiusura di tali impianti, non sono solo a rischio i lavoratori in essi impegnati, ma soprattutto i territori che quegli impianti hanno accolto ed intorno ad essi hanno creato un “indotto”. Peraltro, aldilà dei problemi sociali che già s’intravedono in prospettiva, le necessità di dismissione degli impianti convenzionali faranno aumentare gli oneri di sistema che verranno messi a carico degli utenti del sistema elettrico nazionale.

E’ noto che i principi liberisti non ammettono l’intervento dello stato nell’economia, ma è altrettanto noto che un mercato elettrico siffatto non è sorto “naturalmente”;  bensì,  è stato realizzato nel tempo a colpi di decreti e leggi da parte dell’autorità statale.

Nella consapevolezza che gli impianti a fonti rinnovabili sono di certo “asset” che alleggeriscono le problematiche ambientali in cui si dibatte la società moderna, diminuiscono la dipendenza e la bolletta energetica verso l’estero,  nonché nella convinzione che le opportunità agli impieghi produttivi del capitale devono essere incoraggiati piuttosto che demotivati, corre comunque l’obbligo di domandarsi :

1.       se quello realizzato in Italia in nome di quei principi liberisti si può definire “libero mercato” .

2.       se esso – visti i risultati - è ascrivibile tra le iniziative intraprese per il bene comune del paese.

3.       se gli incentivi erogati per la realizzazione di tali impianti a fonte rinnovabile non debbano far sorgere una sorta di diritto di primazia del settore pubblico nel rilavare detti impianti (per esempio da parte di Enel, le cui azioni sono ancora detenute dal Ministero dell’Economia e Finanza) nel caso in cui essi passino, come stanno passando, dalle mani degli originari proprietari incentivati (del tutto dimentichi degli incentivi ricevuti) a quelle di generici acquirenti in cerca di opportunità di business per i loro capitali.

4.       se tali fatti, provando ancora una volta la grande rilevanza e responsabilità sociale dell’intrapresa non debbano generare correttivi a difesa del bene comune del paese.

5.       se in tutto ciò non vi sia una responsabilità della politica in questo passato ventennio ed insieme ad essa del management insediato di volta in volta in aziende ed organismi pubblici che hanno condotto a tali risultati.

6.       se la magistratura e le autorità di vigilanza, nella fattispecie, di fronte ad ipotesi di danno erariale/o a danno della collettività non abbia il diritto di intervenire e non abbia omesso il dovere di farlo.

7.       quali possano essere le argomentazioni  veritiere con cui ribattere  posizioni “populiste”  di coloro che vedono in tutto ciò “la consueta manovra di privatizzazione dei profitti e socializzazione delle perdite da parte di lobby insaziabili”.

Solo recentemente, sotto spinta sindacale, l'Enel si è impegnata ad "accompagnare" al pensionamento 6000 addetti e ad assumerne 3000 entro il 2020, ma ad ascoltare i "vecchi" beneficiari degli sconti sull'energia elettrica (ex dipendenti e in gran parte pensionati) questo risultato è avvenuto a loro spese, perchè ben che vada si ritroveranno una "una-tantum" invece che i vecchi sconti sull'energia, che in tempi di crisi sono certamente un aiuto per i meno abbienti.

Per di più, a breve, visto che il mercato libero non ha prodotto quella discesa di prezzo che tutti si aspettavano dalla liberalizzazione (unica ragione per abolire il mercato vincolato riservato alla "fascia sociale") il Paese si potrebbe  ritrovare per legge, o addirittura per decreto, senza l'Acquirente Unico che ha finora garantito alla "fascia sociale" prezzi mediamente più bassi del 15%  per alcuni anni rispetto al mercato libero.

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